martedì 31 luglio 2018

COURTNEY BARNETT, ALELA DIANE


COURTNEY BARNETT (2018) Tell Me How You Really Feel

Timbro vocale monocromatico che ben si adatta all’attitudine/estetica slacker (per chi apprezza --e non sono tra quelli-- il cantato tra lo svogliato ed il pigro, senza chiedersi se sia dovuto a snobismo, sufficienza, o scarse qualità tecniche vocali), il secondo album (terzo con quello dello scorso anno cofirmato con Kurt Vile, qualitativamente interlocutorio) della ventisettenne australiana è già materia di discussione come capita alle stars, sebbene underground. Meriti la Barnett ne esibisce in abbondanza, dal momento che poche come lei sanno fondere il garage à-la Velvet Underground con lo slacker loureediano solista, l’urgenza post-punk di Sleater-Kinney, Hole e Breeders, l’hard-grunge dei Nirvana, l’indie-rock dei ’90, l’impeto delle riot grrrls e le icone trasversali Patti Smith e PJ Harvey. Le chitarre ritmiche (modesto lo spazio riservato alla solista, come da protocollo dei generi citati) grattugiate e la voce monocorde riescono incomprensibilmente ad esprimere rabbia orecchiabile, tanto che numerosi sono i singoli indie che la cantautrice (chè tale resta) sforna, al punto da ritrovarsi a canticchiarli nonostante al primo approccio la sua proposta possa risultare ostica. Sconsigliato, da quanto scritto, a chi apprezza arrangiamenti eleganti, armonie vocali raffinate, perizia tecnica e soluzioni strumentali ariose e colorate. Qui si va all’essenza della musica rock, senza abbellimenti di sorta.
Voto Microby: 7.7

Preferite: Need A Little Time, Charity, Hopefulessness


ALELA DIANE (2018) Cusp

Sesto album per la cantautrice californiana (di Nevada City, come Joanna Newsom), il più maturo ma anche il più bello, insieme al debutto The Pirate's Gospel che l'aveva fatta conoscere nel 2006. Ed il più coeso, bilanciato, raffinato nel suo folk-pop bucolico che riconosce tra le muse ispiratrici Sandy Denny, Joni Mitchell e Carole King. É una sorta di concept album partorito (è proprio il caso di dirlo) dopo la propria difficile maternità e che ha per tema la maternità in senso lato. Toccante nei testi, dolce e malinconico nelle melodie, acustico ed asservito principalmente dai tasti del pianoforte piuttosto che dagli arpeggi della chitarra, con arrangiamenti delicati ma non spartani, Cusp ribadisce la classe della cantautrice americana, fuori schema per ogni moda musicale attuale ma che verrà premiata dal tempo, se saprà essere galantuomo. Qui siamo agli antipodi rispetto all'immediatezza grezza e pugnace di Courtney Barnett: non un giudizio qualitativo, entrambe meritevoli.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Moves Us Blind, Ether & Wood, Albatross


sabato 21 luglio 2018

MARLON WILLIAMS, JOSH ROUSE


MARLON WILLIAMS (2016) Make Way For Love



In occasione dell’esordio di Marlon Williams con l’album omonimo nel 2016 scrivevo: “E’ possibile assemblare nello stesso album, anzi nella medesima canzone, Johnny Cash, Brian Wilson, Roy Orbison, Tim Buckley, Wilco? Lo fa, in modo piacevolmente demodè, il 25enne neozelandese al debutto con una serie di covers di brani prevalentemente della tradizione country-nashvilliana. Gli arrangiamenti sono ricchi, poche volte leziosi (ma che sarebbero stati perfetti negli anni ’50-’60), prevalentemente acustici ma talvolta con tocchi di chitarra elettrica in feedback che lasciano intravedere sviluppi più adesi ai tempi correnti, soprattutto nei brani più mossi. Così com’è sembra talmente datato da rischiare l’originalità. Ma ha dei numeri che vanno riconsiderati alla seconda prova.” Il copia-incolla della recensione, ora che siamo al fatidico sophomore album, si impone dal momento che l’artista ha cambiato ben poco del suo stile (solo un poco più acustico ed asciutto) e finalmente osa con un repertorio di canzoni non solo interpretate ma anche scritte (di buono, non eccellente livello). Per ora siamo ancora di fronte ad una promessa, solo parzialmente mantenuta. Come da tradizione, il terzo lavoro fungerà da spartiacque tra un buon cantautore ed un fuoriclasse.

Voto Microby: 7.5

Preferite: Can I Call You, Party Boy, Come To Me




JOSH ROUSE (2018) Love In The Modern Age

L’ascolto del primo brano dell’ultimo lavoro del cantautore americano trapiantato in Spagna sorprende in negativo: come, anche l’intimo ed elegante JR si è venduto al synth pop anni ’80??? Pur non restando un episodio isolato (i suoni sintetici accompagnano quasi tutto il disco, sebbene lo facciano con grazia e senza eccessi), il resto dell’album ci restituisce il Rouse che conosciamo: un piccolo Paul Simon dalla voce vellutata, temi meno universali ma simile raffinatezza melodica. Certo ora è più facile (e corretto) classificarlo “pop” anziché singer-songwriter, ma come per l’ultimo album dei Decemberists non cambia lo stato delle cose: arrangiamenti inconsueti rispetto all’abituale percorso sonoro non inficiano una scrittura ed una fattura generale di qualità. Anche senza raggiungere le vette dei primi album.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Women And The Wind, Businessman, Love In The Modern Age





martedì 17 luglio 2018

Quella sporca dozzina: i migliori dischi dei primi 6 mesi.


MICROBY
Glen Hansard - Between two Shores
Gaz Coombes - World's Strongest Man
Xavier Rudd - Storm Boy
Car Seat Headrest - Twin Fantasy 2018
Mary Gauthier - Rifles & Rosary Beads
In Tall Buildings - Akinetic
Birds of Chicago - Love in Wartime
The Sheepdogs - Changing Colours
Nathaniel Ratelieff & The Night Sweats - Tearing at the Seams
John Oates - Arkansas
Blackberry Smoke - Find a Light
Myles Kennedy - Year of the Tiger

LUCAF
Jon Allen - Blue Flame
Xavier Rudd - Storm Boy
Cosmo Sheldrake - This Much Much How How and I
David Myhr - Lucky Day
Frank Turner - Be More Kind
Gaz Coombes - World's Strongest Man
David Byrne - American Utopia
Glen Hansard - Between two Shores
Jimmy LaFave - Peace Town
Josh Rouse - Love in the Modern Age
Buffalo Tom - Quiet and Peace
Birds of Chicago - Love in Wartime


venerdì 13 luglio 2018

BLACKBERRY SMOKE, NATHANIEL RATELIFF


BLACKBERRY SMOKE (2018) Find A Light

Non inganni l’abbrivio hard rock dell’ultimo album della band georgiana capitanata dal chitarrista e vocalist Charlie Starr: il loro è sempre un blend esplosivo di southern rock, outlaw country, honky tonk, gospel e R&B. A mio avviso il miglior mix di Lynyrd Skynyrd, The Outlaws e The Marshall Tucker Band in circolazione. “Blackberry Smoke sound like veterans in the best possible sense, […] evoking the past without being beholden to it. The result is a splendid little record that simultaneously feels brand new and like a lost gem” (Stephen Thomas Erlewine, All Music). Come da tradizione southern rock la band supporta la pubblicazione di ogni nuovo album con un’incessante (200 date l’anno) attività live, che toccherà quest’anno anche l’Italia (unica data all’Alcatraz di Milano il 18 ottobre). A buon intenditor…
Voto Microby: 7.8
Preferite: Run Away From It All, I’ll Keep Ramblin’, Medicate My Mind


NATHANIEL RATELIFF & The Night Sweats (2018) Tearing At The Seams
La svolta della carriera musicale per Nathaniel Rateliff da Denver, Colorado, è giunta nel 2013, quando da singer-songwriter alla James Taylor si è trasformato in soul singer alla Otis Redding, si è dotato di una sezione fiati coi fiocchi ed ha scritto ed interpretato canzoni tra Blues Brothers, Otis Redding ed il Van Morrison “americano” dei ’70. Il successivo exploit al botteghino e di critica è del tutto meritato, e l’impressione del convincente, attuale Tearing At The Seams è che il nostro dal piedestallo non scenderà facilmente, perché ha qualità da vendere. Musica americana fino al midollo, R&B Stax-style ma che ha radici anche bianche: un nuovo tradizionalista di spessore, per musica ed ascoltatori evergreen.
Voto Microby: 7.8
Preferite: Hey Mama, Say It Louder, Coolin’Out


lunedì 9 luglio 2018

Recensioni al volo: Jon Allen, Mamas Gun

MAMAS GUN - Golden Days (2018)



Gruppo londinese di funky-soul revival attivo da una decina di anni, il cui nome si rifà all’omonimo disco di Erykah Badu del 2000, rappresenta uno dei migliori progetti di recupero del soul/R&B anni ’70 e ’80, con l'obiettivo di ravvivarne l’ispirazione, aggiornandone e modernizzandone i contenuti musicali e testuali. 
Al loro quarto lavoro, il loro sound è perfetto per l’estate, risultando contemporaneamente datato e senza tempo, proprio come avveniva per i pionieri del genere, negli anni ’60 e ’70.  Il loro soul stile Stax (con quei fiati ipnotici…) si alterna a  momenti più lo-fi, contaminazioni smooth rock o ouverture psichedeliche . Nel disco si sentono Stevie Wonder, Prince, Curtis Mayfield o, più modernamente Mayer Hawthorne, i Dap Kings e gli Alabama Shakes. Da ascoltare: You Make my Life a Better Place, The Spooks, We.  Voto:




JON ALLEN - Blue Flame (2018) 

Quarto lavoro per il cantautore inglese, originariamente scoperto da Mark Knopfler: dal suo album di esordio del 2009 era stato estratto un brano  (“Going Home”) utilizzato per uno spot della Land Rover, grazie al quale è riuscito ad autoprodursi i dischi, fondando l’etichetta Monologue. Dopo una serie di concerti a fare da spalla, tra gli altri, a Damien Rice, Seal, Knopfler, Emmylou Harris e Robert Cray, dal folk-blues degli esordi mano a mano il suo stile è evoluto verso un folk-pop elettroacustico a forte impronta soul con tanto di sezione fiati ed archi che gli danno un’impronta quasi morrisoniana.
Riferimenti: Damien Rice, David Grey, Bill Withers, Boz Scaggs, Randy Newman.
Da ascoltare: Jonah’s Whale, Keep on Walking, Since You Went Away. Voto:



domenica 1 luglio 2018

Recensione: Cosmo Sheldrake - The Much Much How How And I (2018)

Che sia un personaggio stravagante mi pare abbastanza indubbio. Multistrumentista 24enne di Hampstead, Londra, ha imparato a suonare il piano (a orecchio) a 4 anni e, con il passare degli anni, ha iniziato a collezionare strumenti (al momento ne sa suonare almeno trenta). Da adolescente sperimenta l’elettronica dandosi per lo più al campionamento ed al looping di musica di ogni genere, diventando un esperto delle più svariate combinazioni musicali, rimaneggiando e improvvisando sonorità da qualsiasi cosa gli passasse sotto le mani (per esempio registrando performance dal vivo all’interno di una lavanderia a gettoni o su un peschereccio). Il padre, biologo, gli insegna la passione per la natura e la madre, che Sheldrake considera sua principale fonte di ispirazione musicale, insegna canto armonico etnico; lui stesso studia antropologia ed è attualmente impegnato a rintracciare i suoni di animali estinti (!).
In questo geniale disco i brani traggono ispirazione da suoni catturati nell’ambiente (treni, scale mobili, pipistrelli, monete, uccelli, gatti, sottomarini) diventando la base di musica dall’accento teatrale, alternando chamber-pop a digressioni jazz, stilemi canterburiani e musica sinfonica. Sheldrake riesce, non si sa come, ad integrare generi, stili e suoni diversi, traducendo il caos musicale in un collage perfettamente armonico di canzoni dall’impronta pop-art. Un album musicalmente ricco e complesso ma che sicuramente va considerato come uno dei migliori debut-album dell’anno. Il rimando più chiaro sono gli Alt-J, ma anche Woodkid, Sufjan Stevens, Michael Nyman.  Da ascoltare: Linger Longer, Wriggle, Come Along. Voto: 1/2


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