JOHN
OATES (2018) Arkansas
Hall & Oates hanno rappresentato il duo di maggior
successo di tutti i tempi (sì, più degli Everly Brothers e perfino
di Simon & Garfunkel), con una carriera iniziata nel 1972 che ha
richiesto tanto lavoro a supporto dell’indubbio talento, e che
attraverso aggiustamenti progressivi di stile li ha consacrati negli
anni ‘80 come superstars negli USA e stars in Europa (un po’ meno
in Italia) in ambito pop. Ma la vocazione e la voce di Daryl Hall
sono sempre state blue eyed soul, laddove John Oates ha sempre
avuto radici folk. Ma quale sorpresa nello scoprire con quale
abilità il quasi settantenne Oates si è calato nella rivisitazione
di brani country blues americani degli anni ’20 e ’30
(soprattutto a firma Mississippi John Hurt e Jimmie Rodgers) e nella
scrittura/interpretazione di brani autografi in stile, che non pagano
pegno nei confronti dei più illustri antecedenti! Una voce calda,
saggia e grattugiata, come era successo invecchiando al Johnny Cash
degli American Recordings, e un lotto di eccellenti musicisti del
settore (The Good Road Band) trasformano 10 canzoni in
altrettanti gioiellini elettroacustici di blues, gospel, folk,
bluegrass, spesso con più stili ben amalgamati nel medesimo
brano. Siamo vicini al Ry Cooder degli anni ’70, e
lontanissimi dal pop mainstream di Private Eyes. Intervistato
circa lo stile musicale di Arkansas,
lo stesso Oates ha dichiarato: “ ''it's like
Dixieland dipped in bluegrass and salted with Delta blues.'' A
differenza di Simon & Garfunkel (trainata dal piccolino), la
coppia Hall & Oates funziona molto bene anche in singolo
(recuperare Sacred Songs, capolavoro pop del 1980 a firma
Daryl Hall ma con la fondamentale collaborazione di Robert Fripp, e
Mississippi Mile, gemma blues/folk/R&B del 2011 a firma
del bentornato John Oates).
Voto
Microby: 8
Preferite:
Arkansas, Dig Back Deep, Pallet Soft
and Low
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