PIERS FACCINI (2016) I Dreamed
An Island
E’
inarrestabile l’evoluzione del cantautore anglo-italo-francese
dagli esordi (Leave No Trace,
2004) nella scia degli interpreti intimisti, che con Damien Rice
avevano riportato in classifica la poesia umbratile di Nick Drake,
alla musica folk europea. Il gioiello The
Wilderness (2011) aveva segnato lo
spartiacque tra uno dei più dotati ma numerosi singer-songwriters
del genere e la scoperta/proposta dei suoni antichi ed universali
della musica folk,
apolidi come il suo DNA ma ristretti al bacino d’influenza
idealmente chiuso tra la terra d’Albione, i Balcani, l’Arabia ed
il Sahara. Il nostro canta in inglese, francese, italiano (e
dialetti), arabo senza inficiare l’omogeneità di un disco dai
profumi del british folk revival come
mediorientali e maghrebini, in
un’esplorazione che lo accomuna a John Martyn ed ai Fairport
Convention (senza però oltrepassare musicalmente l’Oceano come
loro) ma anche alla mediterraneità di Mauro Pagani, Fabrizio De
Andrè e Cesare Basile. Negli anni ’70 sarebbe stato un capolavoro
di grande influenza per il folk a venire. Attualmente rappresenta la
miglior crasi musicale, in chiave acustica, tra la vecchia Europa e
l’attuale melting pot culturale creatosi con l’ ondata migratoria
dal medioriente all’Inghilterra. Niente di più contemporaneo.
Voto
Microby: 7.8
Preferite:
Bring
Down The Wall, To Be Sky, Anima
DAMIEN JURADO (2016) Visions of
Us On The Land
Occorre
che smettiamo di pensare all’artista di Seattle come ad una giovane
promessa, chè almeno altre due generazioni di singer-songwriters si
sono succedute dopo la sua. D’altra parte il dodicesimo album del
cantautore partito avendo come stella polare Bob Dylan e Neil Young
ma anche la scrittura urbana di Lou Reed certifica uno stile che è
ormai personale, ormai virato nelle ultime 4 prove sotto la guida del
produttore Richard Swift verso una psichedelia
gentile, più Love
che Pink Floyd (come invece ultimamente Ray La Montagne, che partito
dal country-folk ha avuto una simile deviazione del percorso
musicale), più Joseph Arthur
che Syd Barrett. L’alternarsi di ballate acustiche tra Dylan, Young
ed Elliott Smith con i continui giochi di chitarra e voce riverberate
non nuoce né annoia, nonostante la lunghezza del progetto attuale
(17 canzoni), e testimonia di un artista mai sotto la soglia della
buona qualità ma che altrettanto non ha mai prodotto un capolavoro.
Voto
Microby: 7.5
Preferite:
QACHINA, Lon
Bella, TAQOMA
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