lunedì 9 settembre 2019

THE DIVINE COMEDY


THE DIVINE COMEDY (2019) Office Politics

Emersa nei primi anni ‘90 in piena esplosione del fenomeno brit-pop (ma più in orbita Pulp che Oasis/Blur), la band-veicolo del bizzarro ma dotato dandy nordirlandese Neil Hannon aveva già in fasce un piede nel post-brit pop pianistico e cinematico targato Coldplay. Una carriera apprezzabile anche perché sempre fuori dagli schemi, nel suo rendere piacevolmente attuale l’old-fashion, fino a renderlo evergreen. Due soli i capolavori di squisito artigianato pop, Casanova del 1996 ed il più articolato Regeneration del 2001. In mezzo un discontinuo movimento di lavori mediamente buoni, con gioiellini pop dai testi intelligenti ed ironici (se non beffardi), e musiche che hanno miscelato sapientemente beat, chamber pop, prog, vaudeville, cinema, classica ed operetta, in un excursus che ha precedenti illustri in Todd Rundgren, 10CC, Sparks, Bryan Ferry, Rufus Wainwright, il David Bowie ed i Queen più glam, solo per citarne alcuni. A tre anni dal precedente Foreverland (buono), Hannon ci sorprende ancora con la novità di incursioni nella musica elettronica. Stavolta toppando, dal momento che i brani “elettronici” non posseggono né il crisma dell’originalità né quello della qualità. Fortunatamente sono del tutto scorporati dall’unicum pop barocco hannoniano che permea il resto dell’album, al solito melodico, colorato, raffinato, romantico e corposo (16 brani ufficiali, che diventano 31 nella Deluxe Edition che acclude un bonus disc di inediti prevalentemente piano e voce). Dopo un editing che sopprima un paio di brani elettronici e 2-3 canzoni fuori contesto ed anche qualitativamente trascurabili (più pleonastiche che inutili), resta un disco di pop atemporale ben scritto, arrangiato ed interpretato. Una delizia per le orecchie e l’unica caratteristica costante per l’originale Mr. Hannon.
Voto Microby: 7.7
Preferite: You’ll Never Work In This Town Again, Norman and Norma, When The Working Day Is Done

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