lunedì 14 novembre 2016

THE DIVINE COMEDY, THE JAYHAWKS, SOPHIA



THE DIVINE COMEDY (2016) Foreverland


Così come a scuola per La Divina Commedia, da sempre per il gruppo a conduzione egemone da parte del nordirlandese Neil Hannon non esistono mezze misure: lo si ama o lo si odia. Nella vita personaggio dandy ed avulso dalla realtà, anche artisticamente il suo pop orchestrale è atemporale: melodico, romantico, enfatico, da feuilleton rosa fin dagli esordi nel 1990. Incurante del grunge, del brit-pop, del synth-pop, dell’hip-hop, del trip-hop, del new acoustic movement che imperavano nella contingenza, Hannon è sempre andato dritto per la sua strada inanellando una serie di eccellenti album (seppur non adesi al momento musicale, come un vaso cinese in un contesto Bauhaus), con uno stile riconoscibilissimo e unico. Anche quest’ultimo sforzo, buono seppur non fra i suoi migliori (i miei preferiti restano Casanova del 19996 e Regeneration del 2001) piacerà a chi apprezza Rufus Wainwright, Adam Green, Richard Hawley, Pulp e sarà rigettato da chi ama suoni freddi, o moderni, o essenziali, o grezzi. Chi lo segue non lo perda in concerto a Brescia il 10 febbraio 2017 nel suo contesto ideale, il Teatro Grande.
Voto Microby: 7.7
Preferite: To The Rescue, Napoleon Complex, Catherine The Great



THE JAYHAWKS (2016) Paging Mr. Proust



La definitiva fuoriuscita di Marc Olson da uno dei gruppi seminali dell'alt-country ha scompaginato l'assetto musicale dei Jayhawks, da sempre brillantemente in equilibrio tra folk, country e pop, tra Byrds, Beatles e tradizione rurale americana. Il re-styling ha prodotto un lavoro indeciso (come la copertina) tra vecchio e nuovo, in cui l'anima predominante resta quella melodica e beatlesiana dell'attuale leader unico, Gary Louris, tuttavia in molte canzoni tale attitudine è sporcata da un suono elettrico alla Neil Young con i Crazy Horse. Progetto interessante nelle intenzioni e affatto estraneo al background della band, tuttavia quel che manca è l'amalgama tra le due opposte direzioni, chè i brani in sè godono di buona scrittura ed esecuzione. Ma dai fuoriclasse è lecito pretendere di più. Disegno da sviluppare, completare, colorare meglio.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Quiet Corners & Empty Spaces, Lovers of The Sun, The Devil Is In Her Eyes



SOPHIA (2016) As We Make Our Way – Unknown Harbours



La band, da considerare a tutti gli effetti il moniker di Robin Proper-Sheppard dopo lo scioglimento dei God Machine, sembrava dissolta dopo 7 anni di silenzio seguìti ad un penultimo album il cui titolo appare ora come programmatico (There Are No Goodbyes). E invece eccoci con un nuovo lavoro che dispiega le varie anime di RPS: dalle note malinconiche della voce profonda e colloquiale che lo accomuna da sempre a Tindersticks e Smiths più romantici, allo shoegaze amato in gioventù, al pop jingle-jangle, all'indie-rock più raffinato. Troppe influenze per una carne sul fuoco che non è figlia dell'ispirazione dei tempi migliori, per un risultato finale che è di piacevole ascolto ma non raccomandabile se paragonato ad una discografia passata che è di qualità superiore.
Voto Microby: 7
Preferite: California, Don't Ask, The Drifter


















 
 

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