mercoledì 24 ottobre 2012

MINIRECENSIONI: Mark Knopfler, Van Morrison, Dave Matthews Band, Chris Robinson Brotherhood, Smoke Fairies

MARK KNOPFLER (2012) Privateering (17° album solista, comprese le belle colonne sonore, per l’ex leader dei Dire Straits, e nessuna novità di rilievo: solita rivisitazione in punta di piedi, e classe certificata, del folk scozzese e dei suoni bianchi e neri –folk, country, blues—della provincia americana. Grande rispetto per la tradizione ma purtroppo nessuna ricerca, lui che potrebbe; nessun capolavoro, ma buona qualità media delle 20 canzoni) 7.4/10

VAN MORRISON (2012) Born To Sing: No Plan B (Da almeno vent’anni “The Man” si ripete ugale a se stesso, in una sapiente, godibile e griffata miscela di folk-soul-blues-jazz: e non si smentisce nemmeno con l’ultima prova. Come per gli ultimi Dylan e Knopfler la solita, risaputa ma buona, gustosa, rassicurante minestra. Forse i nostri eroi hanno deciso di non avere più l’età adatta ad innovare. E forse è comprensibile, ma che peccato…) 7.6/10

DAVE MATTHEWS BAND (2012) Away From The World (Prosegue la vena creativa, ritrovata nel 2009 col precedente Big Whiskey…, del sudafricano cresciuto musicalmente negli USA. Qui c’è solo una maggiore vena acustica e qualche accenno prog, ma qualità compositiva ed esecutiva e la voce ricca di pathos  sono tornati all’alto livello degli esordi) 7.9/10

CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD (2012) Big Moon Ritual / The Magic Door (Progetto di due albums a pochi mesi l’uno dall’altro, distinti ma che sembrano tuttavia registrati nella medesima sessione, per il cantante dei Black Crowes, che esplora la psichedelia californiana del Laurel Canyon ’60-’70, purtroppo senza la ricerca e l’attualizzazione operata da Jonathan Wilson lo scorso anno per un lavoro simile. Insieme ad un synth un po’ troppo gommoso, il non aver osato l’originalità rappresenta tuttavia l’unica pecca dell’album, dal momento che le composizioni, dilatate dai 7 ai 14 minuti ed ovviamente impreziosite da ispirati, lunghi assoli di chitarra elettrica, corrono nel solco dei migliori Grateful Dead/Quicksilver Messenger Service, solo meno acide e più  serene e solari. Consigliatissimo a chi è in crisi di astinenza da Jerry Garcia/John Cipollina. Meglio il primo del secondo lavoro) 7.8/10 – 7.5/10

SMOKE FAIRIES (2012) Blood Speaks (Come facciano le inglesi Jessica Davies e Katherine Blamire a tenersi in equilibrio tra l’alternative/indie rock, il blues ed il folk inglese di marca seventies che permea i loro –finora 3—lavori è un mistero. Le canzoni scorrono tra echi di Sandy Denny, amalgama alla Clannad, ricerca alla Unthanks con i piedi per terra, aperture alla Loreena McKennitt, fisicità alla Jefferson Airplane, mai facili al primo impatto ma preziose dopo ripetuti ascolti. Come PJ Harvey interpreterebbe oggi Steeleye Span/Pentangle/Fairport Convention) 8/10


sabato 20 ottobre 2012

Recensioni bonsai: Tori Amos, Maceo Parker, Trey Anastasio, JohnnyHickman, Cosmo Jarvis


Tori Amos - Gold Dust (2012)
13° album, pubblicato per la Deutsche Grammophone. Già questo è abbastanza rivelatore. Si tratta infatti di un disco in cui Tori recupera parte della sua vecchia produzione, condendola con archi e orchestrazioni varie, eseguite dalla Dutch Orchestra.  Mi è sempre piaciuta Tori Amos: il suo disco del 2009 era arrivato anche al terzo posto della classifica di questo blog. Potrei chiudere in due modi: "disco da consigliare solo ai veri appassionati" oppure "espressione di onanismo musicale".  Fate voi. Voto ★★.
Maceo Parker - Soul classic (2012)
Per risollevarsi dal disco precedente ci vuole sicuramente un bel power funk come quello di MP, qui registrato in alcuni concerti europei. Per chi non lo conosce, si tratta di una sassofonista assolutamente pazzesco, con il ritmo nelle vene. Impossibile ascoltarlo senza saltare sulla sedia. Ascoltare a canna, please! Voto ★★★1/2
Trey Anastasio - Traveler (2012)
L'ex leader dei Phish è uno a cui non manca di sicuro la voglia di scrivere e suonare.  La sua caratteristica è quella di farlo con grande classe e condire la sua ispirazione con musicalità zappiane o funkieggianti, a seconda dell'estro. Non la sua migliore opera però un bel disco.Voto ★★★1/2
Johnny Hickman - Tilting (2012)
Non poteva mancare un disco di puro folk-country. Hickman è il chitarrista dei Cracker, bel gruppo americano di sano country-rock. Atmosfere folk-bluesy orchestrate con classe sopraffina per un disco godibilissimo, tutto da ascoltare e canticchiare. Voto ★★★1/2
Cosmo Jarvis - Think Bigger (2012)
Americano di 23 anni trapiantato in Inghilterra, ha l'incredibile capacità di passare repentinamente da un tranquillo rock'n'roll ad uno scatenato hard-rock urlato e sanguinante, oppure da melodie funkeggianti alla Lenny Kravitz a controtempi indie alla Jeff Buckley. Il brano "Train Downtown" è qullo che ho ascoltato di più nell'ultimo mese. Wow! Voto ★★★



sabato 13 ottobre 2012

Tallest Man on Earth in concerto a Brescia


Senza dubbio sorprendente. Innanzitutto l'inattesa folla ad accoglierlo, nello spazio, rivelatosi angusto, del Ridotto del Grande: pensavo evidentemente a torto di essere uno dei pochi gasati a conoscerlo. Dopo il perdibile gruppo spalla (gli inglesi Dan Haywood's New Hawks) si presenta il nostro Kristian Mattson, capelli schizzati e canotta grigia un pò burina. Ci illudiamo che venga accompagnato da qualche altro strumentista, ma invece no, l'unica compagna del concerto sarà la sua chitarra, acustica, classica o elettrica che sia, solo in due brani abbandonata per il piano.
Nonostante il suo metro e sessanta di statura, fin dal primo attacco diventa davvero l'uomo più alto del mondo. I brani sono soprattutto quelli dall'ultimo lavoro, il bellissimo "There's no leaving now", alternati a brani meno recenti, quali "King of Spain", "la bellissima "Love is all", "the Gardener" , "The dreamer" suonata al piano, ed una stupenda versione di "Graceland" di Paul Simon, già presente sul singolo di King of Spain introdotta e fusa con "The wild hunt". Tutti i brani sono tirati e sembrano grondare sangue e sudore; il suo fingerpicking non stanca mai, anzi, ci ipnotizza e ci teletrasporta nelle distese sconfinate delle brughiere di tutto il mondo.
Nel camerino, alla fine del concerto, appare stanchissimo e ci fa sapere di essere diretto ad una battuta di pesca alla mosca nei nostri fiumi ai confini con la Svizzera.  Buona pesca Kristian, torna a trovarci presto.


lunedì 8 ottobre 2012

MINIRECENSIONI: Calexico, Cat Power, Patrick Watson, The Welcome Wagon, David Byrne & St. Vincent

CALEXICO (2012) Algiers (Joey Burns e John Convertino non tradiscono mai, seppur allontanandosi dalle tradizionali musiche tex-mex e del border: in un album registrato ad Algiers, quartiere di New Orleans, la città più europea degli Stati Uniti, suonano più lineari di sempre, ma il timbro malinconico, la tesa rassegnazione, la partecipazione commossa e l’atmosfera da aspettativa compressa profumano ancora di frontiera, di confine, che sia messicano, cubano o mediterraneo) 8/10

CAT POWER (2012) Sun (Al primo album di canzoni autografe dopo 6 anni l’americana Chan Marshall, una delle cantautrici più stimate della sua generazione, prova a cambiare registro con arrangiamenti elettronici, drum machine, loop sintetici, chitarre taglienti e fredde ed il missaggio di Zdar (Cassius e Phoenix). La solita voce calda e malinconica di Chan prova a scaldare il tutto, ma non basta per un lavoro privo di grande ispirazione e con una produzione (la prima in proprio) ancora acerba) 6.9/10   

PATRICK WATSON (2012) Adventures In Your Own Backyard (Nato in California ma cresciuto in Quebec, Patrick Watson è leader dell’omonima band canadese che, al quarto disco, abbandona la sperimentazione per una forma-canzone sempre elaborata ma più semplice, tra cabaret e chamber-pop acustico, cui non mancano influenze morriconiane, tratti edonistici ma anche un’elettronica soffusa. La voce richiama Antony Hegarty, ma come fosse arrangiato da Andrew Bird/Sufjan Stevens e prodotto da Rufus Wainwright. Da seguire con attenzione) 7.7/10

THE WELCOME WAGON (2012) Precious Remedies Against Satan’s Devices (Bell’esempio di christian rock servitoci dal reverendo Thomas Vito Aiuto e dalla moglie Monique: musica dalla tradizione folk-country americana in salsa indie, testi tratti da salmi o ispirati alle sacre scritture, strumenti per lo più acustici, arrangiamenti misurati. Le radici musicali sono bianche anche quando si canta Hallelujah) 7.7/10

DAVID BYRNE & ST.VINCENT (2012) Love This Giant (L’ex Talking Heads e la chitarrista Annie Clark in una riuscita collaborazione pop, equamente divisa tra responsabilità compositive e resa musicale: moderno ma non sintetico il drum programming di John Congleton, portato dalla Clark, e urbani ma caldi gli arrangiamenti per fiati, sempre voluti dalla Clark ma che sembrano figli di Rey Momo. L’onnipresenza della brass band rappresenta il valore aggiunto ma anche il limite dell’operazione, dal momento che egemonizza gli arrangiamenti rendendo il disco poco vario. Meno riuscito delle collaborazioni di Byrne con Brian Eno, ma nettamente superiore a quella precedente con Fatboy Slim. E diverso da ogni album a nome St. Vincent) 7.6/10

mercoledì 3 ottobre 2012

Jesse Harris - Sub Rosa (2012)

Il mondo musicale è pieno di autori che scrivono per altri e che si augurano che prima o poi il successo arrida anche a loro stessi. La storia della musica ne è piena: basti pensare a Carole King o Willie Nelson, inizialmente più celebri per i brani scritti per altri piuttosto che per loro stessi. Jesse Harris potrebbe essere uno di questi: ha cominciato a scrivere da almeno 10 anni e la svolta alla propria carriera arriva quando compone "Don't know why" per Norah Jones. Un successo planetario per il quale gli viene almeno riconosciuto un Grammy come migliore autore nel 2003: da allora i suoi brani sono stati interpretati da musicisti del calibro di Solomon Burke, Smokey Robinson, Emmylou Harris o Willie Nelson (ironia della sorte). Purtroppo però i suoi lavori non sono altrettanto fortunati: questo è il suo settimo disco e stavolta prova ad attorniarsi di top-artists quali Norah Jones, Conor Oberst (Bright Eyes), Melody Gardot, Bill Frisell. Il risultato è ottimo anche stavolta: un pop-jazz con forti influenze folk ed un pizzico di brasile (il disco è stato in parte registrato a Rio, con musicisti locali ed in parte a New York, sua città natale): l'arpeggio ricorda James Taylor e Josh Rouse, la musicalià e il piglio melodico rimandano a David Grey e Ben Folds. Di sicuro non sarà un successo, ma piace. Voto ★★★

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