Il mondo musicale è pieno di autori che scrivono per altri e che si augurano che prima o poi il successo arrida anche a loro stessi. La storia della musica ne è piena: basti pensare a Carole King o Willie Nelson, inizialmente più celebri per i brani scritti per altri piuttosto che per loro stessi. Jesse Harris potrebbe essere uno di questi: ha cominciato a scrivere da almeno 10 anni e la svolta alla propria carriera arriva quando compone "Don't know why" per Norah Jones. Un successo planetario per il quale gli viene almeno riconosciuto un Grammy come migliore autore nel 2003: da allora i suoi brani sono stati interpretati da musicisti del calibro di Solomon Burke, Smokey Robinson, Emmylou Harris o Willie Nelson (ironia della sorte). Purtroppo però i suoi lavori non sono altrettanto fortunati: questo è il suo settimo disco e stavolta prova ad attorniarsi di top-artists quali Norah Jones, Conor Oberst (Bright Eyes), Melody Gardot, Bill Frisell. Il risultato è ottimo anche stavolta: un pop-jazz con forti influenze folk ed un pizzico di brasile (il disco è stato in parte registrato a Rio, con musicisti locali ed in parte a New York, sua città natale): l'arpeggio ricorda James Taylor e Josh Rouse, la musicalià e il piglio melodico rimandano a David Grey e Ben Folds. Di sicuro non sarà un successo, ma piace. Voto ★★★★
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1 commento:
Non lo conoscevo proprio, ed ho dovuto ascoltarlo parecchie volte perchè il suo soft-pop jazzato, dagli arrangiamenti raffinati, delicati come la sua voce, mi cominciassero a piacere. Sembrano canzoni da sottofondo, mentre fai altro, ed invece le apprezzi molto di più dedicandoti a loro. Forti i richiami, a mio avviso, a Michael Franks, con capatine nell'orto di casa dei primi Paul Simon e James Taylor. E poi è rilassante... 7.5/10
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