domenica 30 agosto 2020

Recensione CHRIS WENNER - New Born Man (2020)

CHRIS WENNER - New Born Man (2020)


Non sono riuscito a sapere molto di questo artista, segnalatomi dal blogger Fabius. Dopo una vasta esperienza di cantante e chitarrista di supporto e la recente lunga collaborazione con i Venice (gruppo californiano di blues-folk-rock), il 64enne cantautore tedesco debutta (!) con questo squisito lavoro, ricco di atmosfere vintage West Coast e di riferimenti acustici Claptoniani. Un disco davvero divertente e rilassante, con un folk-rock di grande classe, che ricorda il lavoro di Jim Croce, James Taylor, Jackson Browne e Paul Simon. Uno degli album più inattesi ed appaganti del 2020.

Da ascoltare: Sunchild, Sometimes, Losing Hold. Voto: 1/2




giovedì 27 agosto 2020

MARGO PRICE

MARGO PRICE (2020) That’s How Rumors Get Started

Stellina predestinata della country music di stampo nashvilliano (città nella quale è operativa la cantautrice originaria dell’Illinois), Margo Rae Price giunge al terzo album consapevole di poter conquistare non solo le country charts. Con fior di musicisti di estrazione pop-rock a disposizione (Matt Sweeney alle chitarre, Pino Palladino al basso, James Gadson alla batteria e l’asso Benmont Tench al piano) e la produzione di Sturgill Simpson (nella sua band in gioventù) la Price riesce ad esprimere con grande classe le proprie attitudini musicali, che abbracciano il pop (non una novità nel sound nashvilliano attuale), il soul/gospel (la nostra si è formata il canto in chiesa) e perfino l’adult oriented rock. La voce è stata paragonata a quella di Loretta Lynn, e più modernamente la si può immaginare come una via di mezzo tra Cyndi Lauper e Stevie Nicks. Ma i paralleli con quest’ultima non finiscono qui, dal momento che tutto l’album respira i profumi dei Fleetwood Mac di Rumors (un riferimento anche nel titolo…) e della Nicks di Belladonna (con perfino le copertine dei due album molto simili…). Se le influenze dichiarate dalla Price si fermano a Bobbie Gentry, Emmylou Harris, Bonnie Raitt e Dolly Parton, l’evoluzione in soli tre lavori è stata consistente verso un pop di impronta californiana classica dei ’70, con arrangiamenti brillanti e chiare contaminazioni country, soul e AOR. Cocktail solitamente poco gradito a chi non ama la musica senza una nota fuori posto e con arrangiamenti levigati al punto da sembrare patinati (mi metto tra questi ascoltatori). Ma indubbiamente, per chi ama il genere, un piccolo gioiellino.
Voto Microby: 7.7
Preferite: That’s How Rumors Get Started, Hey Child, I’d Die For You

venerdì 21 agosto 2020

Recensione: SONDRE LERCHE - Patience (2020)

SONDRE LERCHE - Patience (2020)

Cantautore norvegese di pop raffinato, leggero ma decisamente fresco ed ispirato, non è mai stato in grado di emergere a grandi livelli. Anche in questo suo nono album l’impressione è sempre la stessa: quella di un artista decisamente geniale, in grado di arrangiare melodie sofisticate ed accattivanti, ma che non riesce ad avere la fortuna che meriterebbe  (egli stesso nel mezzo del disco mette un monologo in cui riporta le interazioni con i fans: uno gli dice "I can't believe no one knows who you are”). Ad ogni modo il suo indie-pop lievemente barocco ha un’impronta anni’80 con rimandi a Prefab Sprout, Steely Dan, Elton John di quegli anni o, più modernamente, a Destroyer, Magnetic Fields e Dirty Projectors, arricchito da divagazioni armoniche verso la Bossa Nova e il R&B. Un artista in progressivo crescendo. Da ascoltare: Why Did I Write the Book of Love, Why Would I Let You Go, You Are Not Who I Thought I Was. 

Voto:


mercoledì 19 agosto 2020

PRETENDERS

PRETENDERS (2020) Hate For Sale


(The) Pretenders (l’articolo è presente o meno a seconda degli album) hanno un posto di rilievo nella storia della musica rock non solo per i primi tre album-capolavoro pubblicati fra il 1980 ed il 1984, ma soprattutto perché, come The Clash su una sponda parallela, sono stati tra i protagonisti della transizione (anche divulgativo-commerciale) dal punk al rock degli ’80. Non solo: sono da considerare tra i progenitori dell’indie-rock, sia nella loro sapiente capacità di frullare l’urgenza punk dei ‘70 con la spontaneità di garage-pop e rock’n’roll dei ’60 e la rivisitazione new wave degli ‘80 di reggae, soul e college-rock, sia nella vocalità potente ed insieme slacker della frontwoman Chrissie Hynde, sia nella tecnica chitarristica effettata e dai ritmi sincopati del fu James Honeyman-Scott, caposcuola di almeno una generazione di chitarristi elettrici. La band anglo-statunitense (formatasi a Londra nel 1978 intorno alla cantante-chitarrista Chrissie Hynde, trasferitasi all’età di 22 anni da Akron, Ohio) non è mai stata ferma e con alterni risultati qualitativi ha partorito nel nuovo millennio quattro lavori di buon livello (certamente migliori rispetto a quelli dal 1985 al 2000). A partire da quest’ultimo che, tanto per essere chiari, è solo un gradino inferiore alla tripletta esplosiva iniziale. Con la carismatica leader, ora 68enne ma ancora di impatto sia vocalmente che fisicamente (ai tempi era stata la donna di Ray Davies e Jim Kerr), dei membri fondatori è rimasto solo il batterista Martin Chambers (il bassista Pete Farndon ed il chitarrista James Honeyman-Scott morirono per overdose rispettivamente nel 1982 e 1983). L’attuale chitarrista James Walbourne, con la band dal 2008, è il valore aggiunto sia in fase di scrittura (è co-autore con la Hynde di tutti i brani) che nella realizzazione del suono, con la sua tecnica versatile sia alla ritmica che alla solista che ben si sposa con il rock eclettico distintivo della band. La produzione di Stephen Street (già al lavoro con The Smiths, Blur, The Cranberries) esalta gli ingredienti tipici dei Pretenders classici: il rock’n’roll, il garage sound, il reggae, le ballads, l’alternative rock. Il tutto legato da un’innata sensibilità pop che ti imprime le canzoni al primo ascolto, e ad un’anima punk dal cuore melodico che partorisce brani brevi, immediati, d’impatto. D’altra parte la title track, incipit del disco, è un dichiarato omaggio al gruppo punk più ammirato dalla Hynde: “Tutti noi amiamo il punk ed Hate for Sale è il nostro tributo alla band che io considero la più musicale del genere, The Damned”.
Voto Microby: 7.9
Preferite: Maybe Love Is In NYC, Lightning Man, The Buzz

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