sabato 29 marzo 2014

ELBOW, JOHN BUTLER TRIO, THE AUTUMN DEFENSE


ELBOW (2014) The Take Off And Landing of Everything

E’ sufficiente l’ingresso della voce di Guy Garvey nel primo brano per capire, come al solito, che con quella voce puoi cantare qualunque cosa rendendola a priori degna d’ascolto. Il sesto album dei più noti esponenti del cosiddetto “prog without the solos” non possiede il singolo scardina-classifica, come era loro riuscito nei 2 precedenti dischi di studio, ma ha una coesione d’insieme che lo rende il più prog dei loro lavori finora. Senza indulgere in tecnicismi, ma caricando l’esecuzione di sentimento, malinconia struggente, epicità contenuta, “pieni” da camera e melodie da confessionale. Incuranti degli anni 2.0 o 3.0. Solo anema e core.
Voto Microby: 7.5
Preferite: New York Morning, Charge, My Sad Captains


JOHN BUTLER TRIO (2014) Flesh & Blood

Al sesto album la più accreditata jam band australiana (nonostante sia un trio, il gruppo ha una notevole fama live) scopre un tono più riflessivo in qualche spunto acustico ed un paio di brani morbidi, perfino languidamente malinconici. Senza rinunciare però alla solita varietà di ispirazione musicale (dal rock al soul, dal blues al reggae) ed alla chitarra elettrica torrida e moderna, dal timbro riconoscibilissimo, del leader. Non il loro lavoro migliore, ma è sempre un bell’ascolto, dalla carica propulsiva.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Livin’ In The City, Bullet Girl, Cold Wind


THE AUTUMN DEFENSE (2014) Fifth

Solo 5 dischi in 14 anni per il side-project di John Stirratt ed il sodale Patrick Sansone, membri di Wilco/Uncle Tupelo, sempre più lontani dalle radici alt.contry/americana degli esordi e sempre più innamorati del pop californiano ’60-’70. Quindi perfette melodie elettroacustiche, armonizzazioni vocali anni ’70, struttura a strofa-ritornello orecchiabile ma intelligente, suoni brillanti e carezzevoli: sullo sfondo America, Byrds, Love, ma anche echi del pop nobile di marca Crowded House, Traveling Wilburys, Paul McCartney.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Under The Wheel, What’s It Take, This Thing That I’ve Found


mercoledì 19 marzo 2014

JOAN AS POLICE WOMAN, ANGEL OLSEN, MARISSA NADLER


JOAN AS POLICE WOMAN (2014) The Classic

La poliziotta americana Giovanna (all’anagrafe Joan Wasser) prosegue il cambiamento da umbratile cantautrice piano-voce degli esordi verso il vintage soul che aveva per la prima volta arricchito il precedente, riuscitissimo The Deep Field (2011). Addirittura i brani più riusciti sono R’n’B a tutti gli effetti, in un disco che tuttavia non è solare, come farebbero intuire anche una canzone doo-wop ed una dal ritmo in levare reggae: le maglie larghe del lavoro sono ancora malinconiche, a tratti drammatiche, e l’eterogeneità dell’album risulta ondivaga, come da disturbo dell’umore. Un disco non perfettamente a fuoco, anche nei singoli brani, e poco coeso, ma dalla qualità palpabile sottotraccia.
Voto Microby: 7.1
Preferite: Holy City, Good Together, Stay


ANGEL OLSEN (2014) Burn Your Fire For No Witness
La cantautrice di St. Louis, già chitarrista e corista di Bonnie Prince Billy, al secondo disco alterna ballate folk spettrali, giocate su 2 accordi di chitarra acustica modello primo-Leonard Cohen/ultimo Johnny Cash, ad un approccio elettrico e sferragliante al folk/country come fosse filtrato negli ultimi 3 decenni da Mary Margareth O’Hara, PJ Harvey e St. Vincent (non a caso il produttore è il medesimo di quest’ultima, John Congleton). Aleggia anche una patina sognante alla Mazzy Star, in un disco che resta lo-fi, scarno e difficile. Ancora in debito di qualità nei confronti delle maestre, ma già sulla buona strada.
Voto Microby: 7.1
Preferite: Forgiven/Forgotten, Windows, Unfucktheworld
MARISSA NADLER (2014) July

La cantautrice americana sta compiendo un percorso musicale simile a quello di Iron & Wine: dal folk scarno degli esordi al folk-country-pop attuale. Tuttavia la grande pulizia formale, le armonizzazioni vocali impeccabili, le tastiere vellutate, la slide morbida, gli arpeggi acustici brillanti non riescono a (o non permettono di) sollevare l’insieme dalla monotonia della scrittura. Talvolta si ha la straniante sensazione che Enya si sia dedicata al country.
Voto Microby: 7
Preferite: Was It A Dream?, Dead City Emily, Anyone Else



venerdì 14 marzo 2014

Blues-Rock dal profondo Sud: Damon Fowler, Jim Suhler, Jo Hell.

DAMON FOWLER - Sounds of Home (2013)
Il bluesman della Florida è sicuramente uno dei massimi talenti del blues-rock. Anche se non fa parte della scuola virtuosistica di Derek Trucks o Sonny Landreth (o, per andare ancora più indietro, di Johnny Winter, di cui peraltro riprende un brano nel disco), la sua slide è letale e la sua voce è ingrifata e minacciosa come si conviene ai giovani bianchi che osano cimentarsi con questo genere. C’è molto Fogerty, Thorogood e in alcuni momenti, un pizzico di Ry Cooder o Bruce Springsteen. Buon disco, qualitativamente di poco inferiore al precedente. Voto: ☆☆

JIM SUHLER - Panther Burn (2013)
JS, texano 53enne, da una vita ormai è il secondo chitarrista dei Destroyers (la band di George Thorogood).   Ha inoltre un formidabile punto nel suo curriculum: ha suonato nella colonna sonora del mitico film “Il grande Lebowski”, ed ho detto tutto. Ha anche una sua band (i Monkey Beat) ma soprattutto suona spesso con alcuni dei migliori musicisti blues-rock del momento: Joe Bonamassa, Buddy Whittington, Rory Gallagher. In questo disco (il suo quinto) sentiamo tutte le sue influenze: ZZ Top, Deep Purple, Black Crowes, Eric Clapton, i Fleetwood Mac di Peter Green. Disco ben fatto, piacevole. Voto: ☆☆☆1/2

JO HELL - Rockin’ Land (2013)

Altro bluesman texano, riesce a mescolare blues-rock, l’hard modello Black Sabbath ed un southern rock verace e pieno di energia. Conosciuto soprattutto nei circoli live in giro per il mondo, mi ci sono imbattuto un pò per caso, sbirciando le novità di CD Baby, meritoria etichetta di lancio per giovani artisti. Speriamo di sentirne parlare anche in futuro.  Voto: ☆☆

lunedì 10 marzo 2014

SHARON JONES & The Dap-Kings, ST. VINCENT, THE NOTWIST


SHARON JONES & THE DAP-KINGS (2014) Give The People What They Want

Ormai definitivamente considerata la regina del soul/R’n’B classico di marca Stax/Motown, la 57enne americana è totalmente disinteressata ad aggiornare il proprio vocabolario al nu-soul o di cercarne una variante più originale: le sono sufficienti la capacità compositiva ed esecutiva e l’affiatamento con la miglior band di soul esistente (che l’accompagna da sempre, oltre a prestarsi come backing band per altri artisti, tra i quali Amy Winehouse) per riconfermarsi erede di Martha Reeves, Aretha Franklin, Tina Turner e tenere a debita distanza le concorrenti. Niente di nuovo sotto il sole, ma ennesima conferma di una classe senza uguali.
Voto Microby: 7.6
Preferite: Retreat, People Don’t Get What They Deserve, Stranger To My Happiness


ST. VINCENT (2014) St. Vincent

Quarto album per Annie Clark, alias St. Vincent, una delle più dotate ed originali cantautrici dell’ultima leva, già chitarrista per Polyphonic Spree, Sufjan Stevens e The New Pornographers, oltre che autrice di un bel lavoro a due con David Byrne nel 2012 (a mio parere il suo migliore). Il suo approccio elettrico (con la chitarra spesso fuzzata ed assoli sghembi e sporchi) si arricchisce ora di linee ritmiche elettroniche debitrici ai Talking Heads e Prince, col risultato di un funky profondamente bianco, urbano, nevrotico e corrosivo. Un approccio moderno che sta facendo proseliti (Anna Calvi, Angel Olsen), e di cui è la regina indiscussa. Ma, a differenza dei suoi mèntori, l’artista di Tulsa, Oklahoma, non ha ancora prodotto un disco (con)Vincent dall’inizio alla fine.
Voto Microby: 7.3
Preferite: Birth In Reverse, Severed Crossed Fingers, Digital Witness
THE NOTWIST (2014) Close To The Glass
Noncuranti delle leggi di mercato, i fratelli tedeschi Archer pubblicano un disco ogni 6 anni proseguendo il loro percorso musicale che li ha portati, dagli esordi post-punk/hardcore, al capolavoro di indietronica decadente Neon Golden del 2002, ed all’attuale ibridazione tra musica elettronica umana (che guarda parimenti a Boards of Canada come agli ultimi Radiohead), spunti acustici soavi e rock radiofonici in cui percussioni e linee del basso sono comunque affidati a glitch elettronici. Si potrebbe obiettare che manca una direzione; a mio avviso l’eterogeneità del lavoro conferisce varietà ad una bella proposta che resta inquadrabile tra la migliore elettronica malinconica e decadente.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Kong, Run Run Run, Casino

venerdì 7 marzo 2014

Benmont Tench, Paul Rodgers, Spain, Eddi Reader

BENMONT TENCH - You Could Be So Lucky (2014)
BT è il tastierista degli Heartbreakers, la band di Tom Petty. In realtà non è solo quello: lui è l’anima della band, un pò come Roy Bittan è l’anima della E Street Band o come Ray Manzarek lo era per i Traffic. BT è sempre stato uno dal profilo basso e solo dopo molta insistenza la Blue Note (etichetta Jazz!!!) ora diretta dal mitico produttore Don Was l’ha convinto a fare un disco solista. Niente a che fare comunque con il jazz: siamo dalle parti del roots rock della Band o di JJ Cale, per un disco complessivamente assai gradevole. Voto: ☆☆☆1/2

PAUL RODGERS - The Royal Sessions (2014)
PR è stato il leader/cantante dei Free e dei Bad Company ed è colui che viene considerato una delle più grandi voci bianche “nere” della musica rock. In questo disco di cover di alcuni classici del R&B la prima reazione è “che palle, l’ennesima riedizione di questi brani” ma se lo ascolti e lo riascolti poi dici “mica male sto disco...”. Se vi è piaciuto il fim “the Commitments”, se amate i dischi black della Stax o della Motown, questo disco è per voi. Voto: ☆☆

SPAIN - Sargent Place (2014)

Gli Spain si sono scatenati, dopo 10 anni senza farsi vivi Josh Haden e co. sono al terzo album in meno di due anni (anche se il penultimo era un live registrato negli studio di una radio). Anche questo lavoro si caratterizza per l’eleganza e la ricercatezza musicale: suoni malinconici, talora dolcemente psichedelici, con un pizzico di jazz o di blues da camera. A mio parere un pò al di sotto degli altri due recenti lavori, ma pur sempre da ascoltare con attenzione e trasporto emotivo.  Voto: ☆☆

EDDI READER - Vagabond (2014)
La chiamano “il tesoro nazionale della Scozia”: sono 25 anni che ER si guadagna la stima generale (soprattutto con la sua band Fairground Attraction, facendo incetta ogni anno di Brit Awards) interpretando vari stili musicali. La sua musica spazia dal pop tradizionale, al jazz dei crooners, dal folk acustico stile Carly Simon, alle melodie celtiche. Bella voce, per un disco a dire il vero un pò ripetitivo. Voto: ☆☆

mercoledì 5 marzo 2014

ED HARCOURT, FANFARLO, SUZANNE VEGA


ED HARCOURT (2014) Time of Dust

Non è più un giovane promessa (avendole, qualitativamente, mantenute pressoché ad ogni album eccetto, solo parzialmente, nel penultimo lavoro) il cantautore-cult inglese che esordiva nel 2001 con partiture romantiche dominate da un piano malinconico, arrangiamenti pieni, orecchiabili ma eleganti che esaltavano l’intimità dei testi, ed atmosfere sempre umbratili, crepuscolari, avvolgenti.
Il precedente, scarno Back Into The Woods e l’attuale (un mini-album di 6 brani) sembrano accennare ad un cambiamento di rotta. Appena percettibile, dal momento che i riferimenti sono sempre Richard Hawley e Rufus Wainwright. Ma io lo preferisco ad entrambi.
Voto Microby: 7.8
Preferite: In My Time of Dust, The Saddest Orchestra, Love Is A Minor Key


FANFARLO (2014) Let’s Go Extinct
Il quintetto pop londinese, guidato dallo svedese Simon Balthazar, giunto al terzo album ricorda nella scrittura gli scozzesi Aztec Camera, ma la produzione vira verso un synth-pop anni ’80, con tastiere onnipresenti e talvolta ridondanti, e qualche spunto di fiati alla Dexys Midnight Runners/Of Monsters And Men. Un buon disco, piacevole ed allegro, tuttavia sovrarrangiato ed anche compositivamente lontano dal precedente, ispiratissimo Rooms Filled With Light del 2012.
Voto Microby: 7.6
Preferite: The Beginning And The End, Cell Song, Landlocked

SUZANNE VEGA (2014) Tales From The Realm Of The Queen Of Pentacles
La capostipite delle cantautrici urbane della generazione precedente l’attuale torna con classe immutata e dieci canzoni dalla produzione impeccabile, che sottolinea il tipico timbro vocale medio-basso della newyorkese grazie ad arrangiamenti asciutti, puliti, essenziali, a base di chitarra ritmica (acustica ed elettrica) e percussioni. Buono, ma non all’altezza dei suoi migliori lavori.
Voto Microby: 7.3
Preferite: I Never Wear White, Laying On Of Hands/Stoic 2, Crack In The Wall


martedì 4 marzo 2014

Talking Heads - (Nothing but) Flowers




Sull'ultimo album dei Talking Heads, Naked del 1988, nel brano "(Nothing but) Flowers" la band immagina una evoluzione al contrario, una decrescita più o meno felice con la cancellazione totale dell'inquinamento, ma anche dello sviluppo e del commercio. Oggi mi è venuta in mente questa canzone mettendo insieme la citazione dei TH come fonte ispirativa del film "La Grande Bellezza" e leggendo i deliri di un politico nostrano a 5 stelle….

sabato 1 marzo 2014

Michael Kiwanuka - "You've Got Nothing To Lose"


Michael Kiwanuka,  torna con un nuovo disco, dopo il precedente bellissimo Home Again (vincitore del premio top 'ol 55 dell'anno). Ecco il primo video, in attesa del disco.



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