giovedì 4 ottobre 2018

BIG RED MACHINE


BIG RED MACHINE (2018) Big Red Machine



Dobbiamo accettare, anche se tuttora pare siano in pochi a gioirne, che Bon Iver di "For Emma, Forever Ago" (2008) e The National di "Boxer" (2007) siano capitoli musicali archiviati. Il canadese Justin Vernon, aka Bon Iver, già nel precedente "22, A Million" (2016) aveva improvvisamente abbandonato il cantautorato acustico, intimo e bucolico in favore di un'elettronica straniante, ostica ai primi ascolti ma ricca di sfumature ed infine affascinante. I due gemelli Aaron e Bryce Dessner, anima dei newyorkesi The National, da qualche anno palesano interesse e tessono collaborazioni con artisti di musica elettronica, jazz, avantgarde e colonne sonore. Non era però scontato (anzi è stato del tutto casuale: l'incontro/confronto ad una kermesse musicale con la presenza di entrambi) che i due corpi musicali partorissero un lavoro collaborativo, sotto il nom de plume Big Red Machine. Album nettamente spostato sulle più recenti coordinate del barbuto cantautore canadese (sua d'altra parte la quasi totalità della scrittura, così come la voce, nel tipico falsetto e/o filtrata/distorta dal vocoder), ma cui la tessitura delle chitarre di Aaron Dessner dona profondità, mistero, fascino secondo (fatte le debite proporzioni) la lezione del Robert Fripp dei '70-'80. Andiamo al dunque: chi ha disprezzato (perchè tedioso) il Bon Iver elettronico non reggerà tre brani dell'album che sto recensendo; chi lo ha apprezzato amerà ancora di più i Big Red Machine, che ne rappresentano la naturale e migliore evoluzione: figli riconoscenti (ed ancora in parte acerbi ma dagli sviluppi promettenti) dei Radiohead meno commerciali, e nipoti ben educati dall'elettronica di Laurie Anderson, dalle sperimentazioni di Robert Fripp e Peter Gabriel, ma soprattutto dalle collaborazioni tra Brian Eno e David Byrne. Un lavoro a suo modo singolare e moderno, inadatto a chi alla musica chiede solo entertainment, ma nemmeno esclusivo piacere di critici snob e Pitchfork generation. Io lo trovo ipnotico, non ipnoinducente.

Voto Microby: 7.8

Preferite: Lyla, Forest Green, I Won't Run From It


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