BRENDAN BENSON (2012) What
Kind of World (Il membro più pop dei Raconteurs pareggia per qualità lo
sforzo solistico contemporaneo di Jack White, ovvero la metà rock. Buon album,
anche se entrambi danno il meglio di sé quando lavorano in sinergia) 7.5/10
JACK WHITE (2012) Blunderbuss (All’esordio solistico dopo tanti progetti paralleli, il grande Jack
propone il noto mix di rock, country e blues dai toni ruspanti, a base di chitarra elettrica acida, voce nasale e
tastiere enfatiche, che siano elettriche o acustiche. Peccato non abbia osato
alcuna evoluzione rispetto alle ultime produzioni dei White Stripes (eccetto la benedetta sostituzione, con vari turnisti, di Meg alla
batteria), alle quali è qualitativamente paragonabile) 7.5/10
JOHN MAYER (2012) Born And
Raised (Ritorno a sonorità più acustiche ed intime, alla Jack
Johnson, senza dimenticare lo swing blues, il tocco
morbido dell’elettrica e la voce carezzevole che lo hanno fatto accostare a
ragione al Clapton pop-blues più ispirato.
Ed un ritorno alla classe degli esordi) 7.7/10
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE
(2012) Americana (Da un genio che rivisita con
l’approccio di Zuma molti noti traditionals del folklore americano era lecito attendersi più che un semplice divertissement, come risulta essere alla resa dei conti Americana: 4-5 belle interpretazioni, con l’elettrica del Giovane a sollevarsi dalla
media, ma anche imbarazzanti cori da sagra parrocchiale. Come ad una festa tra
amici, semplice e senza pretese) 6.9/10
NORAH JONES (2012) Little
Broken Hearts (Alla quinta fatica da solista
l’americana si fa produrre da Danger Mouse e pubblica il suo album più pop, lavorando di sottrazione in brani brevi, con batteria metronomica,
elettronica elementare, chitarre scarne, libertà strumentale al minimo
sindacale. E soprattutto manca la sua vena country-jazz-soul) 7/10