domenica 29 novembre 2009

Desert Island - Caravan In the Land of Grey and Pink

Canterbury è una città ad una sessantina di miglia da Londra, famosa per essere stata l’epicentro di un movimento musicale d’avanguardia negli anni a cavallo del 1970.
La cosa ebbe inizio a metà degli anni sessanta quando giunse a Canterbury, proveniente da Parigi, Daevid Allen, un freak australiano che fece là amicizia con il figlio del suo affittacamere, un ventenne di nome Robert Wyatt che aveva un gruppo rock con Kevin Ayers, i Wilde Flowers.
Una metà dei Wilde Flowers diede origine ai Soft Machine, l'altra metà, formata da David Sinclair (tastiere), il cugino Richard Sinclair (voce e basso), Pye Hastings (chitarra) e Richard Coughlan (batteria) prese il nome di Caravan.
Il loro terzo disco (del 1971) In The Land Of Grey And Pink, in qualche modo ispirato (almeno nella copertina) alla terra di mezzo descritta da Tolkien, non solo costituì il capolavoro dei Caravan ma anche forse l'espressione perfetta della musica progressiva britannica con la sua fusione di rock, jazz e psichedelia. Sicuramente la suite, di oltre 22 minuti, Nine feet underground può essere considerata uno dei manifesti dello stile Canterbury ed uno dei pezzi più belli in assoluto del progressive.
Al momento l’album non vendette bene e Dave Sinclair, che ne era stato uno dei principali artefici, lasciò la band per fondare gli Hatfield And The North. I Caravan proseguirono ancora per diversi anni e diversi album, ma nessun lavoro successivo raggiunse tanta perfezione.
voto: ☆☆☆☆☆(capolavoro)

Free Download - Eels nuovo!

In uscita nel 2010 il nuovo, ottavo, cd: "End Times". Come afferma sul suo sito sarà un disco di un artista che sta invecchiando nel contesto di questi tempi incerti. L'ha registrato su un vecchio nastro a 4 canali nella sua cantina.
Non vediamo l'ora di averlo tra le mani! Nel frattempo scaricatevi questo assaggio...








venerdì 20 novembre 2009

Die Elektrischen Kuriere


Correva l'anno 1977 (circa). Le prime radio libere trasmettevano Animals dei Pink Floyd, Low ed Heroes di David Bowie, Rumours dei Fleetwood Mac, Songs from the Wood dei Jethro. Erano gli ultimi anni del vero, autentico progressive e del pop di Al Stewart; erano gli anni dei Ramones ma anche di Bob Marley, Damned e Clash.
Durante una delle mie pericolose (per il portafoglio) peregrinazioni da Ricordi (il negozio sul Corso poi diventato Iperdue, ve lo ricordate?) uno dei clienti riusciva a convincere (l'impresa era sempre assai complessa, chissà perchè) il commesso a mettere sul giradischi uno strano disco. Io ero lì che scorrevo i vinili gustandomi le copertine di tutti quegli lp quando ad un tratto ascolto una musica mai sentita nè immaginata prima. Era un ritmo elettronico, rilassato, lontano anni luce da tutto quello che avevo ascoltato fino ad allora. Ne rimasi ipnotizzato e mi precipitai a vedere cosa producesse quelle sonorità affascinanti, quasi futuriste. Klaus Schulze, chi era costui? Inutile dire che tirai fuori 5000 lire e me lo portai a casa. E dopo di lui seguirono anche Tangerine Dream, Ash Ra Temple, Neu e soprattutto i Kraftwerk. Il resto della storia è cosa nota: il genere colpì Brian Eno e David Bowie che ne trassero ispirazione per la trilogia berlinese e poi degenerò in quel techno pop che ci avrebbe poi perseguitati per almeno 10 anni. Diventai un appassionato esperto del genere tanto che ancora oggi il buon Guido Biagi si chiede come abbia fatto un ragazzino di 14 anni a proporgli (e assicurargli) un programma radiofonico di musica teutonica presso la sua AltraRadio. Sono passati molti anni e per la maggior parte quei dischi non sono invecchiati bene: rimangono pochi gioielli, come quel Mirage di Klaus Schulze o la grande suite di Autobahn dei Kraftwerk.

Dischi per isola deserta

Recupero una magnifica idea di fabius: consegnare alla storia (in fondo pubblicando su questo blog ne rimarrà, bene o male, memoria perenne) quegli album magnifici passati come meteore, andati magari ormai fuori catalogo, oppure solamente dimenticati dagli anni. Insomma gli album che portereste con voi su un'isola deserta anche solo per ricordare i vecchi tempi. Ciascuno di noi ha le sue debolezze, i suoi vizi ed i suoi scheletri nell'armadio: ciascuno di noi ha anche qualcosa di cui vergognarsi, quell'album che ci piace un casino ma che non abbiamo il coraggio di condividere con gli altri. Beh, il blog è lo spazio per tutto questo. Se non avete voglia o tempo di scrivere un commento non importa: basterà anche solo il nome. Datevi da fare!

sabato 14 novembre 2009

E se volessimo ricordare il vecchio folk inglese?

Il genere è abbastanza tosto: recuperare i vecchi album folk inglesi e riuscire ad ascoltarli per intero è impresa abbastanza difficile. Piccola e modesta guida per chi non ne ha neanche uno e magari vuole farsene un'idea oppure vuole, come il sottoscritto e molti di voi, recuperare i migliori e più significativi:

ESSENZIALI:
Fairport Convention - Liege and Lief
La risposta inglese ai Jefferson Airplane. E' il loro quarto disco: Richard Thompson suona in maniera fantastica ma tutto il gruppo è in stato di grazia. Peccato che dopo l'uscita del disco Ashley Hutchins e Sandy Danny lascino il gruppo.







Nick Drake - Five leaves left
In assoluto il capolavoro di ND, registrato poco prima della sua morte, avvenuta a soli 26 anni nel 1974. Di una malinconia assoluta ma di una bellezza sopraffina. Contiene uno dei brani più belli in assoluto della storia: Way to Blue.








John Martyn - Bless the weather
Il suo modo di fare folk è originale perchè vi ha sempre cercato di incorporare sonorità jazz e blues. Come Nick Drake anche lui non è più tra noi.









RACCOMANDATI:

Richard and Linda Thompson - I want to see the bright lights tonight
William Shakespeare in versione rock. Lasciati i Fairport si è messo a fare musica con la moglie Linda: atmosfere immobili, stranite, evocative.







Martin Carthy - Shearwater
Dicono che abbia influenzato i giovani Bob Dylan e Paul Simon, che sembra abbiano studiato la sua tecnica durante un loro viaggio a Londra. Era il leader degli Steeleye Span.

E' tornato il folk nella vecchia Inghilterra?


Sembra proprio di sì. Sicuramente con sonorità più moderne ed innovative anche se calate nella strumentazione tradizionale. Mumford & Sons ne sono l'esempio più valido: la loro ispirazione è senz'altro il new folkrock oltreoceano dei vari Fleet Foxes, Blitzen Trapper e compagnia bella, in cui gli arpeggi strumentali tradizionali e le ballate più tipicamente bluegrass, incontrano il pop più semplice e naturale. Non ho ancora avuto modo di ascoltare per intero il loro disco "Sigh no more" ma questa Little Lion man è proprio un gioiello!

venerdì 13 novembre 2009

Perchè non vivo a New York?

In due concerti consecutivi, The Wild, The Innocent... e The River suonati integralmente al Madison Square Garden di New York: porca miseria. Speriamo almeno nei Bootleg!

Breve digressione letteraria...

Sono passati 40 anni da quel giorno. Si era alzato alle 4 del mattino e aveva parlato con la madre fino all'alba, poi era andato a farsi una scatoletta di tonno, il suo rimedio contro la sbornia (!!). Improvvisamente un'emorragia gastrica e la morte dopo poco. Allora aveva solo 47 anni e sicuramente senza di lui non ci sarebbe stata gran parte della musica rock, quella che canta i disperati, i vagabondi ed i peccatori: Bob Dylan non sarebbe Bob Dylan, ma neanche Bruce Springsteen o Tom Waits o Willie DeVille, o Neil Young o chissà quanti altri ancora. Rimani nei nostri cuori, Jack Kerouac.

domenica 8 novembre 2009

Di nuovo Bob Dylan......


Raccolgo la sfida e la provocazione del maestro, anche se mettere giù una lista delle migliori 10 del menestrello di Duluth per uno che ha trovato qualcosa di buono anche in album come Saved! e Shot of love non è esattamente una passeggiata.

Comunque ecco qua, ma probabilmente domani avrò già cambiato idea:


10. Most of the time (Oh, mercy)
9. I shall be released (The bootleg series vol. 1-3)
8. Slow train (Slow train coming)
7. Forever young (Planet waves)
6. Jokerman (Infidels)
5. Just like a woman (Blonde on blonde)
4. Don't think twice, it's all right (The freewheelin')
3. Mr. Tambourine man (Bringing it all back home)
2. Blowin' in the wind (The freewheelin')
1. Like a rolling stone (Highway 61 revisited)

Il riciclatore norvegese....geniale!

'sto tizio (Peter Bull) è un mago. La sua unica passione è mixare perfettamente più brani utilizzando come base un un unico pezzo: sul suo sito ce ne sono svariati ed il migliore è senz'altro quello su Viva la Vida dei Coldplay. Anche questo però non è niente male: ci sono Jason Mraz, Howie Day, Five for Fighting, Angela Ammonds (non so chi sia), Boyzone (qua siamo decisamente caduti in basso) e Doors Down.

venerdì 6 novembre 2009

Le 10 migliori di Bob Dylan...

Bene bene, vediamo se riusciamo a creare un pò di discussione. Propongo la mia classifica:





n. 10 Subterranean Homesick Blues (da Bringing it All Back Home)
n. 9 Sweetheart like you (da Infidels)
n. 8 I want you (da Blonde on Blonde)
n. 7 Girl from the North Country (da Freewheelin)
n. 6 All along the watchtower (da John wesley Harding)
n. 5 Positively 4th Street (da Greatest Hits 1)
n. 4 Like a Rolling Stone (da Highway 61 Revisited)
n. 3 Blowin' in the Wind (da Freewheelin)
n. 2 Hurricane (da Desire)
n. 1 Mr. Tambourine Man (da Bringing it All Back Home)

domenica 1 novembre 2009

Phish - Joy

Sono tornati. Nel 2004 Trey Anastasio aveva annunciato lo scioglimento definitivo del gruppo, a suo dire per evitare il rischio di continuare a ripetersi. Dopo 5 anni in cui solo Anastasio aveva prodotto un paio di album veramente buoni, in mezzo ad altri lavori non particolarmente riusciti (in particolare quella schifezza di album tutto chitarra e orchestra) e mentre tutti gli altri del gruppo si erano un pò persi, hanno pensato bene di riprendere l'attività (anche dal vivo) con questo che pertanto rappresenta il 14° album della band. I Phish sono stati più o meno universalmente accostati ai Grateful Dead e, per stare un pò di più ai nostri giorni, alla Dave Matthews Band, sia per la potenza dei loro show che per il seguito di culto dei loro fan. I brani dell'album sono complessivamente molto buoni e, pur non raggiungendo le vette di quelli del classico Billy Breathes, sono tutti destinati ad essere un'ottima base per i loro concerti: in particolare mi sono piaciuti assai "Backwards down the number line" e "Light" mentre mi ha un pò annoiato quello che probabilmente doveva essere il pezzo cult del disco, "Time turns elastic" con i suoi 13 minuti sospesi tra i vecchi Utopia di Todd Rundgren e gli Yes di Tales from topographic ocean.
Complessivamente un buon disco con alcune cose buone ed il solito difetto di mancanza di senso della misura negli arrangiamenti: un disco che comunque non delude e che va annoverato tra i migliori del 2009.
Voto: ★★★★ (buon disco)

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