RICH
ROBINSON (2016) Flux
E’
ormai chiaro che, mentre il più famoso dei due fratelli fondatori
dei Black Crowes,
il frontman Chris con i suoi Brotherhood, si dedica alla psichedelia
di fine sixties in puro stile Grateful Dead/Quicksilver Messenger
Service, è il chitarrista Rich a continuare l’eredità musicale
della band di Atlanta sciolta ufficialmente nel 2015. Quindi
southern rock, blues, gospel, soul,
honky tonk, classic rock inglese, con
un suono equamente influenzato da Rolling Stones, Faces, Allman
Brothers, Little Feat, Led Zeppelin ed una chitarra che evoca Keith
Richards e Ron
Wood. Niente di nuovo, tutto classico e
già ascoltato, ma scritto ed interpretato da un fuoriclasse del
genere. Solo lievemente inferiore alla precedente prova del 2014, e
come sempre ahimè privo di un vocalist che faccia la differenza,
come lo era il fratello Chris. Ma ovunque si respira un sincero
omaggio al rock chitarristico anni ’70.
Voto
Microby: 7.6
Preferite:
Everything’s
Alright, Astral, The Upstairs Land
PASSENGER (2016) Young As The
Morning Old As The Sea
Molti
considerano Mike Rosenberg, in arte Passenger, una sorta di Damien
Rice più commerciale, o un James
Blunt meno pop, o la versione inglese di
Amos Lee una
volta sottratta la componente R&B. Opinioni condivisibili, ma è
anche certo che, senza la pretesa di rivoluzionare la musica attuale,
il cantautore di Brighton possiede abilità di scrittura, buon gusto
negli arrangiamenti (da sempre un pop-folk
acustico con calibrato uso di archi) ed una capacità di carezzare,
scaldare, coccolare che è rara. Più che sufficiente a produrre
dischi (questo è l’ottavo) che, sebbene simili tra loro, fanno
sentire meglio chi li ascolta.
Voto
Microby: 7.7
Preferite:
If
You Go, Home, When We Were Young
THE I DON'T CARES (2016) Wild
Stab
Difficile
capire se, dopo l’attesa reunion live dei Replacements
lo scorso anno con relativa aspettativa di nuove incisioni, frustrata
dalla repentina interruzione della tournèe, The
I Don’t Cares rappresentino un progetto
collaterale del leader Paul Westerberg
in collaborazione con la musicalmente affine Juliana
Hatfield, oppure il disegno sostitutivo
del rimpianto gruppo americano. Nei fatti ci troviamo di fronte a 16
brani immediati, elettroacustici, per lo più brevi, nello stile
arruffato, apparentemente in presa diretta ma ben costruito,
volutamente low/mid-fi (a dare l’impressione dell’ascolto di
demos), tipico di Westerberg. Un cocktail molto ben shakerato,
allegro, spontaneo, vitale di Rolling
Stones, Violent Femmes, Johnny Thunders, Velvet Underground,
equamente composto da rock, folk, garage,
indie. Non
adatto a chi ama arrangiamenti puliti, raffinati, eleganti, mentre è
caldamente raccomandato a chi cerca la primigenia spontaneità e
ruvidezza del rock’n’roll.
Voto
Microby: 7.5
Preferite:
Outta
My System, Kissing Break, King of America
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