venerdì 19 febbraio 2021

Recensione Ani DiFranco - Revolutionary Love (2021)


 ANI DIFRANCO - Revolutionary Love (2021)


Genere: Folk-rock Alternative Singer-songwriter



Nuovo album in studio (il ventiduesimo!) per la 50enne cantautrice di Buffalo, a 4 anni dal precedente “Binary” con in mezzo concerti, una autobiografia ed una serie di riedizioni acustiche ed alternative dei suoi brani migliori. AD è sempre stata una ribelle fin da ragazzina con le sue prime canzoni così schiette e l’etichetta musicale indipendente da lei fondata quando era poco più che ventenne dopo aver rifiutato di firmare con le case discografiche tradizionali. E’ quindi forse sorprendente che quest’ultimo lavoro, pur incentrato sulle turbolenze politiche attuali, non sia ribollente di sfide e rabbia ma che sia incentrato su un atteggiamento di compassione e di amore (un pò come il recente filmato pubblicitario di Springsteen lo è di fiducia e speranza per il futuro).

Un capolavoro di scrittura melodica con arrangiamenti smooth (“Contagious”, “Crocus”), bossa-nova (“Do or die”), pop (“Simoultaneously”) e soul-blues (“Revolutionary Love”) che negli ultimi anni hanno via via parzialmente sostituito il suo caratteristico stile ritmico aspramente percussivo (che tuttavia permane in “Chloroform” o “Confluence”). Questa evoluzione o, per meglio dire, maturazione, le ha permesso di procedere verso ballate più potabili, accoglienti ma mai banali. La sua voce, versatile ma autoritaria, è assolutamente centrale nella costruzione e nella resa dei brani, dal piglio così combattivo ed impegnato, e dei testi sempre scomodi ed illuminati.

Cominciamo subito col dire che si tratta sicuramente del disco migliore che mi è capitato di sentire in questo inizio del 2021, unico per il suo caldo sound avvolgente, strapieno di variegate sfumature e di lirismo poetico.  Da ascoltare: Contagious, Do or Die, Simultaneously.

Voto: 1/2








1 commento:

microby ha detto...

In una carriera così lunga e prolifica ma soprattutto caleidoscopica è difficile dire quale sia stata la Ani DiFranco migliore. Personalmente sono affezionato al secondo lustro degli anni '90, quello che dal folk militante degli esordi era evoluto in pop-rock anche con tinte radiofoniche. Forse anche perchè in quel periodo la vidi in concerto (e merita!). Ma concordo che l'escursione nei territori folk-soul e jazz-pop dell'ultimo decennio, sull'esempio di quanto avevano fatto in passato Joni Mitchell e Rickie Lee Jones, è assolutamente meritevole (segnalo in tema l'ultimo album della canadese Tamara Lindeman, in arte The Weather Station: Ignorance). Non più sbarazzina, nè barricadera, Ani ci invita a metterci in poltrona e a godere i colori pastello della maturità, vestita di arrangiamenti notturni e raffinati, come nel precedente Binary (2017).
Voto Microby: 7.6
Preferite: Do or Die, Contagious, Revolutionary Love

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