MANCHESTER
ORCHESTRA (2017) A Black Mile To The Surface
Come
per Manchester
By The Sea,
lo splendido film di Kenneth Lonergan, la città inglese dello United
e del City (ma anche di The Smiths, Stone Roses e Oasis tra gli
altri) non c’entra nulla con la ragione sociale della band,
originaria di Atlanta (Georgia, USA) e giunta con questo al quinto
album. Dimenticata (per un disco?) la passione per le chitarre
elettriche taglienti e la voce selvaggia di impronta indie-hard-rock,
ecco emergere la scrittura, sopraffina nell’intreccio di linee
melodiche ed armonie vocali. L’epica passionale di U2
e
Big
Country
negli ’80 si incrocia col romanticismo neo-prog di Elbow
e Blue
October
nel nuovo millennio, la voce e l’intensità dei migliori Band
of Horses
con la propulsione ritmica tambureggiante e cinematica di Woodkid,
e le aperture/chiusure corali rimandano a dei Fleet
Foxes elettrici
(una delle possibili evoluzioni del gruppo californiano, disattesa
pochi mesi fa). Inserti di voci e rumori di fondo richiamano il
tipico vezzo in studio dei Pink Floyd. Il tutto viene eseguito
tecnicamente in modo ineccepibile, con pieno controllo dei mezzi, col
cuore in mano e la mente lucida. Il suono è formalmente pulito ma
denso e corposo, tale da non lasciare spazio all’immaginazione,
tuttavia abbondantemente soddisfatta. Tutta un’altra band rispetto
alla Manchester Orchestra conosciuta finora. Non è dato sapere
perché solo dopo 10 anni dal debutto il combo guidato
dall’eccellente vocalist Andy Hull sia giunto ad una organizzazione
musicale siffatta, ma siamo ben lieti dell’evento, che ha permesso
di partorire un capolavoro nel suo genere. In linea qualitativa anche la bella copertina.
Voto
Microby: 9
Preferite:
The
Gold, The Moth, The Alien
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