sabato 9 giugno 2012

Bruce Springsteen, Milano, 7 giugno 2012

Ogni volta che vado ad un suo concerto è sempre meglio della volta precedente o per lo meno sembra sempre così: di concerti ne ho visti tanti ma mai, mai, mai si potrà pensare di vederne uno meglio dei suoi. Lo so che lo si dice sempre e che è difficile farlo capire a chi non lo ha mai visto: ed anche stavolta ci saranno i soliti sorrisi accondiscendenti.
La prima volta era stata nel 1985 per quel mitico primo concerto in Italia ai tempi di Born in the USA; da allora ce ne sono stati tanti altri ma quelli di Milano-S.Siro sono sempre stati i più speciali. Nel 2003, l'anno del tour di The Rising, un acquazzone formidabile aveva letteralmente inondato lo stadio e lui stesso era sul punto di interrompere il concerto ma come lui stesso affermò "non uno di quei 60.000 pazzi italiani si è mosso di un centimetro, e così abbiamo continuato ed è venuto fuori quello che io considero uno dei migliori cinque concerti della mia vita". Nel 2008 fu un concerto incredibile, pieno di insperata energia con il pubblico impazzito a fare richieste di brani impossibili, ma lui niente, non un problema, ad inanellare tutta una serie di pezzi da far resuscitare i morti.
Quello di ieri è stato l'ennesimo concerto memorabile ed anche in questa occasione l'entusiasmo di tutti l'ha fatto diventare un evento epico: 60.000 persone, audio accettabile, 33 brani filati per 3 ore e 40 minuti di concerto senza interruzioni, il secondo più lungo di sempre dopo quello del capodanno 1980 al Nassau Coliseum. E pensare che l'altra volta i residenti di San Siro avevano denunciato il promoter per uno sforamento di 22 minuti: se protestano ancora la prossima volta tira le due.
Non è stato un semplice concerto ma la dimostrazione dell'essenza stessa del rock:  Bruce dimostra la sua voglia di rinnovarsi stando vicino a tutte le generazioni: il black-sound, il folk, il rock&roll, sempre con la forza dei suoi classici sparati a raffica. Ancora una volta Springsteen ha dimostrato di essere meglio di chiunque altro, meglio di Elvis, meglio di John e Paul, meglio di Bob, meglio di Neil.
Ho gioito con Out in the streets, The promised land e Schackled and Drawn, mi sono emozionato come un bambino alle note di Candy's Room, the River e The promise (in una memorabile versione piano e voce), sono salito in cielo sulle note di Johnny 99 e Land of Hope and Dreams, mi sono commosso quando mio figlio di 13 anni vicino a me è schizzato in aria alle note di Badlands, Darkness on the edge of Town e Born to Run.
E poi tutte quelle improvvisazioni, tutti quei giochi con il pubblico, la bimba che sale sul palco a cantare Waitin' on a sunny day, la ragazza che viene abbracciata e baciata, il commovente ricordo di Clarence Clemons e Danny Federici, la chitarra suonata a strascico dai fan delle prime file, l'amichevole rimbrotto alla E Street Band al terzo tentativo di attacco di No Surrender, l'investitura di Jake Clemons come futuro erede del suo grande zio Clarence, la sua riconoscenza verso il pubblico di Milano "This place is special for us".
Tutte cose da ricordare, per sempre. Così come dobbiamo ricordare per sempre quegli uomini là sul palco, inevitabilmente scalfiti dagli anni, ma sempre orgogliosi, e soprattutto così profondamente umani. Grazie Bruce: ti vogliamo bene.

2 commenti:

microby ha detto...

Che invidia! Non l'ho mai visto live...
Ma eri nel pit?
Anche la foto è molto bella. Tua?

lucaf ha detto...

Se non l'hai mai visto allora mi impegno formalmente a portarti con me a tutti i costi. Il rock lo puoi sentire in tanti modi ma non puoi dire di averlo visto, né che ti sia entrato nell'animo se non hai mai ballato ad un concerto di Springsteen.
La foto non è mia...magari fossi stato a tiro di quella foto (non ho più l'età per starmene a prato....).

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