Un breve itinerario attraverso gli albums di alcune delle donne più coccolate dalla critica musicale estiva, nonostante artefici di musica non propriamente solare e vacanziera. Tra luci ed ombre.
- NADINE SHAH (2013) Love Your Dum And Mad
- Esordio dicotomico per l’inglese di origini pakistano/norvegesi: ad una prima parte indecisa tra il seguire la ieraticità di Patti Smith, la teatralità di Marianne Faithfull, lo spleen di Carla Bozulich o la commercialità di Florence & The Machine, segue una seconda in cui la voce sempre profonda, declamatoria e con un vibrato da studi classici si accompagna esclusivamente al pianoforte, come ammirasse Agnes Obel o Ane Brun. In entrambi i casi, con buoni risultati e grandi ed ancora poco espresse potenzialità. 7.7/10
- GOLDFRAPP (2013) Tales of Us
- Al sesto album il duo inglese Alison Goldfrapp + Will Gregory spariglia ancora le carte, dopo aver giocato quelle di un trip-hop elegantissimo (l’insuperato esordio del 2000 Felt Mountain), ma anche di un’electro-clash per masse e di una dance glam-trash dozzinale, proponendo ora il loro disco più intimistico, acustico, fratello timido e malinconico del riuscito Seventh Tree del 2007. Fin troppo in punta di piedi, verrebbe da aggiungere, mentre si apprezzano morbidi arpeggi di chitarra, un pianismo minimale, degli archi raffinati e la solita voce sensuale ed eterea di Alison. 7.4/10
- JULIA HOLTER (2013) Loud City Song
- La ventinovenne polistrumentista e cantante losangelena sorprende con una difficile, eterea e riuscita fusione di avantgarde e melodie pop, elettronica lieve ed inserti jazzati, intellettualismo algido alla Laurie Anderson e timbro cristallino alla Joni Mitchell, fiati ed archi alla These New Puritans e chiari richiami dark in stile 4AD. 7.4/10
- CHELSEA WOLFE (2013) Pain Is Beauty
- La californiana è la migliore erede attuale, con l’austriaca Anja Plaschg (alias Soap & Skin), della musica dark/decadente/neogotica al femminile partita con Nico (sarà una coincidenza che il suo primo album solista del 1967 sia titolato Chelsea Girl?) ed evoluta attraverso Siouxsie & The Banshees, Lydia Lunch, Cocteau Twins, Dead Can Dance, Carla Bozulich: insieme noir, ieratica, minacciosa, desolata, ossianica, depressogena. Per gli amanti del genere, una garanzia. Ma si richiede maggiore originalità rispetto ai modelli. 7.2/10
- JULIANNA BARWICK (2013) Nepenthe
- Originaria della Louisiana ma con base artistica a Brooklyn, l’americana disegna paesaggi sonori con il solo utilizzo della propria voce angelica, utilizzata in multipli loops sovrapposti. Solo al 3° album arricchiti da delicati accompagnamenti di pianoforte, archi ed elettronica, per un suono che si colloca tra l’avantgarde/ambient e la new age, tra Sigur Ros ed Enya, i Cocteau Twins e Brian Eno. Celestiale o noioso, a seconda dell’ascoltatore e del suo stato d’animo. 7/10
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