giovedì 19 settembre 2019

KEVIN MORBY



KEVIN MORBY (2019) Oh My God


Davvero bizzarro l’ex The Babies e Woods, partito dall’indie-rock e, una volta smarcatosi, mai realmente approdato a qualche sottogenere significativo (per vendite o storia della nostra musica). In testa ci sono sempre Bob Dylan, Leonard Cohen e Lou Reed, ma con un’estetica “slacker” che lo avvicina anche a Pete Doherty, Stephen Malkmus/Pavement, Grandaddy e cantanti vari apparentemente “scazzati” (vedi i più recenti Joseph Arthur, Mac DeMarco e Kurt Vile). La qualità della sua produzione è peraltro sempre stata apprezzabile (mai tuttavia imprescindibile). Stavolta al primo ascolto sembra aver fatto il passo più lungo della gamba: come il Dylan di Saved il musicista americano sembra il nuovo illuminato sulla via di Damasco e, in scia agli artisti del cosiddetto “christian rock”, ci propone un predicozzo i cui testi (espliciti già nei titoli) urticherebbero atei ed agnostici, ma accompagnati da musiche ed arrangiamenti intriganti e piacevoli per quanto strani, quasi esclusivamente acustici, che ci fanno dimenticare le continue invocazioni al nostro dio e signore. Critica musicale divisa in due: io sto con quella cui, alla fine, il disco è piaciuto (senza gridare al miracolo...oops!).
Voto Microby: 7.5
Preferite: Hail Mary, Seven Devils, Piss River

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