mercoledì 26 giugno 2019

STRAND OF OAKS


STRAND OF OAKS (2019) Eraserland



Siamo al decimo anno di carriera per Timothy Showalter, unico titolare del progetto Strand of Oaks, ed ogni album ha migliorato quello precedente. Innamorato dei suoni elettroacustici degli anni ’70 così come del synth-pop degli ’80, le sue ricette musicali hanno sempre sposato il classic rock con l’indie rock , ma l’amore per i suoni sintetici degli eighties ha comportato dismetrie talvolta kitsch negli arrangiamenti, a scapito dell’omogeneità del tutto. La scrittura tuttavia è sempre stata di livello più che buono. D’altra parte non è l’equilibrio che si chiede ad un artista dalla vita personale quantomeno disordinata e che dichiara come principali influenze musicali Neil Young con i Crazy Horse, Kate Bush ed i Tangerine Dream (!). Con Eraserland sembra che l’artista originario dell’Indiana abbia trovato la corretta proporzione di ingredienti, con canzoni intense di heartland rock, prevalentemente chitarristiche ed elettriche, misurati tocchi di synth umano e non gommoso come in passato, globalmente più vicina nel risultato finale ai Waterboys dell’ultimo lustro piuttosto che agli attuali, troppo metronomici The War On Drugs, cui spesso la produzione musicale di Showalter è stata accostata. Showalter non rinuncia ad un tocco di eccentricità, chiudendo il lavoro con un brano tra lo space rock e l’ambient di quasi venti minuti. Ma nel complesso l’album suona al solito non studiato, ma spontaneamente e sinceramente naif, pronto a scaldare i cuori più che a sollecitare i neuroni. Consigliato.
Voto Microby: 7.8

Preferite: Moon Landing, Weird Ways, Ruby

venerdì 21 giugno 2019

THE WATERBOYS


THE WATERBOYS (2019) Where The Action Is

Dalla rinascita qualitativa che ha caratterizzato l’ultimo lustro, a suon di rock-soul anche mainstream (di rango), la band scozzese saldamente nelle dotate mani di Mike Scott segna il primo passo a vuoto pleonastico, più che debole. Gli ingredienti musicali sono i medesimi dell’eccellente Modern Blues (2015) e dell’ottimo Out of All This Blue (2017), tuttavia difficilmente una delle canzoni di Where The Action Is avrebbe trovato spazio nei due precedenti lavori, vista la qualità (compositiva innanzitutto) chiaramente inferiore. Al punto da far pensare che l’attuale sia un album di outtakes dei precedenti (tuttavia non dichiarato dagli autori), fatto che giustificherebbe anche la scarsa omogeneità del progetto, costituito da un pout-pourri di brani R’n’B, punk-pop, heartland rock, folk-rock celtico, di ballads cantautorali, o di poetry di derivazione letteraria. Livello qualitativo discreto e sensazione comunque di spontaneità festaiola in famiglia, più che prodotto calcolato per il mercato. Nulla tuttavia che porti il risultato finale oltre il già ascoltato. I nostri sanno fare ben di meglio.
Voto Microby: 7.2
Preferite: In My Time on Earth, Where The Action Is, Piper At The Gates of Dawn

domenica 16 giugno 2019

Recensione: Bruce Springsteen - Western Stars (2019)

BRUCE SPRINGSTEEN . Western Stars (2019)


E’ difficile riuscire a recensire un disco del genere, così diverso da ciò cui siamo stati abituati. Ascoltandolo più e più volte tuttavia non riesco a levarmi da dosso una sensazione di ansia e di appesantimento, emotivamente lontana da tutto ciò che avrei mai potuto pensare di una sua evoluzione musicale. Evidentemente i grandi vecchi sentono il bisogno di celebrare alcuni tra i loro riferimenti giovanili (e Bob Dylan, infatti, ha fatto lo stesso nei suoi ultimi dischi sinatriani). Un disco dalla veste decisamente pop orchestrale, volutamente ispirato alla musica californiana anni sessanta e settanta, con riferimenti a Glen Campbell, Burt Bacharach, Jimmy Webb, John Denver e compagnia bella. E’ un pò come se, che so, De Gregori, si mettesse a ispirarsi a Bruno Martino o Gino Paoli o ripescasse arrangiamenti di Gorni Kramer o Lelio Luttazzi. Niente di immorale, per carità, ma ridatemi la E Street Band.  
Voto:


mercoledì 12 giugno 2019

NILUFER YANYA


NILUFER YANYA (2019) Miss Universe



Si fa un gran parlare del debutto su lunga distanza di questa ventitreenne londinese, di padre turco e madre antillana (Barbados), entrambi artisti. Ed in termini solo positivi. Nonostante melodie ad alto potenziale radiofonico, gli arrangiamenti non suonano lineari e facilmente fruibili (solo ad un ascolto distratto le canzoni di NY appaiono semplici), né aiuta l’estrema varietà dei generi affrontati (indie-rock, alt-pop, electro-pop, nu-soul, alt-R’n’B), o la proposizione di 12 brani intercisi da 5 brevi e pleonastici interludi che interrompono la fluidità del lavoro. Sia i testi che le soluzioni musicali, così come la voce utilizzata su più registri anche nel medesimo brano, comunicano aggressività inibita, adrenalina trattenuta, ansia palpabile, come un’adolescente che non sa con chi può confidarsi e fino a che punto può fidarsi del mondo. Meglio la prima parte, nutrita dagli echi dei più morbidi Pixies, P.J. Harvey e Mitski, che la seconda in cui prevale l’influenza nu-soul alla Frank Ocean (sebbene personalizzata). L’impressione di testa è che ben 8 produttori diversi abbiano nuociuto all’amalgama, piuttosto che colorato le diversità di genere (un produttore inglese mirato, butto lì un John Parish, penso avrebbe potuto cavare dal cappello un capolavoro). Ma l’impressione di cuore è che di questa talentuosa inglesina sentiremo parlare ancora a lungo.
Voto Microby: 8

Preferite: In Your Head, Paralysed, Angels

giovedì 6 giugno 2019

Recensione: Weeping Willows - After Us (2019)

WEEPING WILLOWS: After us (2019)

Ottavo album per il gruppo svedese, in oltre 20 anni di carriera: tra i migliori esponenti continentali di baroque pop melodico, Magnus Carlson e soci per questo lavoro hanno prodotto una sorta di concept album sui cambiamenti climatici (del resto, con Greta Thunberg, la Svezia è assurta a nazione guida nel sottolineare il nostro disastroso impatto ambientale). Album prodotto da Barry Adamson (fondatore dei Bad Seeds, il gruppo di Nick Cave e collaboratore di Iggy Pop e David Lynch), che ne conferisce un’impronta quasi cinematografica ispirandosi a Scott Walker ed Ennio Morricone. Un disco di ottimo pop, impreziosito da atmosfere retro-soul, country e jazz 
Rimandi: Style Council, Morrissey, Ryan Adams, ma soprattutto Divine Comedy e Richard Hawley.
Da ascoltare: There's No Hiding Place, Let Go, Endless Sleep. Voto: 1/2


sabato 1 giugno 2019

Recensione Josh Ritter - Fever Breaks (2019)

JOSH RITTER - Fever Breaks (2019)

Al decimo lavoro in 20 anni di carriera, in quest’ultimo album prodotto da John Isbell e con l’aiuto della sua fedele backing band 400 Unit, il folksinger dell’Idaho allarga la sua ispirazione dalle sue tradizionali ballad acustiche “Americana”, al blues-rock ed al country-pop. Sempre all’inseguimento del suo mito Bob Dylan, Josh si lascia stavolta trascinare dalle cure musicali di Isbell virando verso ispirazioni decisamente più roots e southern e appoggiandosi ed arrangiamenti più avvolgenti.  Da segnalare i brani The Torch Committee, una specie di crescendo lirico tra Leonard Cohen, Ryan Adams e Nick Cave, e All Some Kind of Dream, stupenda ballata tipicamente dylaniana.
Ennesima conferma di un ottimo cantautore, meritevole di ben altri successi, vitale e ricco di idee: sicuramente tra i migliori album country-folk dell’anno.

Da ascoltare: All Some Kind of Dream, The Torch Committee, Silver Blade. Voto: 1/2

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