Devo confessare che mi aspettavo il peggio: Ray Davies che impedisce al co-fondatore Roger Hodgson di far parte del tour (atteggiamento molto in voga in Italia in questo periodo...), Hodgson che replica diffidando Davies dal suonare i brani scritti da lui (pur sapendo di non poterlo legalmente fare, visto che sono sempre firmati da entrambi), l'assenza di Dougie Thomson (bassista storico) in solidarietà con Hodgson, gli ultimi lavori a dir poco deludenti. Insomma non il massimo della serenità per la band e di conseguenza, qualche perplessità sull'esito dei concerti.
Ebbene no: il tour del quarantennale non è stato per niente una delusione, anzi. Dopo l'inizio un pò in sordina con Davies che manco si degna di salutare il pubblico infreddolito e bagnato dalla pioggia che prometteva di bagnare tutto il concerto. Un concerto di quelli veri con una band all'altezza e con l'aggiunta della sorpresa di Gabe Dixon (!), quello della band omonima di Nashville, alle tastiere ed alla voce. Inoltre il solito grande Helliwell al sax e Bob Siebenberg alla batteria (ed anche suo figlio Jessie ancora alle tastiere ed alla voce). La scaletta si è mossa avanti e indietro nel tempo, andando a toccare tutti i brani che nel corso della loro carriera hanno accompagnato la nostra vita: Gone Hollywood, Ain't nobody but me, Breakfast in America, From now on, Give a little bit, Downstream. Asylum, Rudy, It's raining again (durante la quale aveva perfino spesso di piovere....), Bloody well right, Take the long way home, Logical Song, Goodbye stranger. Il brano di maggior spessore, anche perchè francamente inatteso è stato senz'altro Another's Man Women, coinvolgente ed esaltante grazie alla infinita classe di Ray Davies. Poi i saluti finali con School, Dreamer e Crime of the Century, senza i quali francamente i 6000 dell'Arena non se ne sarebbero andati a casa.
Una grande nostalgia: qualche lacrima di gioia e di rimpianto per quello che con tutte le probabilità, viste le premesse, sarà l'ultimo grande tour dei mitici Supertramp.