Storico tastierista dei Double
Trouble, la band di Stevie Ray Vaughan, e quindi ricercato turnista
per molti artisti in primis del genere rock-blues, tra i quali John
Mayall e soprattutto recentemente Joe Bonamassa, Rese Wynans ha da
parte di quest’ultimo finalmente l’endorsement
per un esordio in proprio alla tenera età di 71 anni. E lo fa con un
disco di assoluto valore, non solo tecnicamente ineccepibile come
atteso da un parterre
di allstars del
genere, dai chitarristi Joe Bonamassa, Kenny Wayne Shepherd, Warren
Haynes, Jack Pearson, Doyle Bramhall II, Josh Smith, ai cantanti Sam
Moore (Sam & Dave), Mike Farris, Jimmy Hall, Keb’Mo’, Bonnie
Bramlett, Warren Haynes, Noah Hunt, ed il muscolare supporto della
sezione ritmica dei Double Trouble, Chris Layton e Tommy Shannon. Il
capolavoro sta nell’evitare il tranello della vetrina per i singoli
fuoriclasse dello strumento, e nel saperli integrare mettendoli al
servizio della canzone. Lo stile è dalle parti dei Blues
Brothers,
facciata rhythm’n’blues
con cuore blues, anima soul e tiro rock, vario nella scelta ed
interpretazione dei brani (covers, alcune strumentali), fino alla
sorpresa finale di una “Blackbird”, toccante riproposizione per
solo piano del capolavoro dei Beatles, che chiude con tenerezza un
lavoro altrimenti scoppiettante di energia. Ora speriamo che il
nostro non si fermi al debutto, ma ci delizi con altre proposte
simili.
Voto
Microby: 8
Preferite:
That
Driving Beat, Crossfire, Sweet Release
JOHN MAYALL
(2019) Nobody Told Me
All’età di 85 anni e grazie anche
alla presenza come ospiti dei migliori chitarristi rock-blues della
penultima leva (Joe Bonamassa, Larry McCray, Alex Lifeson, Steven Van
Zandt, Carolyn Wonderland), l'inglese padrino con Alexis Korner del
British Blues Revival firma uno dei suoi dischi
migliori di sempre. Alla sezione ritmica i fedeli Greg Rzab e Jay
Davenport; tra gli ospiti anche Todd Rundgren alle tastiere e Ron
Dziubla al sax. Immortale.
Voto Microby: 8
Preferite:
The Hurt Inside, What Have I Done, The Moon Is Full
TOM RUSSELL - October in the Railroad Earth (2019)
Il suo migliore lavoro è sicuramente The Rose of Roscrae del 2015, ma questo californiano atipico (parla di storie di confine e ha sonorità texmex ed honky-tonk, manco fosse un autentico texano) riesce sempre a confezionare dischi ispirati e di grande impatto. In questo lavoro si fa accompagnare da una superband comprendente la chitarra di Bill Kirchen (dei mitici Lost Planet Airmen di Commander Cody) Eliza Gilkyson alla voce e David Carroll al basso, affiancata dalla sezione texmex di Max e Josh Baca dei Texmaniacs. Il disco vuole essere una sorta di tributo a Johnny Cash e Jack Keraouac due dei grandi padri della cultura americana: il vocione di Tom Russell e la steel guitar di accompagnamento scavano nella tradizione country elettrica resa così popolare dal Man-In-Black e non disdegnano di allargarsi verso territori folk acustici e, ovviamente, texmex. Da ascoltare: Red Oak, Texas Voto: ☆☆☆1/2
Dal 2015 di “Written
In Scars”, quando
il cantautore italo-inglese (nato a Londra da padre genovese) ha
cominciato ad ottenere un discreto riscontro commerciale in virtù di
arrangiamenti decisamente più radiofonici, le recensioni dei suoi dischi sono
scomparse dai blog di appassionati pop-rock per comparire nelle
pagine delle riviste più disimpegnate e modaiole. Eppure la
scrittura di testi e melodie non ha mai perso un grammo della sua
intensità, e la sua voce abrasiva ed appassionata resta tra le più
belle del genere. E nei concerti raccoglie consensi pressochè
unanimi. Con quest’ultimo album non riesce ancora a personalizzare
musicalmente la propria penna, ma quantomeno la focalizza in un
periodo temporale ben preciso, che va dalla
fine degli anni ’70 all’inizio degli ’80.
Importante l’influenza della musica
leggera italiana
(di spessore) dei seventies,
con arrangiamenti per archi alla Luis Bacalov sebbene a volte troppo
enfatici (da sempre un suo difetto), ma evidente anche la lezione di
Ennio Morricone (Candlelight),
di Barry White (What
More Can I Do), di
Nancy Sinatra (Dying
For Your Love, Beginning of Us),
di Bonnie Tyler (Touchy
Situation, Greatest Mistake),
della disco dei primi ’80 (Youth
and Love, Simmetry),
ma anche del cantautorato inglese che va da Cat Stevens a James Blunt
(Thinghs I Thought
I’d Never Do, Going Home).
Personalmente mi compiaccio che Savoretti abbia abbandonato gli
arrangiamenti eighties
pacchiani delle precedenti uscite, ma dubito che la scelta attuale
possa piacere ai rockettari, così come agli appassionati di easy
listening
contemporaneo. La toccante versione di “Vedrai
vedrai” di Luigi
Tenco (cantata in italiano, che il nostro parla da madrelingua),
posta come bonus track in chiusura della Deluxe Edition, lascia
intuire che il nuovo Giovanni Edgar Charles Galletto “Jack”
Savoretti potrebbe spaccare tra il pubblico dei 40-60 anni. Non suoni
come una pecca.
Voto
Microby: 7.3
Preferite:
Dying
For Your Love, Better Off Without Me, Candlelight
DURAND JONES & THE INDICATIONS - American Love Call (2019)
Tra le realtà più interessanti della scena soul contemporanea, la band di Bloomington, Indiana, nasce ai tempi dell’università come un gruppo di amici che decide di recuperare il sound Stax degli anni ’60, mixandolo con funk, swing e rock’n’roll. American Love Call è il loro secondo album: con un’evoluzione verso il suono elegante, malinconico e melodico di Al Green, Sam Cooke, Bobby Womack e Delfonics, così piacevole da ricordare a tratti il primo Marvin Gaye.
Il suono può risultare un pò retro ma la qualità di questa band riesce a riproporre il soul classico come una musica senza tempo: Jones è sicuramente un frontman dinamico ma tutto il gruppo insieme conferisce energia ed armonia. Un gran bel disco, solido, di soul americano. Da ascoltare: Morning In America, Court Of Love, How Can I Be Sure. Voto: ☆☆☆☆
Di gran lunga l’album più
soul-oriented della TTB, a trazione decisamente più Susan Tedeschi
(sia in fase compositiva che negli arrangiamenti) che Derek Trucks
(che tuttavia con i suoi assoli all’elettrica nobilita anche i
brani meno pregiati). Le canzoni partono tutte con un’intelaiatura
soul sostenuta da Susan, per poi trasformarsi in rock quando Derek
imbraccia la sei corde. E così si completa l’evoluzione che, dagli
esordi all’insegna di un blues elettrico (pur con elementi rock e
soul-funky di matrice southern, in particolare di New Orleans), ha
condotto la TTB all’attuale miscela di soul-R’n’B
che non ha più nulla dei mentori Allman Brothers mentre tra gli
ispiratori parte da Delaney & Bonnie ed Ike & Tina Turner per
arrivare a Sharon Jones, con tratti pop-soul che riconoscono perfino
Stevie Wonder, talvolta con i medesimi eccessi di cori ed archi. Una
ricetta indubbiamente colorata e coloured, che promette di essere
incendiaria nella dimensione live.
Nonostante la voce della Tedeschi abbia ormai acquisito struttura e
personalità di eccellenza, nel genere tuttavia è ancora meglio
Beth Hart, con o senza Joe Bonamassa.
Voto Microby: 7.6
Preferite:
Signs,I’m
Gonna Be There, Shame
RYAN
BINGHAM (2019) American Love Song
Dopo
un paio di produzioni sbagliate, che cercavano l’energia del rock
riuscendo invece solo a gonfiare i muscoli, il texano torna con 15
canzoni per un riuscito bignami
della musica tradizionale americana,
dal rock’n’roll al country & western, dal blues alle country
ballads, dal rock al gospel, senza gioielli ma nemmeno punti deboli,
suonato e prodotto benissimo (alla chitarra elettrica ed alla
produzione il nostro divide l’impegno con Charlie Sexton), ed al
solito impreziosito da una voce tra le più belle del panorama
musicale americano.