U2
(2017) Songs of Experience
Non possiamo sul nostro blog
non spendere due parole sull'ultima fatica di una band che abbiamo
trasversalmente amato tutti. Persino controvoglia perchè dobbiamo
ammettere che, cambiati noi-cambiati loro-cambiato il mondo, gli U2
non riescono più a soddisfare la proiezione dei nostri
bisogni/desideri. Personalmente non ho mai sopportato lo snobismo dei
critici rock (ai massimi livelli in Italia), per cui ogni "grande"
band lo è finchè è di nicchia, e diventa "mediocre" non
appena conquista le classifiche, magari proponendo le medesime
soluzioni musicali che piacevano underground.
In Italia si spara sugli U2 dai tempi di Pop
(1997), e della produzione degli ultimi 20 anni se ne scrive neanche
fosse la copia irlandese dei Pooh. Più che ingiusto (è vero che la
band di Bono è stata grandissima fino a Zooropa,
1993) è sbagliato: gli U2 hanno sfornato fior di lavori pop-rock,
sebbene non innovativi, in tutti gli anni zero, dimenticando come si
fa ad essere ispirati ed originali solo nella diade più recente
Songs of
Innocence/Songs of Experience.
Sì perchè se, per la prima volta nella loro carriera, il disco
precedente era stato solo "carino", salvato dal mestiere e
dalla classe, in quello attuale si fa fatica ad accettare la
sorprendente mancanza di personalità che li porta ad essere talvolta
la parodia di sè stessi, oppure a cercare soluzioni esterne (come
l'affidarsi a produttori hipster) perchè dall'interno mancano idee.
Non di scrittura, chè quando decidono di essere dei dubliners
con l'adolescenza nei '70 abbracciano la semplicità e producono il
meglio dell'album (sebbene già ampiamente ascoltato nella loro
splendida discografia: vedi The
Showman, You're The Best Thing About Me, Summer of Love).
Mancano arrangiamenti e direzione ("it feels like U2's greatest
aspiration is to be as graceful as Coldplay", All Music): il
loro rock da arena, che pure li ha visti tra i massimi esponenti, è
attualmente tronfio e dozzinale persino per gli adolescenti di oggi,
e brani innodici ma sciapi come American
Soul, Lights of Home, Love Is Bigger Than Anything In Its Way
ed altri potranno esaltare i cori-singalong allo stadio ma commuovere
solo cuori di bocca buona. Restano scampoli di antica (ma non più
appassionata) classe, ma quel che resta anche dopo ripetuti ascolti è
una carineria a sprazzi, un invito allo skipping, e soprattutto il
crollo delle aspettative per l'attività futura della band (eccetto
quella live, per la quale è giustamente famosa). Per dirla con
un'immagine, gli U2 oggi sono finti come il colore dei capelli di
Bono: peccato, perchè il cervello sotto la tinta resta quello di un
grande artista, le cui priorità nella vita attuale non sono
purtroppo musicali. "For the first time, U2 seem smaller than
life" (All Music).
Voto
Microby: 6.6
Preferite:
The
Showman, You're The Best Thing About Me, Summer of Love