venerdì 24 agosto 2012

MINIRECENSIONI: Regina Spektor, Kelly Hogan, Counting Crows, Dr. John, The Tallest Man On Earth

REGINA SPEKTOR (2012) What We Saw From The Cheap Seats (La fuoriclasse dell’anti-folk newyorkese, trapiantata nella grande mela con la famiglia moscovita all’età di 9 anni, continua a deliziarci con un cantautorato intelligente e vario, come al solito guidato da pianoforte, che sia acustico o elettrico sempre con eccellenti risultati, dalla ballata languida al reggae lieve, dall’impegno sociale alla fuga nel cinema. Osa arrangiamenti bizzarri sapendo di poterselo permettere, ed il risultato è il suo album migliore. E’ definitivamente una grande, sempre più lontano da Tori Amos ed émule, e sempre più sulla scia di Randy Newman) 8.8/10

KELLY HOGAN (2012) I Like To Keep Myself In Pain (Membro fisso della band di Neko Case con sporadiche incisioni in proprio –la precedente è del 2001--, la Hogan deve avere carisma da vendere per aver convinto gente del calibro di Vic Chesnutt, M.Ward, Andrew Bird, Stephin Merritt, John Wesley Harding, Robyn Hitchcock a scrivere canzoni per lei, e Booker T. Jones a suonare l’organo nell’ultimo lavoro. Tutto al servizio di un talento interpretativo versatile ed insieme classico in un mix riuscitissimo di pop, soul e country) 8/10

COUNTING CROWS (2012) Underwater Sunshine (Il 6° album in studio della band di San Francisco è di sole covers, in parte a causa dei disturbi mentali del leader Adam Duritz emersi dopo la separazione dalla Geffen nel 2009. Ed è un bel lavoro, per lo più di brani non troppo noti, interpretati con personalità (il caratteristico ibrido 60’-70’-80’ The Band/Van Morrison/R.E.M. col cameo della voce struggente di Duritz), al punto da dimenticarsi presto che non si tratta di canzoni autografe. Bel ritorno) 7.8/10

DR. JOHN (2012) Locked Down (Malcolm John Rebennack, in arte Dr. John, rappresenta la quintessenza del suono di New Orleans: già virtuoso pianista di boogie e blues, riesce a shakerarli con funky, R’n’B, jazz, rock’n’roll, psichedelia e col locale voodoo e mardi gras, ed in quest’ultimo lavoro perfino col mali-blues e l’ethio-jazz. A 71 anni, già da 3-4 album ci sta deliziando con una seconda giovinezza artistica, all’altezza dei suoi capolavori) 8/10

THE TALLEST MAN ON EARTH (2012) There’s No Leaving Now (3° album per il 29enne svedese Kristian Matsson che, in barba allo showbiz, sta ottenendo attenzione anche oltreoceano con lavori scarni in cui non va oltre l’utilizzo lo-fi di chitarra acustica, piano, voce e solo occasionale sezione ritmica in punta di piedi. Il trucco sta in un suono cristallino ed in una voce nasale che rimandano nostalgicamente ai primi Bob Dylan, Jim Croce, Gordon Lightfoot, John Sebastian. Ma non si tratta di un inganno, in quanto supportato da belle canzoni. Curioso di vedere se la misura del nostro folksinger è solo la semplicità, o se si troverà a proprio agio anche con produzioni più ricche) 7.2/10

1 commento:

lucaf ha detto...

TALLEST MAN ON EARTH. L'emulo svedese di Dylan non smette mai di stupire. In questo disco si nota sicuramente una maggiore maturità compositiva ed anche la sua voce non è più urticante come nel precedente lavoro ma si è leggermente ingentilita ed a tratti, udite udite, sembra quasi accennare ad essere melodica... Voto ★★★1/2
COUNTING CROWS Un disco piacevole. La mia cover preferita: All my failures (dei Dawes). Voto ★★★

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