SAVAGES
(2016) Adore Life
Non
condivido né francamente comprendo l’entusiasmo della critica nei
confronti di questo quartetto inglese al femminile, giunto alla
seconda prova. Grinta da vendere, un tiro decisamente rock
di marca post-punk, poco fumo e tanto
arrosto, ottime capacità tecniche (soprattutto della sezione
ritmica), ma nulla che non abbiamo già abbondantemente ascoltato da
Patti Smith 40 anni fa, da Siouxsie & The Banshees 30, dalle
Sleater-Kinney e P.J. Harvey 20 e nei fondamentali da Courtney
Barnett, Torres, Waxahatchee solo lo scorso anno. Che le Savages
ripropongano lo spirito e gli ingredienti delle riot
grrrl meglio di tutte le altre le rende
solo più brave, ma non certo innovative. Resta un album adatto a chi
ama più la sostanza che la forma, e che già possiede la discografia
delle muse di riferimento.
Voto
Microby: 7Preferite: Sad Person, Adore, Evil
Partito
come progetto collaterale dei texani Okkervil
River, quello dei Shearwater è diventata
l’occupazione principale del fondatore, tastierista e cantante
Jonathan Meiburg. Che tuttavia dopo i picchi qualitativi, in odore
neo-prog, dell’eccellente Island Arc Trilogy
(tra il 2006 e il 2010), si è dedicato ad una new
wave melodrammatica, decadente ed a
tratti pomposa, dalla costruzione eighties
che piace molto agli americani ma molto meno agli inglesi che l’hanno
inventata. E a me, che l’ho amata 30 anni fa ma trovo prevedibile
oggi. Ben fatta, per carità, ma non mi sento ancora così
nostalgico. Secondo Meiburg “più grandi e tronfie suonano le
canzoni, più i testi sembrano combattuti”. Mah… se proprio devo,
mi riascolto gli originali cui i Shearwater rimandano: un pout-pourri
di Tears For Fears, Simple Minds,
primi Talk Talk
e Waterboys.
Voto
Microby: 7
Preferite:
Quiet
Americans, Backchannels, Pale Kings
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