sabato 21 luglio 2018

MARLON WILLIAMS, JOSH ROUSE


MARLON WILLIAMS (2016) Make Way For Love



In occasione dell’esordio di Marlon Williams con l’album omonimo nel 2016 scrivevo: “E’ possibile assemblare nello stesso album, anzi nella medesima canzone, Johnny Cash, Brian Wilson, Roy Orbison, Tim Buckley, Wilco? Lo fa, in modo piacevolmente demodè, il 25enne neozelandese al debutto con una serie di covers di brani prevalentemente della tradizione country-nashvilliana. Gli arrangiamenti sono ricchi, poche volte leziosi (ma che sarebbero stati perfetti negli anni ’50-’60), prevalentemente acustici ma talvolta con tocchi di chitarra elettrica in feedback che lasciano intravedere sviluppi più adesi ai tempi correnti, soprattutto nei brani più mossi. Così com’è sembra talmente datato da rischiare l’originalità. Ma ha dei numeri che vanno riconsiderati alla seconda prova.” Il copia-incolla della recensione, ora che siamo al fatidico sophomore album, si impone dal momento che l’artista ha cambiato ben poco del suo stile (solo un poco più acustico ed asciutto) e finalmente osa con un repertorio di canzoni non solo interpretate ma anche scritte (di buono, non eccellente livello). Per ora siamo ancora di fronte ad una promessa, solo parzialmente mantenuta. Come da tradizione, il terzo lavoro fungerà da spartiacque tra un buon cantautore ed un fuoriclasse.

Voto Microby: 7.5

Preferite: Can I Call You, Party Boy, Come To Me




JOSH ROUSE (2018) Love In The Modern Age

L’ascolto del primo brano dell’ultimo lavoro del cantautore americano trapiantato in Spagna sorprende in negativo: come, anche l’intimo ed elegante JR si è venduto al synth pop anni ’80??? Pur non restando un episodio isolato (i suoni sintetici accompagnano quasi tutto il disco, sebbene lo facciano con grazia e senza eccessi), il resto dell’album ci restituisce il Rouse che conosciamo: un piccolo Paul Simon dalla voce vellutata, temi meno universali ma simile raffinatezza melodica. Certo ora è più facile (e corretto) classificarlo “pop” anziché singer-songwriter, ma come per l’ultimo album dei Decemberists non cambia lo stato delle cose: arrangiamenti inconsueti rispetto all’abituale percorso sonoro non inficiano una scrittura ed una fattura generale di qualità. Anche senza raggiungere le vette dei primi album.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Women And The Wind, Businessman, Love In The Modern Age





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