venerdì 16 aprile 2010

Willie Nile in concert

Pensavo a "Cell Phones Ringing (in the pockets of the dead)", tratta dal suo penultimo album "Streets of New York": in fondo può essere considerata un suo manifesto, l'ennesima dimostrazione del suo amore verso la città. Willie Nile, anche se nato a Buffalo, vive da sempre a New York, cresciuto in una famiglie irlandese in cui i genitori ascoltavano per lo più musica classica e vaudeville mentre lui ed i suoi fratelli solo rock'n'roll. Appena possibile lascia Buffalo e si trasferisce a vivere nel Greenwich Village da dove con la sua chitarra se ne andava a suonare ora al CBGB (in quegli anni vi suonavano spesso Patti Smith, i Television, i Ramones ed i Talking Heads...), ora al Cornelia's Street Cafè. Il suo primo disco "Willie Nile" è del 1980, ed è un inno al Bob Dylan elettrico ed al Bruce Springsteen di "Darkness". Il disco viene incensato dalla critica come uno dei migliori lavori folk-rock di quell'epoca. Il suo secondo "Golden down" è la celebrazione elettrica di New York: da allora lo chiamano "a one man Clash" per sottolinearne la vena rockeggiante. Da quel disco in poi succede qualcosa: rimane incastrato in una serie di beghe con la casa discografica (Geffen) e la sua carriera si incarta per un bel pò di tempo. Nel 1991 finalmente pubblica "Places where I've never been", con tanti amici ad aiutarlo (Richard Thompson, Roger McGuinn, Loudon Wainwright III) mentre negli anni successivi si diverte a suonare in giro per il mondo ed a collaborare con sbarbatelli alle prime armi (Springsteen, Ringo Starr, Elvis Costello, Who, Ian Hunter, ecc. ecc.) fino a "Beautiful Wreck of the world" nel 1999 disco in cui spicca un brano dedicato a Jeff Buckley ("On the road to calvary").
In ogni caso, a mio parere, gli ultimi due album rappresentano il punto più alto della sua carriera: Streets of New York prima, House of a Thousand Guitars poi, rappresentano il vero inno d'amore al rock, a New York ed alle sue radici irlandesi.
Buon concerto a tutti.

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