SUPERORGANISM (2018) Superorganism
Quattro neozelandesi, due inglesi, un sudcoreano ed una giapponese
residente per studio nel Maine… no, non è una barzelletta, ma il
modo di fare musica dei millennials, nell’era degli smarthphone e
dei social: all’atto della fondazione del superorganismo gli unici
a conoscersi nella real life erano i quattro membri della band indie
rock neozelandese (sconosciuta ai più) Eversons; contattati on line
dalla diciassettenne Orono Noguchi, cantante dalla voce anodicamente
intrigante, inizia il rapporto epistolare 3.0 tra loro e gli altri
membri conosciuti scambiandosi files musicali in rete, in modo da
approntare canzoncine costituite da un collage di beats elettronici,
melodie pop da jingle pubblicitario, ritmi hip-hop e sospensioni
trip-hop, samples accattivanti, bassi gommosi ed elementari note di
tastiere orecchiabili e chitarre appiccicose. Il tutto suona curioso,
divertente e malinconico come può esserlo l’adolescenza tutta, ed
insieme cinicamente ingenuo (si perdoni l’ossimoro) come può
esserlo l’adolescenza nel terzo millennio. I suoni sono ben
confezionati, brillanti e non pacchiani (sensazione invece suscitata
al primo ascolto), certamente frutto dei tempi perché la storia che
sta dietro rischia di far scivolare in secondo piano il risultato
finale, suggerendo (ma è un male?) che chiunque può fare musica.
Con i dovuti distinguo, a me la band attualmente a sede in
Inghilterra ricorda i Tom Tom Club, costola effimera e
giocherellona dei Talking Heads negli ’80, ed in parte i Public
Service Broadcasting, dèditi ad una vagamente simile procedura
lavorativa (che resta tuttavia nell’ambito del synth-pop). Al di là
di ogni giudizio socio-filosofico, Superorganism (band ed album)
esprime assolutamente la musica popular dei tempi attuali,
impermeabile ad una classificazione stretta perché aperta a
qualsiasi stimolo (sebbene il genere “pop” sia
preponderante), che sia o meno costruito in laboratorio, poco
importa. Unico trait d’union tra le rockstars della mia adolescenza e le stars 3.0 degli attuali teenagers è nell’esplicativo titolo del brano migliore del lotto, il bizzarro electro-reggae “Everybody
Wants To Be Famous”... Io continuo a preferire “Stairway
To Heaven”, ma un ascolto anche distratto alla musica
assemblata (ribadisco: assemblata) dai nostri figli è doveroso ed a
tratti pure piacevole.
Voto Microby: 7
Preferite: Everybody
Wants To Be Famous, It’s All Good, Something For Your M.I.N.D.
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