ERIC
CHURCH (2015) Mr. Misunderstood
Ecco il mio disco ascoltato fuori tempo massimo per le classifiche di fine anno, e che invece si meriterebbe il posto d'onore alle spalle di Joe Jackson. Enrico
Chiesa è un 38enne del North Carolina musicalmente attivo dal 2006,
finora baciato con pieno merito dal successo sia artistico che
commerciale negli USA. Poco conosciuto da noi, è evoluto progressivamente dal
contemporary country
degli esordi al rock
da arena, per tornare attualmente ad un riuscitissimo mix delle due
influenze principali, con un ampliamento dei confini al soul
sudista, all’americana
del centro-sud, allo swamp-funk,
senza mai abdicare all’onnipresente spirito da outlaw
che lo fa sedere al tavolo con Ryan Adams, Townes Van Zandt, Joe Ely,
Steve Earle, Ray Wylie Hubbard, Zac Brown, Waylon Jennings, Willie
Nile e compagnia bella. Ma non lo perda anche chi ama
Bruce Springsteen, Van Morrison, Bob Seger, Warren Zevon. Bella voce,
chitarre calde ed assoli misurati, sia acustici che elettrici,
rifiniture di pianoforte alla Asbury Park Sound, cori soul ma
soprattutto una scrittura eccellente, splendida nelle ballate. Album
country-rock
dell’anno.
Voto
Microby: 8.7Preferite: Mistress Named Music, Chattanooga Lucy, Round Here Buzz
MARTIN
COURTNEY (2015) Many Moons
Il
leader dei Real Estate
si prende una vacanza dal gruppo madre senza allontanarsi
musicalmente dalla band (contrassegnata come è dalla sua voce e dal
suo jingle-jangle chitarristico cristallino e semiamplificato),
mentre lo fa geograficamente (dal New Jersey sposa sonorità West
Coast che intersecano Beach
Boys, The Byrds
ed i Beatles
più sognanti) e cronologicamente (la California di fine anni ’60,
solo filtrata dalla lezione di Go-Betweens
e Yo La Tengo). Più power-flower pop
da coca-cola e al massimo cannabis (in quantità moderata) che non
l’acid-rock californiano di Jefferson, Grateful e Quicksilver. Con
melodie appiccicose ma che non saturano mai, e la proposta di un
sogno fuori tempo che però non vorresti finisse mai. Lieve,
coccolante, sereno, rilassante, con il trascurabile limite di non
essere diverso dai lavori dei Real Estate (e dei Woods).
Voto
Microby: 7.8
Preferite:
Northern
Highway, Foto, Little Blue
KURT VILE (2015) B'lieve I'm
Goin' Down...
Più
che cronologicamente, sono ormai lontani artisticamente i tempi dei
The War On Drugs condivisi
con il sodale Adam Granduciel, ed il musicista di Philadelphia è
cresciuto di album in album (questo è il sesto da solista) fino ad
affermare il suo cantautorato folk sospeso
tra i ’60 ed i ’70 ibridato con l’indie-rock dei ‘90,
con melodie mai così pop e note che non rinunciano alla
psichedelica più lieve, così come una scrittura che non si
allontana mai del tutto dalla metropoli. Fa sognare ma con i piedi
per terra, e riesce ad essere insieme bucolico ed acidulo, tanto da
sembrare sempre più imparentato (grazie anche al timbro vocale
lievemente nasale ed alla prosodia indolente) con Robyn
Hitchcock ed il primo Joseph
Arthur. Alcuni brani sono troppo dilatati
e, con l’esordio del pianoforte nei suoi dischi, aumenta lo spazio
per le parti strumentali. In ogni caso è il suo lavoro ad oggi più
riuscito, ma con ampi margini di miglioramento nel DNA.
Voto
Microby: 7.5
Preferite:
Pretty
Pimpin, Wheelhouse, Dust Bunnies
1 commento:
Quello di Eric Church è proprio un bel disco. Mi ricorda il primo lavoro di Amos Lee: un tessuto country condito da blues-rock.
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