mercoledì 6 giugno 2018

XAVIER RUDD


XAVIER RUDD (2018) Storm Boy



Ho un debole per questo quarantenne di Victoria, Australia, partito quindici anni fa dai circuiti folk locali come chitarrista e suonatore di didgeridoo per poi aprirsi come polistrumentista a musica cantautorale ma dalle svariate influenze, sempre nell'ambito di un folk-pop coloratissimo, soulful e con abbondanti screziature reggae. La cultura aborigena (tale era la bisnonna) permea le sue liriche, da sempre improntate a magnificare le leggi di madre natura, il rispetto per l'ambiente e per le minoranze etniche e religiose ("la musica è la mia chiesa, la cultura aborigena la mia religione"), e soprattutto l'uguaglianza anche interspecie (nelle tribù aborigene gli uomini non si considerano superiori a piante ed animali). Dopo il capolavoro totalmente reggae "Nanna" del 2015, una splendida anomalia nella sua discografia, Rudd torna ad allacciarsi ai suoi temi anche musicali consueti, che vedono il Paul Simon sia intimo che etnico abbracciare il Bob Marley più mistico, e che nel nuovo millennio trovano esempi simili in Jack Johnson, John Butler, Ben Harper (ma io lo preferisco a tutti e tre). Storm Boy si aggancia a Spirit Bird del 2013, ma lo supera in brillantezza di suoni, varietà di ispirazione, leggerezza compositiva. E' un disco che nella prima parte rallegra, rinfresca, corrobora, e nella seconda culla con ballate sognanti. Grazie a Stefano che me lo fece conoscere molti anni fa, spero di potermelo godere dal vivo il prossimo 10 ottobre all'Alcatraz a Milano.
Voto Microby: 8.3
Preferite: Keep It Simple, Walk Away, True Love

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