sabato 29 giugno 2013

Capolavori da Brooklyn. Hem & Joseph Arthur


Hem - Departure & Farewell (2013)
Gli Hem non sono mai stati una band difficile. Fin dal 2001, anno del loro primo lavoro, il gruppo, originario di Brooklyn, si è sempre distinto per melodie di assoluta qualità, con piano e chitarra fingerpicking solo qua e là accompagnate da arche e fiati, mai invadenti. In questo nuovo lavoro la loro eleganza e raffinatezza raggiunge quasi la perfezione: l'atmosfera nostalgica e talora melodrammatica ti abbraccia e ti fa prende per mano portandoti nella campagne di Nashville, in mezzo alle viuzze di New Orleans o tra i canyon dell'Arizona. Il disco elegante per definizione. Voto ★★★★1/2 

Joseph Arthur - The Ballad of Boogie Christ (2013)
Anch'egli originario di Brooklyn, ha una lunga carriera alt-rock alle spalle con ben 9 dischi  e 11 EP dal 1996 ad oggi. In questo nuovo lavoro, da lui stesso identificato come disco "soul psichedelico e di redenzione", alterna piacevoli pop orchestrali a brani folk-blues in un disegno musicale assai ambizioso, quasi da concept-album. Il cast di musicisti che l'accompagnano è di tutto rispetto: Garth Hudson, Ben Harper (suo compagno nei Fistful of Mercy), Jim Keltner.  Un disco profondamente ispirato e dal grande potere emotivo, sicuramente il migliore della sua discografia. Voto ★★★★1/2 

martedì 25 giugno 2013

MINIRECENSIONI: Iron & Wine, The National, The Black Angels, Laura Marling, Lady

  • IRON & WINE (2013) Ghost On Ghost
  •  Trasformazione lenta ma inarrestabile quella dell’americano Sam Beam, agli esordi eroe barbuto del songwriting folk malinconico-intimista di moda tra molti colleghi coevi, ed ora giunto al 5° album a chiudere la metamorfosi con la scelta della diretta essenzialità del pop, senza curarsi di sovrastrutture e belletti. In realtà il lavoro è molto meno semplice e scarno di quanto appaia al primo ascolto, e tra chitarre acustiche, piano elettrico, archi, fiati, armonie vocali anni ’60-’70 ci regala un delizioso clima generale di pacato ottimismo, di colorata serenità, figlia di Fletwood Mac e Billy Joel ma insieme riconoscente a Nick Drake e Bon Iver. 7.7/10

  • THE NATIONAL (2013) Trouble Will Find Me
  •  Al sesto album il gruppo di Brooklyn amplifica la distanza tra sè ed i meri imitatori di successo degli eighties (leggi Hurts, White Lies, in parte Editors, cui viene troppo superficialmente paragonato) con un lavoro crepuscolare, malinconico, autunnale, costruito per sottrazione rispetto al dark edonistico degli ’80 ed alla new wave cui è comunque debitore ma alla maniera dei Tindersticks, ben servito dalla voce baritonale del leader Matt Berninger. Non ai livelli di The Boxer, ma lì vicino. 7.6/10
  • THE BLACK ANGELS (2013) Indigo Meadow
  •  Campioni della neo-psichedelia dell’ultimo decennio, i texani al 5° album modificano di poco il loro assetto musicale, ora costituito da brani più brevi e da riffs più pop-catchy, ma la struttura portante è il solito sincretismo tra il Paisley Underground degli ’80 e lo stoner dei ’90, con riferimenti che vanno dai Byrds/Doors/Pink Floyd/13th Floor Elevators dei ‘60s ai Green On Red/Rain Parade/Dream Syndicate degli ‘80s ai Kyuss/Queens of The Stone Age dei ’90 agli attuali Warlocks/Pink Mountaintops/Black Mountain. Fuori dal tempo, ma vitali, energici…senza tempo. 7.5/10  
  • LAURA MARLING (2013) Once I Was An Eagle
  •  La talentuosa cantautrice inglese dimostra sempre più la parentela artistica con Joni Mitchell e, trasferitasi a Los Angeles, confeziona un lungo album asciutto, poco radiofonico, con chiari debiti nei confronti di Blue/Hejira, aiutata solo da Ethan Jones alle chitarre acustiche, tastiere e percussioni, e da Ruth de Tuberville al violoncello. Ne risulta un album non immediato né (volutamente) brillante, ma intenso e serio, che resterà nel tempo. 7.5/10
  • LADY (2013) Lady
  •  Le due black soul-women Terri Walker, inglese, e Nicole Wray, americana, decidono di unire le forze nel 2009 a New York nel reciproco amore per il soul/R&B di marca Stax-Motown di fine ’60 e pre-disco inizio ’70, lievemente modernizzato alla Missy Elliot/Lizz Wright –e lontano dal nu-soul alla Erikah Badu-- ma con caratteristiche intatte di classicità, sincerità, calore ed insieme freschezza soul. Estivo ma evergreen. 7.7/10

domenica 16 giugno 2013

Recensioni al volo : Tom Odell, City and Colour, Eleanor Friedberger, Willie Nile

Tom Odell - Long Way Down (2013)
Questo qui è uno proprio strano. Ha 22 anni ma nella foto di copertina sembra un ragazzino di 12. Ma quando senti la voce, beh, lo stile, non c'è alcun dubbio, è quello di Jeff Buckley. E' lui, e nessuno mi venga a dire che "Can't Pretend" non l'abbia scritta lui dall'oltretomba e l'abbia infusa con qualche strano sistema in questo ragazzino, che canta con quella passione e con quei sussurri disperati che solo i grandi possono avere. Ma non basta: "Sense" sembra scritta apposta per Nick Cave o Billie Holiday, mentre "I Know" è un rock appassionato, magari un pò ruffiano, ma efficace. Se non si rovina nello show business... Voto ★★★
City and Colour - The Hurry & The Harm (2013)
Il canadese Dallas Green aveva ideato i City & Colour come side-project acustico ai suoi urlanti hard-core Alexisonfire; ora che questi ultimi non ci sono più, si è buttato anima e corpo in questo suo lato più folk dandogli maggiore profondità e classe. Blues acustici che ricordano i Black Keys e brani folk che con la loro ricercatezza acustica rimandano a Sufjan Stevens o Justin Vernon. Voto ★★★
Eleanor Friedberger - Personal Record (2013)
Ad un paio di anni di distanza dal precedente e promettente lavoro (vedi recensione del 23 luglio 2011) la ragazza dell'Illinois (ma trapiantata a Brooklyn) sembra avere lasciato definitivamente l'ottusa influenza del fratello per imboccare un percorso fatto di un art-pop-folk anni '70, per certi versi ancora più leggero che in Last Summer. Un disco che scalda l'anima senza essere mai "retro". Voto ★★★
Willie Nile - American Ride (2013)
Il coetaneo e fratello mancato di Bruce Springsteen è al suo ottavo disco e, c'è da scommeterci, neanche stavolta gli endorsements del suo nume tutelare per eccellenza riuscirà a fargli avere un benchè minimo successo commerciale (il che è, a mio avviso un vero mistero). Una serie di brani epici che attingono a piene mani dal rock più puro, dove i Ramones si mescolano con Al Green o Joe Strummer fa il solista di Elvis o ancora dove Gram Parsons accarezza la Fender abbracciato a Tom Petty. Vorrà dire che magari riusciremo ad godercelo ancora in qualche localino oratoriale dalle nostre parti. Voto ★★★

domenica 9 giugno 2013

Bowie spaziale .. in tutti i sensi

Space Oddity, registrata dall'astronauta canadese Chris Hadfield in orbita intorno alla terra....



giovedì 6 giugno 2013

MINIRECENSIONI in BLACK: Charles Bradley, Otis Taylor, The Slide Brothers, Nicole Willis

  • CHARLES BRADLEY (2013) Victim of Love  Seconda prova dopo il debutto-capolavoro nel 2011 a 62 anni per il (fortunatamente ex) cuoco americano marchiato al 100% dalla Tamla Motown dei ’60: Marvin Gaye, James Brown, Solomon Burke, Percy Sledge sono stretti compagni di avventura, solo scoperti prima del nostro. Molto buono anche l’album attuale, puro soul “anema e core”, espresso da una voce spettacolare. Solo di poco inferiore all’esordio per scrittura, o anche solo perché manca l’effetto-sorpresa. 7.6/10

  • OTIS TAYLOR (2013) My World Is Gone        Da sempre Otis Taylor è sinonimo di “americana” in senso lato, col superamento delle barriere tra white e black music, col recupero delle radici scompaginando i ruoli, come in quest’ultimo album: lui meticcio a suonare l’acustica, banjo e mandolino, ed il nativo americano Mato Nanji degli Indigenous all’'elettrica, ed insieme a proporre un blend di folk americano, blues del Mali, rock native americans (leggi Robbie Robertson) e testi che cantano un mondo che non c’è più ma di cui si vedranno sempre le ferite, quello dei vinti di ogni razza. Blues nell’essenza, anche nell’assenza delle dodici battute. 7.5/10
  • THE SLIDE BROTHERS (2013) Robert Randolph Presents The Slide Brothers   The Slide Brothers sono 4 talentuosi e non più giovani slide-guitarists che propongono covers più o meno note del repertorio classico black (ma non solo, c’è anche Praise di Fatboy Slim) in chiave blues, R’n’B, soul, gospel, sempre elettrica, calda e trascinante. Impossibile non battere il piedino. 7.5/10
  • NICOLE WILLIS & The Soul Investigators (2013) Tortured Soul   A sette anni dal precedente Keep Reachin’ Up il retro-soul della Willis resta fedele alla Motown ed al Philly Sound dei seventies con qualche spruzzata di blues, ma è per il secondo album consecutivo raffreddato dalla band di supporto (finlandese…forse se ne capisce la ragione), anche tecnicamente appena sufficiente. Peccato. Più Bettye Lavette (senza la medesima classe) che Sharon Jones. 7.2/10

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