mercoledì 28 agosto 2013

BEAUTIFUL LOSERS: Elliott Murphy, John Murry, Lloyd Cole, Seasick Steve, John Vanderslice

  • ELLIOTT MURPHY (2013) It Takes A Worried Man
  • Dopo 40 anni e circa 30 albums all’attivo l’ex “angelo biondo di Long Island” sforna uno dei dischi migliori della sua lunga carriera sporcando di blackness la consueta scrittura tra Dylan e Springsteen, ben supportato dalla consolidata Normandy All Stars Band (Murphy vive dal 1990 a Parigi) guidata dalle preziose chitarre, acustiche ed elettriche, di Olivier Durand, brillantemente affiancato all’elettrica ed alla produzione da Gaspard, figlio di Elliott. Una sorta di Street Legal o di We Shall Overcome personale, solo con maggiore verve rock. 8/10 . Da non perdere in concerto (gratuito) con la Band domenica 1 settembre ore 20.30 a Bergamo in Piazza Vittorio Veneto (Sentierone, Centro Città Bassa)

  • JOHN MURRY (2013) The Graceless Age
  • Ha tutto del beautiful loser John Murry: un passato di tossicodipendenza, origini dalla provincia americana (Tupelo), testi tra il dolente ed il disperato, una voce profonda e scura, triste e rassegnata come quelle di Johnny Cash e Mark Lanegan, e trame musicali guidate da pianoforte, chitarra acustica e slide, con squarci di elettrica drammatica, alla Neil Young. La sorpresa è la qualità delle caratteristiche sopraelencate, quasi al livello dei riferimenti citati. Da seguire con attenzione. 7.8/10

  • LLOYD COLE (2013) Standards
  • Da circa 20 anni il talentuoso cantautore inglese si è trasferito nel Massachussetts e gravita musicalmente nell’area di New York: una ventina dall’esordio (col quasi-capolavoro Rattlesnakes) i lavori a suo nome, e mai un album meno che buono. In quest’ultimo emerge l’amore per la grande mela, Lou Reed e Television in primis, e così il suo rock gentile ed il jangle-pop filtrati dalla sua voce da blue-eyed soul illuminano un disco urbano ma morbido e colorato, di gran classe. 7.7/10

  • SEASICK STEVE (2013) Hubcap Music
  • Dopo una vita intera da hobo avendo prestato la sua voce roca e gli inusuali strumenti a corda costruiti in casa a molti, tra i quali John Lee Hooker, dal 2006 (all’età di 66 anni!) Steve “Seasick” Wold ci delizia anche con materiale proprio, ovviamente un blend di country-blues, folk e rock-blues sporco, intenso, genuino ma anche piacevolmente radiofonico. In questa sesta prova aiutato tra gli altri da Jack White e John Paul Jones, le cui rispettive bands condividono il medesimo seme ispiratore di Steve, il blues rurale. 7.6/10

  • JOHN VANDERSLICE (2013) Dagger Beach
  • Decimo album per l’originale cantautore della Florida, da sempre incatalogabile con le sue composizioni elettroacustiche dalla struttura non convenzionale, gli arrangiamenti ricchi ma sghembi, le canzoni non dirette ma mai prive di momenti orecchiabili, volutamente non insistiti e pertanto poco radiofoniche. Viene da pensare ad un approccio cantautorale accostabile, per le bands, ai Pavement. Buono, ma Cellar Door e Pixel Revolt (2004-2005) restano migliori. 7.2/10

sabato 24 agosto 2013

PRIMAL SCREAM (2013) More Light

Non ho mai amato incondizionatamente i Primal Scream, ma solo a sprazzi, ed a mosaico anche nei singoli albums. E tra questi ultimi non sono certo tra i fans di Screamadelica, il loro capolavoro riconosciuto, pietra miliare della Techno-Dub-Acid House (che non è il mio genere). Perciò mi sono accostato a More Light con circospezione e sospetto, più spinto dall’unanime plauso della critica musicale che da reale interesse. E così, non immediatamente ma dopo qualche ascolto, ho cominciato ad apprezzare la notevole forza di questo lavoro, un frullato acido di idee degli ultimi 50 anni di rock ben amalgamate e modernizzate. Bobby Gillespie, ex batterista dei primi Jesus and Mary Chain e leader incontrastato del gruppo scozzese, riesce a fondere il Bowie di Heroes (il primo singolo 2013, Hit Void) con il rock alla Rolling Stones (It’s Alright, It’s OK), il blues alla Beck (Elimination Blues), la psichedelia sixties pura (Walking With The Beast) o filtrata con l’elettronica (Tenement Kid), il rap-metal con il glam alla Roxy Music (Culturicide), la club-house con il R&B (Invisible City), il pop fifties con il dub (Goodbye Johnny), perfino qua e là un flauto alla Ian Anderson, con risultati assolutamente brillanti. Screamadelica a parte (e con i distinguo del caso, trattandosi di un lavoro completamente diverso), l’attuale è il loro miglior album di sempre.

Preferite: It’s Alright, It’s OK, 2013, River of Pain

Voto Microby: 8.7/10


venerdì 16 agosto 2013

MINIRECENSIONI: Mavis Staples, Treetop Flyers, Billy Bragg, Ron Sexsmith, Ed Harcourt

  • MAVIS STAPLES (2013) One True Vine
  • La più dotata delle sorelle Staples, figlia di Pops, continua a stupire sempre grazie alla collaborazione, già riuscitissima 3 anni fa, con il leader dei Wilco Jeff Tweedy. Perché la voce bassa ed il semi-talkin’ di Mavis si sposano perfettamente con la blackness spogliata, scarna, resa essenziale dalla produzione di Tweedy, che trasforma il soul-gospel di 7 covers e 3 brani composti da lui stesso in una sorta di “americana”, genere tipicamente bianco, in versione black: la gioia esplosiva e la disperazione fatalista della negritudine sono trattenute, scarnificate, ed il risultato è qualcosa di nuovo, e di valore, alla tenera età di 74 anni. 8/10

  • TREETOP FLYERS (2013) The Mountain Moves
  • Difficile credere che il quintetto guidato dalla voce singolare, quasi femminea di Reid Morrison non abbia radici in California ma addirittura provenga da Londra, talmente suona americana. Un esordio con qualche ingenuità ma anche tanta freschezza, come se gli America incontrassero i Black Crowes con spruzzate di Alabama Shakes e Fleet Foxes. Assolutamente da tenere d’occhio. 8/10


  • BILLY BRAGG (2013) Tooth & Nail
  • Abbandonata la rabbia folk-punk degli esordi (chi la vuole ritrovare ascolti oggi Frank Turner), il Woody Guthrie inglese è oggi un uomo pacificato che in musica affronta con qualità sia temi sociali che personali, con voce calda, chitarra acustica e ricami di slide e piano, più guardando l’America che la natìa Inghilterra. Produce Joe Henry. 7.4/10

  • RON SEXSMITH (2013) Forever Endeavour
  • Da circa 20 anni il cantautore canadese ci coccola con la sua voce intima e vellutata, tra il crooner ed il confessionale, con arrangiamenti acustici impreziositi da una sezione di archi aggraziati e da fiati morbidi. E’ tornato a produrre Mitchell Fromm, al fianco del nostro nei primi 3 albums, ma l’impressione è che Sexsmith abbia già dato il meglio di sé nei ’90. Da riporre al fianco di Josh Rouse, Josh Ritter, Elliott Smith, Alexi Murdoch. 7.2/10

  • ED HARCOURT (2013) Back Into The Woods
  • Attivo dal 2001, il cantautore del Sussex non sbaglia un colpo: più alternativo di Richard Hawley, più classico di Rufus Wainwright, meno sociale di Jackson Browne, meno istrionico del primo Elton John, ma a tutti costoro in parte debitore, anche in quest’ultimo, scarno album di belle canzoni, in cui si accompagna solo con piano e chitarra acustica. Peccato, perché solitamente eccelle anche negli arrangiamenti. 7.4/10

giovedì 1 agosto 2013

VALERIE JUNE (2013) Pushin' Against A Stone

Una trentenne di colore col fisico da modella e la capigliatura da Medusa che da Memphis, cuore della negritudine americana, interpreta la musica popolare bianca!
In un repertorio in cui predomina il folk scarno alla Jolie Holland/Alela Diane, è in realtà la varietà di generi che rappresenta insieme il pregio (una tavolozza di colori che le 2 sopracitate si sognano) ed il limite del lavoro (si va dal folk degli Appalachi a quello cantautorale, dal country nashvilliano al blues elettrico, da arrangiamenti nu-soul a quelli anni ’50, da riffoni R’n’B a sonorità orientali, in una frammentarietà che in parte nuoce all’album). Lega il tutto una voce acuta, acidula, che diremmo tipicamente africana se non sapessimo che viene dal Tennessee, e che può essere amata od odiata, ed il suono di chitarre subsahariane alla Tinariwen. Peccato non aver insistito sul genere che apre il disco con la meraviglia di Workin’ Woman Blues, il ponte perfetto tra il blues del Mali e la musica popolare bianca americana, fusione non completamente riuscita nemmeno a Ry Cooder/Ali Farka Toure. Una nuova stella è nata. Cercasi produttore che la sappia far risplendere come merita.

Preferite: Workin’ Woman Blues, Pushin’ Against A Stone, On My Way

Voto Microby: 7.7/10

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