MELODY
GARDOT (2015) Currency of Man
Sdoganato
e apprezzato da decenni, sia dai jazzofili che dai rockettari, il
jazz fumoso, notturno, alcoolico, da piano bar (Tom Waits in assoluto
e Paolo Conte in Italia gli esempi più fulgidi), lo snobismo
bipartisan rock e jazz ha sempre poco considerato i territori di
confine, generalmente virati al femminile (se si eccettua
l’importante capitolo dei “crooners” alla Frank Sinatra, Harry
Connick Jr., Nat King Cole, Bing Crosby, Dean Martin fino al
contemporaneo Michael Bublè… mi perdonino i precedenti!), in cui
si intersecano il pop-rock sofisticato e la canzone d’autore da
jazz-club. Confini peraltro sempre più labili, come dimostrano non
solo gli arrangiamenti (si cerca lo swing
nel jazz, il groove
nel rock, il refrain catchy
nel pop, ma è questione di lana caprina) ma anche i dati di vendita,
che vedono le varie Diana Krall, Madeleine
Peyroux, Cassandra Williams ed appunto
Melody Gardot affiancare le interpreti pop rock più stimate. Eppure,
per venire al 5° album dell’americana, al solito bello, deve
essere un amico a passarmelo perché ascolti qualcosa oltre il “mio”
ambito di interesse musicale (peraltro già eccessivamente ampio). E
allora godo di ottime canzoni, dagli arrangiamenti raffinati ma
swinganti, suonate benissimo, godibili anche in auto e non solo al
Blue Note, e penso che Melody Gardot non sia musicalmente così
distante da Laura Marling, Rickie Lee Jones, Sophie Zelmani, Laura
Mvula, Anna Luca. Con partiture così geometriche, arrangiamenti
puntuali, esecuzioni misurate, assoli concisi, e lo swing che
incontra il groove, Currency of Man
rappresenta il lavoro più soul-pop-rock-(jazz)
della Gardot. Certamente quello che la proietta fuori dagli angusti
confini della jazz-singer.
Voto
Microby: 7.9
Preferite:
Preachermen,
Don’t Talk, Morning Sun
OLIVIA
CHANEY (2015) The Longest River
Nata
a Firenze ma cresciuta ad Oxford, dove ha compiuto gli studi musicali
per piano, violoncello e voce, la Chaney si è sempre dedicata ad una
rilettura colta della musica folk inglese,
con rimandi che vanno dalla Sandy Denny
più intima alle prove delle Unthanks.
Ma non è meno rilevante l’influenza della più grande cantautrice
acustica e trasversale di sempre, Joni
Mitchell. Giunge solo ora, a 32 anni, al
debutto su lunga distanza: e si resta con la curiosità di ascoltarla
con arrangiamenti meno scarni (voce, piano, violoncello, harmonium),
che in questa prima prova la costringono ad un pubblico di
appassionati del genere. Per palati fini.
Voto
Microby: 7.2
Preferite:
Imperfections,
Swimming In The Longest River, Too Social
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