Eccolo
il mio disco dell’anno 2019. Dopo Home
Again, che aveva
palesato il talento dell’anglo-ugandese conquistando peraltro la
palma di miglior album del 2012 del nostro blog, e la conferma
perfino in meglio nel 2016 con Love
& Hate, arriva
ora il terzo album semplicemente omonimo, quasi ad affermare hic
et nunc che il suo
stile è questo, personale e consolidato. Per nulla interessato
all’evoluzione della musica black post-hip hop, altrettanto lontano
dalle belle ma algide confezioni del nu-soul e dell’alt-R&B, il
nostro continua ad immergersi nel suono soul-Motown
dei tre lustri a cavallo tra ‘60 e ‘70, quasi che Marvin
Gaye non fosse
stato ucciso dalla pistola del padre in quel tragico 1 aprile 1984.
Come nel precedente lavoro, Danger Mouse alla produzione aiuta nella
coesione dei brani e, tecnicamente, in modo non invadente con samples
ed una sezione ritmica che profumano di nuovo millennio scongiurando
il rischio di puro revivalismo. Sorprendenti per l’utilizzo che ne
era stato già in Love
& Hate, i cori
risultano assai originali ispirandosi alla sensuale fede del gospel,
ma insieme agli archi (da Luis Bacalov virato-soul) rimandano anche
alla cultura
americana
anni ‘70 della blaxploitation
e, più sorprendentemente, alla library
music italiana dei
‘70 che insonorizzava le pellicole di costume leggere oppure di
impegno sociale (gli indimenticabili Piero Umiliani, Alessandro
Alessandroni, Piero Piccioni, fino all’Ennio Morricone più
popolare). Gli stessi testi sono in sintonia col profilo musicale:
amore ma anche sociopolitica, spirito ma anche ambiente. Sorprendente
Kiwanuka? No, unico nel panorama musicale attuale. Il
nuovo album parte
ritmato, quasi festoso, con brani rhythm‘n’blues che anche nel
prosieguo offrono momenti di vivacità ad un disco nei
fatti profondamente
melodico, che si chiude addirittura pacificato. Spirituale e laico,
carnale e religioso, senza che se ne percepisca la contraddizione,
come riesce solo ai grandi. Come Michael Kiwanuka, seme ugandese
sbocciato a Londra per diventare il
migliore soulman d’Europa.
Voto
Microby: 8.7Preferite: Piano Joint (This Kind od Love), Final Days, Hero
1 commento:
Assolutamente d'accordo. Un capolavoro: espressione del meglio della black music e della R&B degli anni '60 e '70. Sottolineerei anche le orchestrazioni alla Van Morrison e quelle chitarre cosmiche pinkfloydiane.
Voto: ☆ ☆ ☆ ☆1/2 e candidatura al miglior disco dell'anno.
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