mercoledì 27 agosto 2014

TOM PETTY, RICH ROBINSON, DAVID GRAY


TOM PETTY & THE HEARTBREAKERS (2014) Hypnotic Eye
In 38 anni di carriera il 64enne nativo della Florida ma musicalmente adottato dalla California ha sbagliato un solo disco (The Last DJ, 2002). Ora, da tempo fra i giganti della storia della musica rock, firma con i fidati Heartbreakers (che per anni hanno conteso alla E Street Band di Springsteen il titolo di miglior live-band del pianeta) un gran bell’album, che si discosta dal classico jingle-jangle byrdsiano per recuperare l’energia da garage-band degli esordi ed un tiro rock che a tratti ricorda il miglior John Mellencamp elettrico. Protagonista la chitarra elettrica di Mike Campbell, più che la Rickenbacker del leader. Non un brano debole: un ritorno coi fiocchi.
Voto Microby: 8.5
Preferite: Fault Lines, All You Can Carry, American Dream Plan B

RICH ROBINSON (2014) The Ceaseless Sight
Prolifici ma decisamente ispirati i fratelli Robinson: mentre il cantante Chris con i suoi Brotherhood ha preso musicalmente le distanze dai Black Crowes per esplorare (con ottimi risultati) il rock psichedelico targato Dead/Quicksilver, il chitarrista Rich resta fedele nei 3 dischi finora pubblicati al suono della band-madre. Quindi southern rock, blues, gospel, soul, honky tonk, classic rock inglese: degnissimo figlio di Rolling Stones, Allman Brothers, Lynyrd Skynyrd, Little Feat, Led Zeppelin. La fa da padrone la chitarra infuocata del leader, ma anche in acustico la band va a mille. Peccato per una produzione che poteva essere più cattiva, per una seconda parte non all’altezza della prima, e soprattutto per la mancanza di una voce, quella di Chris, che ci fa rimpiangere i Corvi Neri. Ma l’intero album è all’altezza dei Crowes ed è superiore alla prova solista targata 2014 del fratello maggiore Chris.
Voto Microby: 8
Preferite: I Know You, Down The Road, The Giving Key
DAVID GRAY (2014) Mutineers
Voce al solito stentorea, batteria in primo piano, Mutineers è tutto fuorchè un disco suonato in punta di piedi. Eppure il cantautore inglese, che storicamente ha aperto l’attenzione di media e case discografiche al new acoustic movement e proiettato in classifica i cantautori introspettivi dell’ultimo ventennio, continua a risultare intimo, personale, umbratile. In carniere l’attenzione a testi profondi ed a suonare sempre attuale, e mai un album meno che discreto, nonostante produzioni quasi mai azzeccate (quest’ultima, rispettosa ma non brillante, è di Andy Barlow, ex Lamb). L’ultimo lavoro non sfugge alla regola del “discreto”, ma ci ricorda che ogni appassionato di musica pop-rock dovrebbe possedere il gioiello White Ladder (1998).
Voto Microby: 7.2
Preferite: Snow In Vegas, Back In The World, As The Crow Flies



lunedì 25 agosto 2014

Buon compleanno Elvis (Costello)!

Oggi EC compie 60 anni: nato a Liverpool, il suo vero nome é Declan Patrick Mac Manus e rappresenta sicuramente un inglese atipico, con una grande predilezione per l'eclettismo, le collaborazioni e le contaminazioni: rock, jazz, country, new wave, perfino ska, ma soprattutto pop. Si fa conoscere grazie ad un abbigliamento vintage anni '50 e occhiali alla Buddy Holly ma non ha mai avuto un successo assoluto  (magari solo noi fanatici ci ricordiamo il nome di molti dei suoi brani ma provate a chiederli in giro…).
Proprio a questo scopo ho messo giù una lista di brani che ne rappresentano lo stile e la qualità:
1. ALISON
La sua canzone più bella, già nel primo album (My aim is true del 1977), scritto in un periodo in cui imperversava ancora il punk e scrivere pop raffinato non era molto popolare. In quel periodo lavorava ancora come impiegato alla Elizabeth Arden (cosmetici), uno dei tanti lavori occasionali che EC dovette fare per mantenere la propria passione musicale.  La band che lo accompagna nel brano sono i "News" (Huey Lewis & The News). Il brano piacque molto a Linda Ronstadt che ne incise una cover l'anno successivo: grande successo con 2 milioni di copie vendute. EC avrebbe voluto dirle che la sua versione non gli piaceva affatto ma disse che "era troppo occupato a spendere i soldi che le aveva fatto guadagnare".
2. ACCIDENTS WILL HAPPEN (da Armed Forces del 1978). Prodotta da Nick Lowe viene canticchiata nel film E.T. di Spielberg.
3. SHIPBUILDING (da Punch the Clock del 1983). Stupenda ballata con Chet Baker alla tromba, scritta in realtà per Robert Wyatt.
4. I WANNA BE LOVED (da Goodbye Cruel World del 1984). Una eccellente canzone in chiave R&B scritta con Green Gartside degli Scritti Politti.
5. VERONICA (da Spike del 1989). L'album forse più maturo della sua discografia, con una serie di collaborazioni prestigiose (Paul McCartney, Roger McGuinn, benmont Tench, Chrissie Hynde, T-Bone Burnett).  Il brano fu scritto dopo una triste visita a sua nonna ed è caratterizzato dalla contraddizione tra un testo malinconico ed una melodia invece profondamente allegra. Fu un buon successo negli USA.
6. GOD GIVE ME STRENGHT (da Painted with memory, del 1998).  Un disco scritto in collaborazione con Burt Bacharach. Impossibile non commuoversi ascoltandola.
7. BROKEN BICYCLES/JUNK (da For The Stars del 2001). Disco in collaborazione con Anne Sofie Von Otter, questo brano rappresenta sicuramente la migliore versione del pezzo di Tom Waits, con quell'aria anni '40.
8. THE SHARPEST TORN (da The River in Reverse del 2006). In collaborazione con Allen Toussaint: un gospel stupendo.

mercoledì 13 agosto 2014

Quella sporca dozzina: i migliori dischi dei primi 6 mesi (un po' in ritardo).

Fabius

Phish - Fuego
Natalie Merchant - Natalie Merchant
John Gorka - Bright Side of Down
The Delines - Colifax
Paul Heaton - What have we become
Rich Robinson - The ceaseless night
Dan Wilson - Love without fear
Joe Henry - Invisible Hour
Jon Allen - Deep River
Venice - What Summer brings
Jonatha Brooke - My Mother has 4 noses
John Fullbright - Songs

LucaF

John Gorka - Bright Side of Down
Jonatha Brooke - My mother has 4 noses
Damon Albarn - Everyday Robots
Sophie Zelmani - Going Home
Natalie Merchant - Natalie Merchant
Simone Felice - Strangers
Dan Wilson - Love without a fear
Phish - Fuego
Marc Ford - Holy Ghost
Ed Harcourt - Time of dust
John Fullbright - Songs
David Crosby - Croz

Microby

Sophie Zelmani - Going Home
Me'Shell Ngeocello - Comet, Come to me
Nick Mulvey - First Mind
David Crosby - Croz
First Aid Kit - Stay Gold
Passenger - Whispers
EMA - The Future's Void
Death Vessel - Island Intervals
Lost in the Trees - Past Life
Ed Harcourt - Time of Dust
Bruce Springsteen - High Hopes
Paolo Nutini - Caustic Love

sabato 9 agosto 2014

MORRISSEY, ERIC CLAPTON & FRIENDS, ANGUS & JULIA STONE

MORRISSEY (2014) World Peace Is None of Your Business
Se anche dimentichiamo la leggenda-Smiths, il genio mancuniano ha pubblicato da solista molti album pregevoli ed alcuni eccellenti, a testimonianza di un innato talento. Non si colloca tra i suoi lavori migliori quest’ultimo sforzo, non tanto per qualità compositiva, quanto per arrangiamenti stranianti: una batteria invadente sostiene riffs di chitarra hard che duetta spesso con (eccellenti) assoli di acustica se non addirittura flamenco, e si accompagna talvolta a fiati latini. Nel mezzo di un album certo prolisso (un’ora per 12 brani, che diventano 18 nella versione deluxe) e con qualche inciampo kitsch, ma comunque di qualità più che discreta, una manciata di canzoni degne del miglior Moz lo promuove a pieni voti anche stavolta.
Voto Microby: 7.6
Preferite: World Peace Is None of Your Business, Staircase At The University, Istanbul

ERIC CLAPTON & FRIENDS (2014) The Breeze (An Appreciation of JJ Cale)
Tom Petty, Mark Knopfler, John Mayer, Derek Trucks, Willie Nelson, Don White, Christine Lakeland. Allenatore in campo Eric Clapton. Con una squadra di fuoriclasse del genere ad interpretare il repertorio (ben scelto, tra brani leggendari ed altri meno conosciuti; evitate le hits Cocaine e After Midnight) del maestro di tutti loro, JJ Cale, non si può non vincere la partita. Ma il rischio è di sbagliare tattica. Così i nostri campioni affrontano la prova con molto rispetto, quasi intimiditi: limitano i dribbling, evitano le giocate ad effetto, nascondono palla e non rischiano. Si arriva ai rigori, ed i nostri vincono senza tirare un cucchiaio e grazie ad un portiere (Enrico Claptone) paratutto. Ma la partita è stata comunque bella da “ascoltare”. L’album è sottotitolato “An appreciation of” e così è stato: un tributo in punta di piedi e col cappello in mano. Forse troppa la stima e poco il tempo trascorso da quando JJ ci ha lasciato per osare interpretazioni originali. The Breeze sembra un disco di JJ, e forse questo è il complimento migliore per il saluto di Clapton & Friends.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Call Me The Breeze, Lies, Sensitive Kind

ANGUS & JULIA STONE (2014) Angus & Julia Stone
Figli di una coppia di folksingers australiani, i due hanno già ottenuto più successo dei genitori: in testa alle classifiche aussie col precedente, secondo album Down The Way (2010), ora tentano la scalata al mercato americano grazie alla produzione di Rick Rubin. Tuttavia, nonostante la mano dorata e mainstream del nostro, la matrice resta quella di un folk intimo, malinconico, agrodolce, che quando diventa pop ricorda i Fleetwood Mac dei ’70, quando accenna al rock si accosta al Neil Young elettrico-ipnotico (non disperato), quando è un mix di folk-pop-indie-rock rimanda al duo  inglese al femminile Smoke Fairies. Ma tutti i precedenti sono più dotati del pur apprezzabile duo di Sydney.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Crash and Burn, Heart Beats Slow, Death Defying Acts


martedì 5 agosto 2014

PENGUIN CAFE', TO ROCOCO ROT, SAMARIS


PENGUIN CAFE' (2014) The Red Book
Secondo album per la riformata, con nome abbreviato, Penguin Cafè Orchestra, seminale progetto chiuso nel 1997 con la scomparsa del leader e fondatore inglese Simon Jeffes. Il nuovo ensemble aveva esordito nel 2011 sotto la guida del figlio di Jeffes, Arthur, e lungo le coordinate musicali con le quali già il padre aveva descritto la PCO: “modern semi-acustic chamber music”. Ora i membri stabili sono 9, ed a dominare i brani strumentali sono al solito pianoforte (solo acustico a differenza della PCO) e celli. A differenza della PCO non vi è alcuna tendenza all’avantgarde, e talvolta si nota una certa ridondanza ed un’eccessiva leziosità dei suoni, che rischia l’accostamento alla new age; meglio quando prevale l’influenza folk o cameristica. In ogni caso il gusto per linee melodiche affascinanti eseguite con impeccabile raffinatezza compensa e conquista.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Solaris, Black Hibiscus, Bluejay
TO ROCOCO ROT (2014) Instrument
Il gruppo elettronico di Berlino, già attivo da una ventina di anni, collabora per la prima volta col newyorkese Arto Lindsay. Ne risulta un album ben amalgamato che sposa piacevolmente le trame elettroniche “quadrate” e da ascolto dei tedeschi con la voce sommessa e la chitarra avantgarde dell’artista americano.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Down In The Traffic, Many Descriptions, Classify
SAMARIS (2014) Silkidrangar

Il giovane trio (2 donne e un uomo) di Reykjavik è insieme la naturale evoluzione e la summa del ricchissimo humus musicale islandese: cita a memoria (tralasciando l’avantgarde) la lezione della madre di tutti, Bjork; accarezza la liricità onirica dei Sigur Ros; si ispira agli altri conterranei Mùm e Olafur Arnalds, e li condisce con liriche di poeti islandesi del 1800. Tuttavia getta uno sguardo anche fuori dall’isola, dove è attratto dal minimale pop elettronico di James Blake e dal synth-pop più morbido di John Grant e Fever Ray, ma lambisce anche il dark di scuola 4AD (Cocteau Twins e This Mortal Coil in primis). Le melodie sono delineate dal canto etereo e sospirato (Bjork-like) di Jofridur Akadottir, sostenute da beats elettronici discreti e scaldate da un clarinetto. Ne risulta un insieme ipnotico, contemplativo, sognante, mistico, evocativo dei paesaggi d’origine. Il limite è l’eccessiva uniformità e monocromaticità dei brani. Il pericolo futuro è la ripetitività. La sfida è quella di un’evoluzione originale, che si smarchi dalle fonti di ispirazione.
Voto Microby: 7.2
Preferite: Eg Vildi Fegin Verda, Vogguljòd, Tibrà


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