COURTNEY BARNETT (2018) Tell Me How You
Really Feel
Timbro vocale monocromatico che ben si adatta all’attitudine/estetica
slacker (per chi apprezza --e non sono tra quelli-- il cantato
tra lo svogliato ed il pigro, senza chiedersi se sia dovuto a
snobismo, sufficienza, o scarse qualità tecniche vocali), il secondo
album (terzo con quello dello scorso anno cofirmato con Kurt Vile,
qualitativamente interlocutorio) della ventisettenne australiana è
già materia di discussione come capita alle stars, sebbene
underground. Meriti la Barnett ne esibisce in abbondanza, dal momento
che poche come lei sanno fondere il garage à-la Velvet
Underground con lo slacker loureediano solista, l’urgenza
post-punk di Sleater-Kinney, Hole e Breeders,
l’hard-grunge dei Nirvana, l’indie-rock dei ’90,
l’impeto delle riot grrrls e le icone trasversali Patti Smith
e PJ Harvey. Le chitarre ritmiche (modesto lo spazio
riservato alla solista, come da protocollo dei generi citati)
grattugiate e la voce monocorde riescono incomprensibilmente ad
esprimere rabbia orecchiabile, tanto che numerosi sono i singoli
indie che la cantautrice (chè tale resta) sforna, al punto da
ritrovarsi a canticchiarli nonostante al primo approccio la sua
proposta possa risultare ostica. Sconsigliato, da quanto scritto, a
chi apprezza arrangiamenti eleganti, armonie vocali raffinate,
perizia tecnica e soluzioni strumentali ariose e colorate. Qui si va
all’essenza della musica rock, senza abbellimenti di sorta.
Voto Microby: 7.7
Preferite: Need
A Little Time, Charity, Hopefulessness
ALELA
DIANE (2018) Cusp
Sesto album per la cantautrice
californiana (di Nevada City, come Joanna Newsom), il più maturo ma
anche il più bello, insieme al debutto The
Pirate's Gospel che
l'aveva fatta conoscere nel 2006. Ed il più coeso, bilanciato,
raffinato nel suo folk-pop
bucolico che
riconosce tra le muse ispiratrici Sandy
Denny, Joni Mitchell
e Carole King.
É una sorta di concept album partorito (è proprio il caso di dirlo)
dopo la propria difficile maternità e che ha per tema la maternità
in senso lato. Toccante nei testi, dolce e malinconico nelle melodie,
acustico ed asservito principalmente dai tasti del pianoforte
piuttosto che dagli arpeggi della chitarra, con arrangiamenti
delicati ma non spartani, Cusp
ribadisce la classe della cantautrice americana, fuori schema per
ogni moda musicale attuale ma che verrà premiata dal tempo, se saprà
essere galantuomo. Qui
siamo agli antipodi rispetto all'immediatezza grezza e pugnace di
Courtney Barnett: non un giudizio qualitativo, entrambe meritevoli.
Voto
Microby: 7.7
Preferite:
Moves
Us Blind, Ether & Wood, Albatross
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