lunedì 4 maggio 2015

BLUR, TOBIAS JESSO JR.


BLUR (2015) The Magic Whip

Mai realmente sciolti, i Blur pubblicano il 2° album in studio del millennio a 12 anni del precedente Think Tank. Pur sembrando ai primi ascolti la logica prosecuzione di Everyday Robots, il primo sforzo solista di Damon Albarn nel 2014, TMW appare tuttavia anche l’evoluzione degli ultimi lavori dei Blur e delle esperienze collaterali targate The Good, The Bad & The Queen e, più marginalmente (nel mood malinconico che forse appartiene alla voce di Albarn, pura o filtrata che sia), Gorillaz. Lontane le chitarre brit-pop e l’ispirazione beatlesiana del passato, a prevalere è ora un pop psichedelico dai ritmi reiterati ed ipnotici (mai la sezione ritmica era stata così determinante) , dalle melodie dilatate e pigre, dai suoni cesellati ed eleganti che si incattiviscono occasionalmente con la spinta metodicamente abrasiva del chitarrista Graham Coxon. Influenze orientali ed archi da chamber-pop globalizzano una scrittura (che resta profondamente british) impigrita dalla tradizione sub-sahariana. Accompagna il tutto la solita, indubbia classe, per un percorso artistico che, a differenza degli eterni rivali Oasis, è sempre stato mobile, curioso, aperto a molteplici influenze. Interessante e coraggioso, ammaliante più che piacevole, TMW è un buon disco, che cresce ad ogni ascolto, ma non un capolavoro.
Voto Microby: 7.8
Preferite: Lonesome Street, Go Out, I Broadcast


TOBIAS JESSO JR. (2015) Goon

Il trentenne cantautore di pop-ballads di Vancouver sta sollevando al debutto parecchio interesse mediatico: parte per i paragoni (tutti condivisibili perché evidenti) con le ballatone di artisti dei ’70 quali Harry Nilsson, Elton John, Carole King, John Lennon, Randy Newman, e parte per l’endorsement avuto da Adele (che alcune delle canzoni saprebbe trasformarle in tormentoni spaccaclassifica). Ciò che piace di TJ Jr. è la palpabile naiveté, il tuffo senza vergogna nel pop pianistico leggero, mieloso ed appiccicoso dei primi seventies, gli arrangiamenti popolari e desueti. Ciò che convince di meno sono, a parte la classe ancora ben lontana dai paragoni e dalla mèntore, l’ispirazione patchwork, tra brani dalla melodia indubbiamente bella ed altri sottotono, e lo squilibrio tra una prima parte di ottimo livello ed una seconda appena sufficiente. Resta sotto esame, ma certo il nostro sembra sincero (come il Tom Odell del 2013, che gli è decisamente superiore), non un prodotto costruito a tavolino.
Voto Microby: 7.4
Preferite: How Could You Babe, Without You, The Wait


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