giovedì 18 settembre 2014

Recensioni al volo: Kris Delmhorst, Gaslight Anthem, U2.

KRIS DELMHORST - Blood Test (2014)
Nativa di Brooklyn ma residente a Boston, dopo una preparazione in violoncello classico, abbandona la musica “colta” per unirsi a bande jazz e folk della sua zona, imparando a suonare la chitarra.  Nel 1998 pubblica il suo primo album “Appetite” e a quell’album ne seguono altri, con sempre maggiore interesse nel mondo country-folk dell’East-Coast. In questi 20 anni, collabora attivamente suonando o cantando in più di 50 album, tra cui quelli di Peter Wolf, Chris Smither, Anders Parker e Mary Gauthier.
In questo suo settimo lavoro, prodotto dall’amico Anders Parker, KD mostra la sua musicalità lenta e malinconica, ma anche ruvida e imprevedibile; un album che cresce ascolto dopo ascolto e che offre varie tonalità di folk e americana, dal country-blues acustico al pop-rock. Riferimenti: Lisa Loeb, Lisa Cantrell, KT Tunstall. Voto: ☆☆☆☆
GASLIGHT ANTHEM - Get Hurt (2014)
Il loro disco del 2008 “The ’59 Sound” è sicuramente stato uno dei dischi migliori di quell’anno ma poi Brian Fallon e soci si sono persi un pò per strada: i successivi “American Slang” (praticamente un album punk) del 2010, “Handwritten” (pieno di clichés springsteeniani) del 2012 e la compilation B-Sides di inizio 2014 non hanno incantato, anzi.  Quest’ultimo disco vuole essere più appassionato dei precedenti: l’energia dei pezzi ricorda sempre quella di Springsteen e Tom Petty, con riffs muscolari che picchiano duro ed evolvono in atmosfere post-grunge o talvolta country-roots. Il rischio è tuttavia quello di perdere la propria identità: troppa forza non sempre corroborata da inventiva e genialità. A mio parere meglio dei precedenti ma molto distante ancora dallo stile dei tempi migliori. Voto: ☆☆
U2 - Songs of innocence (2014)

E’ inutile: avere alle spalle dei capolavori assoluti condiziona sempre il giudizio. Sarà vero anche questo ma il disco non convince: non si può pretendere da chi ha ormai alle spalle tanti anni di musica una continua evoluzione o addirittura una sperimentazione intelligente, ma tuttavia si spera sempre che gli U2 (DICO GLI U2) si elevino dalla media. Mojo e Rolling Stone lo hanno incensato ma io lo trovo un album senza dinamica, tecnicamente completo ma a lunghi tratti noioso. Per ascoltare come vorremmo fossero gli U2 fate come me: sentitevi i Black Keys. I brani migliori: “California (There Is No End to Love)” e “Iris (Hold Me Close)”. Voto: ☆☆

1 commento:

microby ha detto...

U2: Non è un brutto disco, l'ultima fatica degli U2. Solo che "loro" sono gli U2, e non puoi accontentarti di un prodotto ben rifinito. E perchè non si tratta proprio di una "fatica", dal momento che l'unico sforzo che è stato fatto dal quartetto rock più famoso del mondo è stato quello di imitare gli imitatori degli U2. E allora ecco che l'intento dichiarato dal gruppo di proporre sonorità alla Clash, a ricordo dell'adolescenza dei nostri, risulta velleitario se non del tutto falso. Mentre è tutto un rincorrersi di brani ben suonati, ben arrangiati, orecchiabili il giusto, che ricordano Simple Minds, INXS, Coldplay, Muse e miriadi di carneadi (Ours i migliori) che hanno sempre avuto gli U2 nel mirino e nelle speranze di successo. Ho sempre amato la band irlandese, anche nei loro (ingiustamente) vituperati lavori degli anni duemila.
Ma le "canzoni dell'innocenza", pur piacevoli all'ascolto (ecco spiegato il 7), sono tutto tranne che innocenti e si posizionano al gradino qualitativamente più basso della discografia degli U2.
Voto Microby: 7
Preferite: Every Breaking Wave, Song For Someone, The Troubles

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