THE
DIVINE COMEDY (2016) Foreverland
Così
come a scuola per La Divina Commedia, da sempre per il gruppo a
conduzione egemone da parte del nordirlandese Neil
Hannon non esistono mezze misure: lo si
ama o lo si odia. Nella vita personaggio dandy ed avulso dalla
realtà, anche artisticamente il suo pop
orchestrale è atemporale: melodico,
romantico, enfatico, da feuilleton rosa fin dagli esordi nel 1990.
Incurante del grunge, del brit-pop, del synth-pop, dell’hip-hop,
del trip-hop, del new acoustic movement che imperavano nella
contingenza, Hannon è sempre andato dritto per la sua strada
inanellando una serie di eccellenti album (seppur non adesi al
momento musicale, come un vaso cinese in un contesto Bauhaus), con
uno stile riconoscibilissimo e unico. Anche quest’ultimo sforzo,
buono seppur non fra i suoi migliori (i miei preferiti restano
Casanova del 19996 e
Regeneration del 2001)
piacerà a chi apprezza Rufus Wainwright, Adam Green, Richard Hawley,
Pulp e sarà rigettato da chi ama suoni freddi, o moderni, o
essenziali, o grezzi. Chi lo segue non lo perda in concerto a Brescia
il 10 febbraio 2017 nel suo contesto ideale, il Teatro Grande.
Voto
Microby: 7.7
Preferite:
To
The Rescue, Napoleon Complex, Catherine The Great
THE JAYHAWKS (2016) Paging Mr.
Proust
La definitiva fuoriuscita di Marc Olson da uno dei
gruppi seminali dell'alt-country
ha scompaginato l'assetto musicale dei Jayhawks, da sempre
brillantemente in equilibrio tra folk, country e pop, tra Byrds,
Beatles e tradizione rurale americana. Il
re-styling ha prodotto un lavoro indeciso (come la copertina) tra
vecchio e nuovo, in cui l'anima predominante resta quella melodica e
beatlesiana dell'attuale leader unico, Gary Louris, tuttavia in molte
canzoni tale attitudine è sporcata da un suono elettrico alla Neil
Young con i Crazy Horse. Progetto
interessante nelle intenzioni e affatto estraneo al background della
band, tuttavia quel che manca è l'amalgama tra le due opposte
direzioni, chè i brani in sè godono di buona scrittura ed
esecuzione. Ma dai fuoriclasse è lecito pretendere di più. Disegno
da sviluppare, completare, colorare meglio.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Quiet
Corners & Empty Spaces, Lovers of The Sun, The Devil Is In Her
Eyes
SOPHIA (2016) As We Make Our
Way – Unknown Harbours
La band, da considerare a tutti gli effetti il moniker
di Robin Proper-Sheppard
dopo lo scioglimento dei God Machine,
sembrava dissolta dopo 7 anni di silenzio seguìti ad un penultimo
album il cui titolo appare ora come programmatico (There
Are No Goodbyes). E invece eccoci con un
nuovo lavoro che dispiega le varie anime di RPS: dalle note
malinconiche della voce profonda e colloquiale che lo accomuna da
sempre a Tindersticks e
Smiths più
romantici, allo shoegaze amato in gioventù, al pop jingle-jangle,
all'indie-rock più raffinato. Troppe influenze per una carne sul
fuoco che non è figlia dell'ispirazione dei tempi migliori, per un
risultato finale che è di piacevole ascolto ma non raccomandabile se
paragonato ad una discografia passata che è di qualità superiore.
Voto
Microby: 7
Preferite:
California, Don't
Ask, The Drifter
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