venerdì 18 dicembre 2020

SAULT


SAULT (2020) Untitled (Rise)

Genere musicale non proprio nelle corde del nostro blog, il quarto album in 18 mesi dei misteriosi Sault merita una segnalazione per i rumours che su tutte le riviste di musica ne fanno il caso dell'anno. Anche per chi come me è solitamente poco interessato ai gossip (per essere conciso, Sault è un collettivo militante aperto londinese di cui non si conoscono le identità, discograficamente molto prolifico dall'esordio nel 2019, e minimale anche nelle copertine dei dischi, nere con numeri composti da stuzzicadenti o mani in penombra, e ovviamente prive di informazioni sui credits eccetto la produzione di Inflo, già dietro la consolle dell’ultimo Kiwanuka), la proposta musicale è singolare pur nella rielaborazione di un suono classico della blackness: “Dentro le loro canzoni scorrono oltre 50 anni di black music: c’è il miglior neo-soul, l’R&B più puro, il funk più torrido, reminiscenze disco, l’influenza afrobeat, il messaggio delle spoken words, la dolcezza del pop, la solennità del gospel e il fascino delle rare grooves anni ’80, ma sottotraccia si respira anche il basso ruvido post-punk, la dub, e qua e là un po’ di elettronica” (Michele Boroni, Rock On Line). In sostanza un trionfo di ritmo e percussioni che può essere ricondotto al fenomeno della blaxploitation negli anni '70, rivisitata, ampliata ed embricata con l'evoluzione della musica black successiva ai seventies. A mio avviso non un capolavoro come da più parti sbandierato (anche perchè la seconda parte non è all'altezza della prima), ma un lavoro che sembrerà originale ai millennials e risveglierà nostalgie vintage ai vegliardi come me.

Voto Microby: 7.5    

Preferite: Fearless, Strong, Son Shine

1 commento:

cerebus64 ha detto...

Concordo con Microby! Già al quarto pezzo le nostalgie di vegliardo si sono risvegliato...

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