venerdì 25 ottobre 2013

MINIRECENSIONI: Elvis Costello & The Roots, The James Hunter Six, Tired Pony, Piers Faccini, Placebo

  • ELVIS COSTELLO & THE ROOTS (2013) Wise Up Ghost and Other Songs 
  • Iniziata quasi per gioco, la collaborazione tra ?uestlove, drummer e leader degli hip-hoppers (di Philadelphia) The Roots, ed il geniale artista inglese ha partorito un lavoro moderno ed ispirato che ben sposa la sensibilità di entrambe le parti. Così il pop costelliano incontra il soul di Marvin Gaye, sbianca l’hip-hop con screziature reggae/dub dei Roots ma resta ritmico ed urbano grazie a tastiere elettriche saltellanti, basso pulsante e contrappunti di fiati misurati ma colorati. Non il capolavoro prodotto dalla collaborazione con Burt Bacharach, ma certamente al livello, pur su versanti differenti, di quella con Paul McCartney. 7.6/10

  • THE JAMES HUNTER SIX (2013) Minute By Minute 
  • Da 20 anni questo inglese bianco dell’Essex gira il mondo col suo sestetto incidendo sporadicamente uno dei migliori soul/R&B del pianeta, incurante che possa essere tacciato di retro-soul, dal momento che il suo amore per Jackie Wilson, Sam Cooke, Percy Sledge è sfacciato, i suoi brani originali profumano di fine anni ’50-inizio ’60, ed ogni nota è calda ma impeccabilmente scritta ed eseguita su partiture che non ammettono libertà, che si tratti dei fiati o della chitarra acustica o semiamplificata. Esattamente come allora. Ma è l’unico limite. Un Charles Bradley bianco. 7.7/10
  • TIRED PONY (2013) The Ghost of The Mountain 
  • Supergruppo transoceanico, nato dall’amore per la musica americana di Gary Lightbody, nordirlandese operativo in Scozia dove è cantante/leader del gruppo pop di successo Snow Patrol, nei Tired Pony sodale di Peter Buck, chitarrista dei R.E.M., di Richard Colburn, batterista dei Belle & Sebastian, e di vari ospiti. L’ibrido americana/pop riesce, seppur ad un livello inferiore rispetto all’esordio del 2010, in un’atmosfera elettroacustica meditativa e crepuscolare, dalle parti di un Bright Eyes in serata pop. 7.5/10
  • PIERS FACCINI (2013) Between Dogs & Wolves 
  • Forse consapevole delle proprie radici geneticamente multiple, PF opera una deviazione dal proprio songwriting meditativo anglosassone (scuola-Damien Rice) verso il cantautorato francese di impronta folk dei primi ’70 (Pierre Bensusan, Dan Ar Bras) e quello d’autore italiano intimista del medesimo periodo (Alloisio, Claudio Lolli). Purtroppo con scarsa convinzione ed arrangiamenti (in cui di solito eccelle) timidi e parchi. Pur apprezzando la bontà delle canzoni, resta un’occasione persa a metà. 7.2/10
  • PLACEBO (2013) Loud Like Love 
  • Da vent’anni sulle scene, al 7° album di cui i primi 3 amati dalla critica (che esaltava la splendida voce di Brian Molko, la distanza dal brit-pop nonostante le chitarre affilate, le sfumature glam e la potenza live nonostante si trattasse di un trio) ed i successivi snobbati dalla stessa in concomitanza col successo commerciale, il gruppo londinese non è riuscito ad ottenere la visibilità planetaria degli accostabili Muse ma ha sempre mantenuto un buon (mai eccellente) livello qualitativo. La cura del disturbo bipolare di Molko se da una parte non ha giovato all’ispirazione musicale e lirica della band, l’ha tuttavia preservata dallo scioglimento. Quest’ultimo disco è carino, meglio dei due precedenti, ma non aggiunge nulla a quanto noto né alla scena musicale odierna. 7.2/10

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