RICHMOND FONTAINE (2016) You
Can't Go Back If There's Nothing To Go Back To
Decimo
e (dichiarato) ultimo album per la formazione di Portland, Oregon
guidata dal musicista e romanziere Willy Vlautin. Il quale firma uno
dei migliori lavori della band percorrendo con la bella voce dal
timbro dolente e malinconico i vasti territori di confine, le
praterie desolate ed i deserti polverosi degli Stati Uniti. Il solito
marchio stilistico rappresentato da un alt-country/americana
slowcore, figlio di Uncle Tupelo e
Walkabouts e fratello di Carolina,
l’ultima fatica degli Spain. Vlautin è beautiful winner come
scrittore, beautiful loser come musicista, ma in entrambi i casi si
dimostra raffinato ed intenso ritrattista della vita ai margini.
Voto
Microby: 7.7
Preferite:
Two
Friends Lost At Sea, Wake Up Ray, A Night In The City
RYLEY WALKER (2016) Golden
Sings That Have Been Sung
Terza
prova per il virtuoso chitarrista fingerstyle americano, e nessuna
modifica stilistica rispetto al precedente Primrose
Green che lo scorso anno l’aveva imposto
all’attenzione mediatica. Ancora echi di Tim Buckley, i primi Van
Morrison e John Martyn e del folk inglese dei ’60-‘70 ibridati
con il primo Bruce Cockburn ed il David Crosby di If
I Could Only Remember My Name. Psichedelia,
folk, jazz ben miscelati ma che non
guardano oltre i seventies, e purtroppo serviti da una voce
“normale”, quando i maestri di riferimento invece erano/sono
stellari. Per palati fini ed appassionati dei riferimenti di cui
sopra, ma con la speranza di un’evoluzione stilistica.
Voto
Microby: 7.4
Preferite:
The
Halwit In Me, A Choir Apart, The Roundabout
BEAR'S DEN (2016) Red Earth &
Pouring Rain
Deludente
secondo lavoro per il trio (ora duo) londinese, autore due anni fa di
un eccellente esordio strettamente embricato con Fleet Foxes e
Mumford & Sons. Proprio di questi ultimi i Bear’s Den sembrano
voler emulare le gesta, dal momento che hanno impresso al loro
indie-folk gentile ma frizzante una brusca sterzata verso i suoni
sintetici della new wave anni ’80,
con batteria metronomica, basso gommoso, chitarre riverberate per una
connotazione guitar-synth-pop
che attualmente li colloca stilisticamente tra James, Simple Minds,
Of Mosters And Men, Everything Everything e gli ultimi,
melodrammatici Mumford & Sons.
Revivalisti come centinaia di altri gruppi, purtroppo. Anche se di
buona fattura, non ne avevamo bisogno, mentre ci mancherà la loro
naiveté folk-pop.
Voto
Microby: 6.7
Preferite:
Emeralds,
Greenwoods Bethlehem, Dew On The Vine
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