venerdì 21 aprile 2017

THE SADIES, TEMPLES


THE SADIES (2017) Northern Passages




Vent’anni di attività e dieci album non sono bastati a critici e negozianti per etichettare i fratelli canadesi Dallas e Travis Good, ma sono stati sufficienti a consegnarci la loro cifra stilistica, le cui radici affondano nel country e nel roots rock ma si nutrono anche dell’umoralità punk dei ’70 e dell’immediatezza indie-rock dei ’90. File under “country-punk” è sicuramente limitativo, e la varietà degli stili nelle undici canzoni del disco è una caratteristica anche dei precedenti lavori, tuttavia meno a fuoco dell’attuale, che propone una sorta di crasi tra i Byrds e i Dinosaur Jr.. Il DNA è strettamente americano ed i suoni poco manipolati e rifiniti, caratteristiche che sconsigliano l’album agli appassionati del pop-rock inglese. Ma lo raccomandano a tutti gli altri.
Voto Microby: 7.7
Preferite: It’Easy (Like Walking), The Element Song, The Good Years


TEMPLES (2017) Volcano


Sono stati e sono molto chiacchierati attualmente i quattro da Kettering, Northamptonshire. Nel 2014 la band inglese al debutto ci aveva incantato col miglior psych-pop sixties attuale, intriso di Kinks, Syd Barrett e George Harrison. Ora, solo al secondo album, sono passati da un suono prettamente chitarristico da merseybeat ad un synth-pop eighties altamente radiofonico, con tastiere tronfie, un suono ipersaturo ed una ritmica metronomica. Secondo Fabio Guastalla (Mucchio) “Volcano è uno degli album più esaltanti usciti dalla terra albionica negli ultimi anni”. Di psichedelico restano solo le voci, ma è innegabile che i nostri posseggano la capacità di scrivere melodie orecchiabili ed appiccicose. Per contro, si può osservare che simili risultati sono stati ottenuti molto tempo prima e meglio dai Duran Duran, i Cure pop, i Talk Talk da classifica, i Flaming Lips più caciaroni, i Mercury Rev più facili, gli Inspiral Carpets, i Lightning Seeds, The Horrors più qualche altra decina di gruppi pop che hanno fatto storia solo nelle charts. Piaceranno a chi ha apprezzato la svolta pop degli ultimi Tame Impala.
Voto Microby: 7
Preferite: Certainty, Mystery of Pop, Oh The Saviour









 


            



 

lunedì 10 aprile 2017

MARK EITZEL, NADIA REID

 

MARK EITZEL (2017) Hey Mr. Ferryman
Da sempre considerato una delle migliori penne d’America, sia quando con le sue liriche personali ed intelligenti e con melodie più elettriche delle attuali ci deliziava con gli American Music Club (una decina di album tra il 1986 ed il 2008), sia nella carriera solista perseguita in contemporanea (un’altra decina di album tra il 1991 e l’attuale, a cinque anni dal precedente), con Hey Mr. Ferryman il cantautore malinconico, oltre che per vocazione e temi trattati (la vita e l’amore) anche per il timbro vocale, riesce a darci una delle sue prove più convincenti. La produzione e le chitarre (prevalentemente acustiche, ma con adeguati rinforzi elettrici) dell’ex-Suede Richard Butler non solo non guasta la scrittura (nei suoni non vi è traccia di brit-pop né di glam), ma la accompagna e sottolinea con sapienza e delicatezza. Un album, dolce nella sua spontanea malinconia, perfetto per i crepuscoli autunnali ma altrettanto adatto al risveglio primaverile contingente.
Voto Microby: 8
Preferite: The Last Ten Years, An Answer, Nothing And Everything



NADIA REID (2017) Preservation



Faccia da ex-secchiona che non faceva copiare i compagni, da grande intristitasi come impiegata statale e casalinga TV-dipendente (non è la sua biografia, è solo come si lascia immaginare), la neo-zelandese neo-malinconica conferma nei fatti piuttosto che nella fisiognomica tutto quanto di buono si era scritto di lei all’esordio 2 anni fa: scrittura ed interpretazione che vanno dalla prima Suzanne Vega all’ultima Laura Marling, passando tra la Cat Power acustica e la Marissa Nadler meno intimista, attraverso canzoni mai meno che buone, che tuttavia perdono un filo di brillantezza nella visione d’insieme, a causa di una voce monocromatica che non riesce ad andare oltre la malinconia (mai malinco-noia).
Voto Microby: 7.6
Preferite: The Arrow And The Aim, Right On Time, The Way It Goes


venerdì 7 aprile 2017

Recensione: Conor Oberst, Drew Holcomb


CONOR OBERST - Salutations (2017)
Ottimo album che riporta Conor ai fasti dei migliori album fatti con i Bright Eyes o i Monsters of Folk. Un disco ricco di rimandi da singer-songwriter californiano (Anytime Soon ricorda il sound dei Dawes e del loro mentore Jackson Browne), influenze dylaniane anni ’70 (Too late for Fixate, Afterthought), ballate sognanti e di ampio respiro (Tachycardia) con doppie testiere e armonica sempre in primo piano, perfino ricordi del primo Van Morrison, quello californiano (Barbary Coast).
Impreziosito dalla partecipazione di Jim Keltner (leggendario batterista di Joe Cocker, Leon Russell, Bob Dylan, Ry Cooder, John Hiatt, e in questo disco anche co-produttore), James Felice (Felice Brothers), Jim James (My Morning Jacket), Gillian Welch, M. Ward, Jonathan Wilson, Taylor Goldsmith dei Dawes, Jonathan Rice, per uno dei migliori album di inizio 2017. Da ascoltare: Till St. Dymphna Kicks Us Out, Tachycardia, Empty Hotel By the Sea, Too Late to Fixate. Voto: ☆☆☆☆1/2


DREW HOLCOMB & THE NEIGHBORS - Souvenir (2017)


Decimo album del gruppo di Memphis, a due anni dal precedente “Medicine”, sicuramente una delle migliori band nel genere “americana”. Il barbuto Drew Holcomb, alla voce, chitarra e armonica, ed il resto del gruppo (tra cui la moglie Ellie al pianoforte) ci propone un disco di appassionato ed adrenalinico rock americano, con contaminazioni roots, folk e country classico e gli ingredienti tipici del genere: fingerpicking west-coast, lentoni con armonica e pianoforte (Postcard Memories, Wild World), ballate folk (Fight for love) e profusioni di pedal-steel (Yellow Rose of Santa Fe).  Rispetto al precedente lavoro c’è più sperimentazione sonora, con ballate sussurrate e polverose alternate a rock più carichi, quasi fosse un Ryan Adams modulato dal pop-rock alla David Grey. Consigliato. Da ascoltare: Mama's Sunshine Daddy's Rain, California, Wild World. Voto: ☆☆☆☆



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