mercoledì 28 ottobre 2015

A THOUSAND HORSES, JESSE MALIN, CHAMPS


A THOUSAND HORSES (2015) Southernality

Bel debutto su lunga distanza per la band del Tennessee guidata dalla voce roca e maschia di Michael Hobby e dalla calda tecnica del lead guitarist Bill Satcher. Nonostante l’origine, il country di Nashville resta confinato a qualche tocco di chitarra acustica e di slide, mentre il titolo del lavoro non lascia equivoci circa l’orientamento musicale: puro southern rock in stile Black Crowes e Lynyrd Skynyrd, con una forte propulsione mainstream grazie a spunti hard alla Aerosmith, a ballads in odore Bon Jovi, a parentesi country-pop che li affianca a Blackberry Smoke e Whiskey Myers tra i nomi da tenere d’occhio riguardo al nuovo rock sudista. Prodotti da Dave Cobb (già dietro la consolle di Jason Isbell, Chris Stapleton, Anderson East): altra garanzia di qualità.
Voto Microby: 7.8
Preferite: First Time, Smoke, (This Ain’t No) Drunk Dial
 
 

JESSE MALIN (2015) New York Before The War

Nove album, mai meno che buoni, in una carriera da solista iniziata nel 2003 per il 47enne cantautore rock newyorkese. Non ha mai raggiunto il grande pubblico ma il suo power pop/rock urbano, spesso teso e notturno nei brani più aggressivi e da prime luci dell’alba nelle ballads, non ha mai smesso di affascinare chi ama Tom Petty, Bruce Springsteen, Elliott Murphy, suoi riferimenti musicali. Con uno stile, e forse sta qui il fascino inattuale del nostro, che passa indifferentemente attraverso gli anni ’60, i ’70, gli ’80, sempre colpendo nel segno. Una conferma.
Voto Microby: 7.6
Preferite: The Dreamers, She’s So Dangerous, Freeway
 
 
 
CHAMPS (2015) Vamala

I due fratelli David e Michael Champion dall’isola di Wight bissano l’esordio dello scorso anno con il loro folk-pop gentile, caratterizzato da melodie soavi ed armonie a 2 voci pre-adolescenziali (se non efebiche) che ricordano la scrittura di Simon & Garfunkel, evitando il calligrafismo alla Milk Carton Kids grazie ad arrangiamenti che intrecciano il folk del duo sixties con il pop degli eighties. In punta di piedi, come già hanno fatto The Lilac Time e The Beautiful South, ma anche il new acoustic movement nei ’90 (Kings of Convenience), ma con un tocco di elettronica delicata che li fa galleggiare in modo atemporale. Piacevoli nella loro innocente leggerezza, decisamente cinematici e con un sacco di potenzialità ancora inespressa.
Voto Microby: 7.4
Preferite: The Balfron Tower, 3000 Miles, Running





 

venerdì 16 ottobre 2015

I MIEI PEZZI DA SALVARE DEL 2015 - parte seconda

"The way (I used to know)"  FINISTER  (Album "Suburbs of mind") -
"First kiss"  KID ROCK  (Album "First kiss") -
"Last tango on 16th street"  BOZ SCAGGS  (Album "A fool to care") -
"The call"  NEAL MORSE BAND  (Album "The great experiment") -
"Beautiful day"  JOSHUA RADIN & SHERYL CROW  (Album "Onward and sideways") -
"You kill me with silence"  DURAN DURAN  (Album "Paper gods") -
"Night games"  DARKNESS FALLS  (Album "Dance & cry") -          
"Heart of stone"  MARIO BIONDI  (Album "Beyond") -
"Degency"  BALTHAZAR  (Album "Thin walls") -
"Krk blues"  ALOA INPUT  (Album "Mars etc")


mercoledì 14 ottobre 2015

MELODY GARDOT, OLIVIA CHANEY


MELODY GARDOT (2015) Currency of Man

Sdoganato e apprezzato da decenni, sia dai jazzofili che dai rockettari, il jazz fumoso, notturno, alcoolico, da piano bar (Tom Waits in assoluto e Paolo Conte in Italia gli esempi più fulgidi), lo snobismo bipartisan rock e jazz ha sempre poco considerato i territori di confine, generalmente virati al femminile (se si eccettua l’importante capitolo dei “crooners” alla Frank Sinatra, Harry Connick Jr., Nat King Cole, Bing Crosby, Dean Martin fino al contemporaneo Michael Bublè… mi perdonino i precedenti!), in cui si intersecano il pop-rock sofisticato e la canzone d’autore da jazz-club. Confini peraltro sempre più labili, come dimostrano non solo gli arrangiamenti (si cerca lo swing nel jazz, il groove nel rock, il refrain catchy nel pop, ma è questione di lana caprina) ma anche i dati di vendita, che vedono le varie Diana Krall, Madeleine Peyroux, Cassandra Williams ed appunto Melody Gardot affiancare le interpreti pop rock più stimate. Eppure, per venire al 5° album dell’americana, al solito bello, deve essere un amico a passarmelo perché ascolti qualcosa oltre il “mio” ambito di interesse musicale (peraltro già eccessivamente ampio). E allora godo di ottime canzoni, dagli arrangiamenti raffinati ma swinganti, suonate benissimo, godibili anche in auto e non solo al Blue Note, e penso che Melody Gardot non sia musicalmente così distante da Laura Marling, Rickie Lee Jones, Sophie Zelmani, Laura Mvula, Anna Luca. Con partiture così geometriche, arrangiamenti puntuali, esecuzioni misurate, assoli concisi, e lo swing che incontra il groove, Currency of Man rappresenta il lavoro più soul-pop-rock-(jazz) della Gardot. Certamente quello che la proietta fuori dagli angusti confini della jazz-singer.
Voto Microby: 7.9
Preferite: Preachermen, Don’t Talk, Morning Sun

 
OLIVIA CHANEY (2015) The Longest River

Nata a Firenze ma cresciuta ad Oxford, dove ha compiuto gli studi musicali per piano, violoncello e voce, la Chaney si è sempre dedicata ad una rilettura colta della musica folk inglese, con rimandi che vanno dalla Sandy Denny più intima alle prove delle Unthanks. Ma non è meno rilevante l’influenza della più grande cantautrice acustica e trasversale di sempre, Joni Mitchell. Giunge solo ora, a 32 anni, al debutto su lunga distanza: e si resta con la curiosità di ascoltarla con arrangiamenti meno scarni (voce, piano, violoncello, harmonium), che in questa prima prova la costringono ad un pubblico di appassionati del genere. Per palati fini.
Voto Microby: 7.2
Preferite: Imperfections, Swimming In The Longest River, Too Social

lunedì 12 ottobre 2015

Recensioni: Joe Jackson, John Grant, Dave Rawlings Machine

JOE JACKSON - Fast Forward (2015)
A 7 anni dal precedente “Rain” e dopo un inquietante tributo a Duke Ellington, JJ torna alla grandissima. Coinvolge il geniale Bill Frisell, Regina Carter, Earl Harvin (Tindersticks), tre membri dei Galactic e molti altri per registrare in 4 città diverse (New York, Amsterdam, Berlino e New Orleans) facendosi affiancare da un set di musicisti sempre differente (un po' come fecero i Foo Fighters per Sonic Highways del 2014).  Nonostante il possibile rischio di incoerenza musicale, JJ mantiene gli arrangiamenti sempre ordinatamente sottomessi alle sue tastiere ed alla sua voce. Nel gruppo New York Frisell ed il batterista Brian Blade danno supporto a “Fast Forward” e “See no Evil” (cover dei Television); in quello di Amsterdam si fanno apprezzare il pop di “A Little Smile”, l’evocativo “Far Away” ed il latin jazz di “So you say”. A Berlino la stupenda “Junkie Diva” (sembra venir fuori da Katy Lied degli Steely Dan) e “Good Bye Jonny” (il brano forse meno riuscito dell’album). Infine New Orleans ed i Galactic, notevoli nel brano finale del disco “Ode to Joy”, con Beethoven rivisitato in chiave upbeat.
Probabilmente il miglior disco di JJ degli ultimi 20 anni. Voto: ☆☆☆☆ 


JOHN GRANT - Grey Tickels, Black Pressure (2015)
Dopo lo scioglimento degli Czars mai in realtà emersi dal ruolo di eterne promesse e affogati tra litigi ed abusi vari, John Grant ha continuato la propria carriera essenzialmente come supporto a band di rock alternative quali Midlake e Flaming Lips. Proprio grazie ai Midlake, JG pubblicò il bellissimo Queen of Denmark (disco dell’anno per il nostro blog nel 2010) e successivamente l’insolito Pale Green Ghosts, poco convincente sulle tracce elettroniche dancefloor ma assai meglio sui brani acustici evidentemente a lui più congeniali (vedasi recensione di Microby sul blog). Come già accaduto nel disco precedente, anche in questo disco deriva nel pop elettronico, ma solo saltuariamente; fortunatamente invece il disco è per lo più caratterizzato da ispirate tenui ballate pop, spesso screziate di jazz, quali la title-track e la bellissima “Geraldine”. Del resto l’aveva dichiarato nello scorso album:  “I am the greatest motherfucker that you ever gonna meet”. Ora speriamo continui a riprendere quota tornando agli antichi fasti. Voto: ☆☆☆1/2


DAVE RAWLINGS MACHINE - Nashville Obsolete (2015)

Al suo secondo album, il compagno ed alter-ego di Gillian Welch, rimette insieme la band insieme a Willie Watson degli Old Crow Medicine Show, Paul Kowert dei Punch Brothers e Brittany Haas degli Crooked Still. Gillian rimane sempre la sua migliore collaboratrice, supportandolo con discrezione, suonando la chitarra e accompagnandolo alla voce ma soprattutto assicurandogli un apporto melodico ed armonico. Il riferimento assoluto è Neil Young ma anche Levon Helm, Townes Van Zandt e Bob Dylan. Sette brani tra cui svettano l’epica dylaniana The Trip, di oltre 10 minuti, Short-Haired Woman Blues (con un riff che ricorda My My Hey Hey di Neil Young) e Pilgrim You Can’t Go Home. Country di classe. Voto: ☆☆☆1/2

sabato 3 ottobre 2015

I miei pezzi da salvare del 2015 - parte prima

"Musica"  JOVANOTTI & MANU DI BANGO (album "Lorenzo 2015")                                                     "Traveller"  CHRIS STAPLETON (album "Traveller")                                                                                   "Go"  CHEMICAL BROTHERS (album "Born in the echoes")                                                                     "Solo in una"  SERENA BRANCALE (album "Galleggiare")                                                                       "Betray my heart"  D'ANGELO & THE VANGUARD (album "Black messiah")                                       "Just a fallen angel"  SERGIO CAPUTO (album "Pop jazz and love")                                                            "Higher and higher"  GALACTIC (album "Into the deep")                                                                            "Blue"  LEANN RIMES (album "All the greatest hits")                                                                                  "Glory road"  WARREN HAYNES (album "Ashes and dust")                                                                  "Still life"  COEZ (album "Niente che non va")

                                                                                  

venerdì 2 ottobre 2015

Nuovo arrivo sul blog.

Ciao. Dopo aver passato gli ultimi vent'anni della mia vita all'interno di una attività commerciale nell'ambito musicale, ritengo di essere in grado di consigliare/suggerire a chi legge quali canzoni ascoltare in alternativa alle moltissime altre proposte a ripetizione dalle radio. Partirei da questi due concetti. Il primo: le note sono solo sette, quindi purtroppo ormai nessuno inventa più nulla di innovativo, eccezion fatta per sperimentazioni   ambientali rumorose, esoteriche, indielettroniche, e via dicendo. Il secondo: la consapevolezza di sapere perfettamente quanto sia soggettivo e variabile il giudizio di chi ascolta musica, e quanto possa essere bello e piacevole un pezzo per un paio di orecchie e detestabile per altre due. Io posso soltanto dare il seguente  modesto suggerimento: cercate di ascoltare i pezzi più di una volta e soprattutto in diversi contesti. In cuffia, in auto, in montagna, al mare, in compagnia, perchè vi assicuro che le orecchie e il cervello analizzano e radiografano la musica diversamente per via delle differenti visioni visive. Di fatto, ogni ascolto riserva delle incredibili sorprese con ribaltamenti finali di opinioni. Il sottoscritto non ama i pezzi troppo commerciali e odia sentire uscire ripetutamente dagli altoparlanti radiofonici gli stessi brani no-stop a tutte le ore del giorno. Detto ciò, eviterò di postare liste di pezzi con caratteristiche del già sentito, o quantomeno darò più spazio ad artisti sconosciuti e alle canzoni più originali, indipendentemente che provengano da italiani o da stranieri. Approfitterei di questa mia "prima volta" mensile per postare pezzi alla rinfusa usciti nei primi nove mesi dell'anno in corso.

giovedì 1 ottobre 2015

Rencensioni: Ben Folds, The Phoenix Foundation, Jackie Greene

BEN FOLDS - So there (2015)
Sappiamo che Ben Folds è sempre stato interessato a collaborazioni di ogni genere: dopo quella con Nick Hornby di Lonely Avenue del 2010 in questo nuovo album la partnership è con la Brooklyn Chambers Ensemble per una serie di “chamber rock songs” e con la Nashville Symphony Orchestra per alcuni movimenti (Concerto per piano e orchestra) di impronta Gershwinesca. E’ superfluo sottolineare che i brani più interessanti sono proprio quelli pop con le splendide “Capable of Anything”, “Not a Fan” e “Phone in a Pool”. Voto: ☆☆☆1/2.


THE PHOENIX FOUNDATION - Give up your dreams (2015)
Sesto album in quasi 20 anni di carriera per il gruppo neozelandese, un mix di power-pop, psichedelia west-coast ed elettronica, per una sorta di techno-country molto originale ed intrigante. Rispetto ai precedenti lavori la differenza sta proprio nella sostanziale assenza di strumenti acustici in favore di una gagliarda sezione ritmica che va a rafforzare le loro divagazioni psych-rock alla Fleet Foxes o i cori alla Polyphonic Spree. Una menzione al titolo geniale di un brano (“Bob Lennon John Dylan”). Album discreto. Voto: ☆☆☆





JACKIE GREENE - Back to birth (2015)
Questo suo ottavo lavoro, a 5 anni dal precedente, è stato prodotto da Steve Berlin dei Los Lobos, già in verità coinvolto nei precedenti American Myth e Giving Up The Ghost. Durante quest'intervallo è stato il chitarrista dei Black Crowes (rimpiazzando Luther Dickinson) e ha collaborato con Chris Robinson, Bob Weir e Joan Osbourne.

I suoi primi dischi erano improntati soprattutto al folk ed all’acustica ma a partire da American Myth il suo piglio da rocker ha decisamente avuto il sopravvento, facendoci ricordare il migliore John Mellencamp. Un disco appassionato, limpido, rootsy, ricco di blues-soul e di groove a tratti southern-rock. Voto: ☆☆☆☆

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