THE
DIVINE COMEDY (2019) Office Politics
Emersa
nei primi anni ‘90 in piena esplosione del fenomeno brit-pop (ma
più in orbita Pulp che Oasis/Blur), la band-veicolo del bizzarro ma
dotato dandy nordirlandese Neil Hannon aveva già in fasce un piede
nel post-brit pop pianistico e cinematico targato Coldplay. Una
carriera apprezzabile anche perché sempre fuori dagli schemi, nel
suo rendere piacevolmente attuale l’old-fashion, fino a renderlo
evergreen. Due
soli i capolavori di squisito artigianato pop, Casanova
del 1996 ed il più articolato Regeneration
del 2001. In mezzo un discontinuo movimento di lavori mediamente
buoni, con gioiellini pop dai testi intelligenti ed ironici (se non
beffardi), e musiche che hanno miscelato sapientemente beat,
chamber pop, prog, vaudeville, cinema, classica ed operetta,
in un excursus che ha precedenti illustri in Todd Rundgren, 10CC,
Sparks, Bryan Ferry, Rufus
Wainwright,
il David Bowie ed i Queen più glam, solo per citarne alcuni. A tre
anni dal precedente Foreverland
(buono), Hannon ci sorprende ancora con la novità di incursioni
nella musica elettronica. Stavolta toppando, dal momento che i brani
“elettronici” non posseggono né il crisma dell’originalità né
quello della qualità. Fortunatamente sono del tutto scorporati
dall’unicum pop
barocco
hannoniano che permea il resto dell’album, al solito melodico,
colorato, raffinato, romantico e corposo (16 brani ufficiali, che
diventano 31 nella Deluxe Edition che acclude un bonus disc di
inediti prevalentemente piano e voce). Dopo un editing che sopprima
un paio di brani elettronici e 2-3
canzoni fuori contesto ed anche qualitativamente trascurabili (più
pleonastiche che inutili), resta un disco di pop atemporale ben
scritto, arrangiato ed interpretato. Una delizia per le orecchie e
l’unica caratteristica
costante per l’originale Mr. Hannon.
Voto
Microby: 7.7
Preferite:
You’ll
Never Work In This Town Again, Norman and Norma, When The Working Day
Is Done
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