Dopo la recensione abominevole che ho letto oggi sull'inserto di Repubblica (sulla stessa pagina che dava come "di culto" il disco "Grease" di John Travolta/Olivia Newton John....) devo per forza intervenire sul nuovo disco del Boss, anche se l'ho ascoltato una volta sola. Innanzitutto non è un disco minore, è uno Springsteen importante, che riprende la storia interrotta dei suoi dischi classici. Insomma, tanto per chiarire: mi piace.
È un disco lirico. Come lo è stato trentacinque anni fa Born To Run. Questo è il canto dello stesso uomo che oggi si sente più vicino al tramonto, guarda le stagioni passare, ricorda gli amici che non ci sono più e canta la malinconica gioia del tramonto.
Canzoni dirette, potenti, con linee melodiche relativamente semplici che parlano d’amore e vita: insomma uno Springsteen inusuale ma rinnovato, felice e ancora in grado di regalare qualcosa di nuovo. Ovviamente c’è anche dell’altro, come l’epica “Outlaw Pete”, lunga ben 8 minuti, che apre il disco tra accenni Morriconiani e sonorità texane, e il distorto Mississipi-Blues di “Good Eye”. The Last Carnival chiude il tutto, ricordando Danny Federici, tastierista della E-Street Band scomparso lo scorso 17 Aprile, mentre la bonus track “The Wrestler”, tratta dalla colonna sonora dell’omonimo film, è di una bellezza spiazzante e basterebbe da sola a perdonare l’orribile copertina del disco. È un bel disco, intimo ma allo stesso tempo aperto alle orecchie di chi lo circonda.
VOTO ★ ★ ★ (mi piace)
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