venerdì 9 maggio 2014

DAMON ALBARN, MAC DeMARCO, BARZIN


DAMON ALBARN (2014) Everyday Robots
Meglio chiarire subito: non c’è nulla del brit-pop beatlesiano dei Blur né delle ritmiche dub/funk/hip-hop trascinanti dei Gorillaz nel primo album a proprio nome del loro leader. E’ invece un disco intimo, crepuscolare, che ai primi ascolti sembra intenzionalmente dimesso e malinconico ma via via si scopre soulful. I testi scorrono su poche, accennate tracce ritmiche più parenti del blues del Mali che del pop radiofonico, e l’atmosfera vespertina/notturna rimanda all’esperienza The Good, The Bad And The Queen. A completare il quadro, semplici arpeggi di chitarra acustica e minimali note di piano jazzy avvicinano in definitiva il genietto inglese più al Brian Eno pop ed al David Byrne da soundtracks che alle popstars da MTV. A volte non sempre a fuoco, anche nei singoli progetti, tuttavia un artista di cui ammirare il continuo movimento.
Voto Microby: 7.6
Preferite: The Selfish Giant, Lonely Press Play, Hostiles

MAC DeMARCO (2014) Salad Days
Il 23enne canadese per il quale si è di nuovo parlato di slacker rock (per indicare la musica da cazzeggio) un po’ burlone deve essere, se nel 2012 ha titolato il suo debutto su lunga distanza “2”. E’ tuttavia unico nel panorama pop attuale: col suono di una chitarra semiamplificata, gioiosa e scintillante, quasi hawaiana, ed una voce all’opposto colloquiale e distratta, ma sempre melliflua e sinuosa, ottiene un effetto generale scanzonato da ferie estive. Apparentemente semplice, in realtà il progetto miscela con originalità il glam psichedelico con il soft rock ’70, l’estetica indie con il power flower, risultando una sorta di ibrido tra Robyn Hitchcock e Jonathan Richman. Difficile un giudizio sospeso: lo si ama o lo si odia.
Voto Microby: 7.5
Preferite: Blue Boy, Passing Out Pieces, Let Her Go
BARZIN (2014) To Live Alone In That Long Summer
Il titolo del quarto album di Barzin Hosseini, canadese di origini iraniane, esplicita il contenuto: singer-songwriter acustico, dagli accenti delicati e l’andamento lento, da slowcore cantautoriale, affine per sensibilità introspettiva ma musicalmente diverso dal confessionale di William Fitzsimmons, dai deserti di Bill Callahan, dagli ampi spazi verdi di Bon Iver, dal caminetto di Damien Rice. Più simile invece a gruppi quali Red House Painters, Mojave 3 e Great Lake Swimmers, con membri dei quali si accompagna in questo ultimo sforzo, finalmente non lo-fi anzi sobriamente raffinato, con la voce modulata del nostro sostenuta da lineari, dolci trame chitarristiche, contrappunti di pianoforte e fiati, ed una sezione ritmica lieve. Nell’insieme un po’ monocromatico, ma gli spunti singoli sono interessanti.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Fake It ‘Til You Make It, All The While, Without Your Light



1 commento:

lucaf ha detto...

Damon Albarn: un disco decisamente interessante anche se riflessivo e di conseguenza poco immediato. Voto ☆☆☆1/2.

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