Brian Eno e David Byrne, autori in società di quel My Life In The Bush Of Ghost del 1981, seminale per una certa musica d’ambiente elettronica dance che ci ha perseguitati a lungo negli anni successivi, si incontrano nuovamente nel 2006, proprio in occasione della messa a punto del remaster di quell’album, ed in quella occasione Eno passa a Byrne un CD di musiche strumentali da cui ritiene possano ricavarsi delle canzoni.
Byrne va a casa, ascolta il disco e comincia a ricamare l’uno dopo l’altro i brani di questo Everything That Happens, un disco tanto bello quanto diverso dalla precedente collaborazione. Everything è fondamentalmente un disco di canzoni nella migliore tradizione di Brian Eno, canzoni diverse, strane, eppure evocative di melodie e cori già ascoltati nel passato e stratificati nella memoria. La voce di Byrne non la ricordavo così in forma dai tempi dei Talking Heads.
Musica soul arriva a definirla Eno: canzoni costruite su uno schema caro al musicista (o al non-musicista, come ha il vezzo di auto-definirsi), cioè un sovrapporsi di strati, di loop sonori reiterati all’infinito che fanno da base agli emozionanti strati vocali di Byrne. Alcune canzoni sono bellissime (Home, Strage Overtones, Poor Boy), altre sono capolavori (One Fine Day, The River, Wanted For Life), ognuno troverà le sue perché tutto il disco è estremamente omogeneo e denso: non ve ne stancherete presto.
Nessun commento:
Posta un commento