MARK KNOPFLER (2012) Privateering (17° album solista, comprese le belle colonne sonore, per l’ex leader dei Dire Straits, e nessuna novità di rilievo: solita rivisitazione in punta di piedi, e classe certificata, del folk scozzese e dei suoni bianchi e neri –folk, country, blues—della provincia americana. Grande rispetto per la tradizione ma purtroppo nessuna ricerca, lui che potrebbe; nessun capolavoro, ma buona qualità media delle 20 canzoni) 7.4/10
VAN MORRISON (2012) Born To Sing: No Plan B (Da almeno vent’anni “The Man” si ripete ugale a se stesso, in una sapiente, godibile e griffata miscela di folk-soul-blues-jazz: e non si smentisce nemmeno con l’ultima prova. Come per gli ultimi Dylan e Knopfler la solita, risaputa ma buona, gustosa, rassicurante minestra. Forse i nostri eroi hanno deciso di non avere più l’età adatta ad innovare. E forse è comprensibile, ma che peccato…) 7.6/10
DAVE MATTHEWS BAND (2012) Away From The World (Prosegue la vena creativa, ritrovata nel 2009 col precedente Big Whiskey…, del sudafricano cresciuto musicalmente negli USA. Qui c’è solo una maggiore vena acustica e qualche accenno prog, ma qualità compositiva ed esecutiva e la voce ricca di pathos sono tornati all’alto livello degli esordi) 7.9/10
CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD (2012) Big Moon Ritual / The Magic Door (Progetto di due albums a pochi mesi l’uno dall’altro, distinti ma che sembrano tuttavia registrati nella medesima sessione, per il cantante dei Black Crowes, che esplora la psichedelia californiana del Laurel Canyon ’60-’70, purtroppo senza la ricerca e l’attualizzazione operata da Jonathan Wilson lo scorso anno per un lavoro simile. Insieme ad un synth un po’ troppo gommoso, il non aver osato l’originalità rappresenta tuttavia l’unica pecca dell’album, dal momento che le composizioni, dilatate dai 7 ai 14 minuti ed ovviamente impreziosite da ispirati, lunghi assoli di chitarra elettrica, corrono nel solco dei migliori Grateful Dead/Quicksilver Messenger Service, solo meno acide e più serene e solari. Consigliatissimo a chi è in crisi di astinenza da Jerry Garcia/John Cipollina. Meglio il primo del secondo lavoro) 7.8/10 – 7.5/10
SMOKE FAIRIES (2012) Blood Speaks (Come facciano le inglesi Jessica Davies e Katherine Blamire a tenersi in equilibrio tra l’alternative/indie rock, il blues ed il folk inglese di marca seventies che permea i loro –finora 3—lavori è un mistero. Le canzoni scorrono tra echi di Sandy Denny, amalgama alla Clannad, ricerca alla Unthanks con i piedi per terra, aperture alla Loreena McKennitt, fisicità alla Jefferson Airplane, mai facili al primo impatto ma preziose dopo ripetuti ascolti. Come PJ Harvey interpreterebbe oggi Steeleye Span/Pentangle/Fairport Convention) 8/10