MARK
EITZEL (2017) Hey Mr. Ferryman
Da
sempre considerato una delle migliori penne d’America, sia quando
con le sue liriche personali ed intelligenti e con melodie più
elettriche delle attuali ci deliziava con gli American
Music Club
(una decina di album tra il 1986 ed il 2008), sia nella carriera
solista perseguita in contemporanea (un’altra decina di album tra
il 1991 e l’attuale, a cinque anni dal precedente), con Hey
Mr. Ferryman
il cantautore malinconico, oltre che per vocazione e temi trattati
(la vita e l’amore) anche per il timbro vocale, riesce a darci una
delle sue prove più convincenti. La produzione e le chitarre
(prevalentemente acustiche, ma con adeguati rinforzi elettrici)
dell’ex-Suede Richard
Butler
non solo non guasta la scrittura (nei suoni non vi è traccia di
brit-pop né di glam), ma la accompagna e sottolinea con sapienza e
delicatezza. Un album, dolce nella sua spontanea malinconia, perfetto
per i crepuscoli autunnali ma altrettanto adatto al risveglio
primaverile contingente.
Voto
Microby: 8
Preferite:
The
Last Ten Years, An Answer, Nothing And Everything
NADIA
REID (2017) Preservation
Faccia da ex-secchiona che non faceva copiare i compagni, da grande intristitasi come impiegata statale e casalinga TV-dipendente (non è la sua biografia, è solo come si lascia immaginare), la neo-zelandese neo-malinconica conferma nei fatti piuttosto che nella fisiognomica tutto quanto di buono si era scritto di lei all’esordio 2 anni fa: scrittura ed interpretazione che vanno dalla prima Suzanne Vega all’ultima Laura Marling, passando tra la Cat Power acustica e la Marissa Nadler meno intimista, attraverso canzoni mai meno che buone, che tuttavia perdono un filo di brillantezza nella visione d’insieme, a causa di una voce monocromatica che non riesce ad andare oltre la malinconia (mai malinco-noia).
Voto
Microby: 7.6
Preferite:
The
Arrow And The Aim, Right On Time, The Way It Goes
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