domenica 28 settembre 2014

Recensioni al volo: John Mellencamp, Leonard Cohen, Joe Bonamassa

JOHN MELLENCAMP - Plain Spoken (2014)
A due mesi dall’uscita di “Trouble No More Live at Town Hall”, primo disco dal vivo mai pubblicato in carriera, JM ha digerito il divorzio e la successiva relazione con Meg Ryan (invidia, che brutta cosa) e ha messo insieme una decina di canzoni. Il suono è il suo rock classico, senza esagerati riferimenti alle tradizioni di blues o folk arcaici ma sicuramente vicino a dischi roots. Nel disco si alternano le sue ballate tradizionalmente lente e pigre accanto a ritmi più mossi con chitarrona e armonica a farla da padrone. Il coguaro è tornato. I brani migliori: Troubled Man, The Courtesy of Kings. Voto: ☆☆☆1/2

LEONARD COHEN - Popular problems (2014)
Curioso il fatto che a distanza di pochi giorni escano i dischi di papà Leonard e figlio Adam. Leonard ha compiuto da poco 80 anni e festeggia con noi con il solito pugno di canzoni/poesie in cui alterna ballate nostalgiche (“Almost like a Blues”) a temi rabbiosi con tragici riferimenti all’attualità (“A Street” sull’11 settembre, “Samson in New Orleans” sull’uragano Kathrina) fino a gospel sacri (“Born in Chains”) o marcette arabeggianti (“Nevermind”). Ennesimo disco creativo e innovativo, magari non propriamente gioioso, ma è così che sono i “problemi popolari”. Happy Birthday, mr. Cohen. Brano migliore: Almost Like The Blues. Voto: ☆☆☆1/2

JOE BONAMASSA - Different Shades of Blue (2014)
Ancora un disco!?! Ovvia reazione visto che negli ultimi due anni, dopo l’ultimo album in studio (“Driving towards daylight”) del 2012, sono usciti due lavori (uno in studio e l’altro dal vivo) con Beth Hart, il disco con i Black Heart Communion, le collaborazioni con i Rock Candy Funk Party, i concerti su DVD della serie Tour de force e il disco dal vivo con la Vienna Opera House. Praticamente un incubo per collezionisti ed estimatori. Quest’ultimo disco presenta la novità della presenza di fiati (retaggio della proficua collaborazione con Beth Hart) al fine di dare un ulteriore rinforzo alla sua impronta soul. Quello che non manca mai è il rock-blues suonato con la proverbiale classe e potenza.

Disco solido e convincente, che conferma JB come uno dei migliori chitarristi della musica rock attuale. Brani migliori: Love Ain't A Love Song, Different Shades Of Blue. Voto: ☆☆☆1/2

2 commenti:

microby ha detto...

LEONARD COHEN - Come per l’irlandese Van Morrison, i detrattori dell’enorme artista canadese sostengono che da 30 anni incide il medesimo disco. Cohen non ha mai amato i rullanti e le chitarre elettriche, preferendo la forza della parola, di testi intimi e sociali, universali e scomodi “con accompagnamento musicale” (Gentile-Tonti). Pertanto non ha mai realmente cantato, bensì declamato poesie (con bellissima voce cavernosa e sensuale da crooner) avvalendosi della propulsione mediatica prima del folk, poi del rock (sensu lato), ed invecchiando del soul. La struttura di Popular Problems ricalca quella di Ten New Songs (2001) ed Old Ideas (2012) (quest’ultimo richiamato anche nella brutta copertina). Alla tenera età di 80 anni, pacificato con sé stesso dopo la conversione dall’ebraismo al buddhismo, Cohen non spinge alla rivolta ma invita alla riflessione, accompagnandosi con suoni asciutti (essenzialmente piano acustico ed elettrico, fiati ed archi calibrati e cori soul essenziali) fin troppo controllati (se si vuol cercare un limite al lavoro). Non c’è rivoluzione, ma atarassia. E, come per Van Morrison, è vero: da 30 anni è lo stesso disco, ma per qualità.
Voto Microby: 7.8
Preferite: Slow, Almost Like The Blues, Samson In New Orleans

microby ha detto...

JOE BONAMASSA: Il chitarrista americano ha nel DNA le doti per essere ricordato tra i grandi del rock-blues di sempre, ma finchè sfornerà 3-4 dischi l’anno (più innumerevoli collaborazioni) non credo pubblicherà mai un capolavoro. E’ così anche per l’ultimo sforzo, che riassume le tre passioni musicali del nostro: parte hard rock (dalle parti di Hendrix e Led Zeppelin), prosegue col R’n’B (con l’aiuto di una sezione fiati, che tuttavia erano meglio arrangiati nelle collaborazioni con Beth Hart) e si conclude col blues. Gli assolo di chitarra rappresentano ovviamente il valore aggiunto dell’album: lirici, appassionati e tecnicamente eccezionali. Peccato che la scrittura non vada oltre il buono (ogni anno vengono incise centinaia di canzoni migliori, nel genere), e le possibili perle vengono sempre rimandate ed attese per il disco successivo. Perché non fermarsi, e scrivere con calma un classico del rock-blues? JB ha le qualità per farlo, sia acustico che elettrico. Comunque un disco che è assolutamente un piacere ascoltare.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Different Shades of Blues, Heartache Follows Wherever I Go, Never Give All Your Heart

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