giovedì 17 novembre 2016
Leonard Cohen - I 10 pezzi migliori
L'aveva preannunciata lui stesso. Nel suo ultimo album troppi erano i riferimenti alla morte per non introdurcela con la sua solita poesia e passione.
Ripensando alla sua carriera ecco una lista di 10 brani da ricordare.
1. Hallelujah (Various Positions, 1984). Sicuramente il suo brano più popolare, grazie alle numerose cover (su tutte quella di John Cale e Rufus Wainwright, ma soprattutto quella magnifica ed inarrivabile di Jeff Buckley). Non ebbe un gran successo, all'inizio; ad oggi se ne contano almeno 300 cover. Unico aspetto positivo di questi tristi giorni è che no, la canzone non era di Jeff Buckley.
2. Going Home (Old Ideas, 2012). Dopo otto anni di silenzio Cohen torna sul palco e pubblica un nuovo disco, scarnificando al massimo la sua musica. In questo brano, solo delicatamente sfiorato da archi e tastiere Cohen ricorda il Dylan di Time Out of Mind. La rivista Rolling Stone l'ha inserita tra le venti migliori canzoni del 2012.
3. So Long, Marianne (Songs of Leonard Cohen, 1967) Dedicata a Marianne Ihlen, incontrata ed amata di nascosto (era sposata ad uno scrittore norvegese) e scomparsa anch'ella quest'anno.
4. Suzanne (Songs of Leonard Cohen, 1967). Fu il suo singolo di esordio e, insieme ad Hallelujah, sicuramente la sua canzone più famosa. Anche questa, come la precedente, era dedicata ad una donna, Suzanne Verdal, che Cohen conobbe a Montreal e poi perse di vista. Una decina di anni fa un programma televisivo americano indagò sulla sua identità e scoprì che lei viveva in un'automobile a Venice Beach in California: al giornalista disse che con Cohen non c'era stato niente. L'hanno ripresa in tantissimi, Fabrizio De Andrè (nel 1972), Francesco De Gregori (nel 1970) e Nick Cave (sicuramente il suo discepolo più fedele) tra gli altri.
5. Bird on a wire (Songs from a Room, 1969). Scritta su un'isola greca dove aveva soggiornato per 7 anni facendo vita da bohémienne (insieme a Marianne Ihlen) è una sorta di apologia alla solitudine ed alla libertà. Anche grazie al successo di questo brano, insieme a quelli del precedente lavoro, Cohen viene invitato al festival dell'isola di Wight del 1970, ottenendo una popolarità planetaria.
6. Famous Blue Raincoats (Songs of Love and Hate, 1971). Racconta la storia di un triangolo amoroso tra il narratore, una donna di nome Jane ed un altro uomo, definito con rancore "mio fratello, il mio assassino".
7. Chelsea Hotel no. 2 (New skin for the old Ceremony, 1974). Una delletante canzoni dedicate al famoso hotel di downtown Manhattan, che negli anni ha ospitato praticamente tutti i più grandi della musica (Patti Smith, Bob Dylan, Jimi Hendrix, Joni Mitchell, Nico, Janis Joplin e Leonard Cohen stesso). In questo brano celebra la sua breve relazione con Janis Joplin ("mi dicesti che preferivi gli uomini belli, ma per me avresti fatto un'eccezione"), incontrata per caso in un ascensore dell'hotel.
8. Tower of Song (I'm Your Man, 1988). Autobiografica ed autoironica ("I was born like this / I had no choice /I was born with the gift of a golden voice"). Il testo di questo brano fu letto in occasione dell'inserimento nella Rock'n'roll Hall of Fame nel suo discorso di ringraziamento.
9. First we Take Manhattan (I'm Your Man, 1988). Testo agghiacciante e ritmi elettronici (eravamo negli anni del synth-pop): sempre attuale visti i riferimenti al fascino delle posizioni estreme ed aggressive. Bella la cover di Joe Cocker.
10. On That Day (Dear Heather, 2004). Canzone sull'11 settembre in risposta a ciò che si sentiva in giro: "qualcuno dice che ce lo siamo meritati, per i nostri peccati contro Dio, o i crimini contro l'umanità. Non so, io mi limito a tenere duro, dal giorno in cui ferirono New York. Qualcuno dice che ci odiamo da sempre, per le nostre donne svelate, per i nostri schiavi e il nostro oro. Non so, io mi limito a tenere duro. Ma voi ditemi una cosa, e io non vi giudicherò: siete impazziti o vi siete arruolati, quel giorno? Quel giorno che ferirono New York?"
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