sabato 14 maggio 2022

ARCADE FIRE (2022) WE


Genere
: Indie-Rock, Art-Rock  

Simili: Broken Social Scene, Modest Mouse, Spiritualized, Radiohead, Woodkid, Wolf Parade, Mogwai

Voto Microby: 8.2

Preferite: End of The Empire I-IV, The Lightning I, Age of Anxiety I

La band canadese è universalmente riconosciuta tra le più influenti nell’evoluzione della musica rock (e addentellati vari) nel nuovo millennio. Personalmente la considero “la” più importante del primo decennio, vergato dal trittico di capolavori Funeral (2004), Neon Bible (2007) e The Suburbs (2010). Per non ripetere all’infinito una formula che aveva estratto l’indie pop-rock dalle produzioni casalinghe per offrirlo a quelle ipertrofiche del mainstream, facendosi tuttavia apprezzare per la riuscita fusione di generi musicali agli antipodi (rock e disco music, folk e punk, new wave e marce militari), la band di Montreal aveva sterzato nel decennio successivo con Reflektor (2013) verso un’electro-dance satura ed oscura, figlia dei New Order e solo parzialmente riuscita, e con Everything Now (2017) verso un pop variegato (con David Bowie a nume tutelare) che univa elettronica a pop, disco e musica orchestrale, con risultati solo a tratti piacevoli ma per lo più banalmente bombastici. Luca stesso si chiedeva sul nostro blog se li avessimo ormai persi. Timore concreto, visto che l’humus originario folk e rock dei canadesi difficilmente trova una collocazione tra rap, trap, hip hop ed elettropop imperanti, e che pur camaleontici non hanno dimostrato il genio del Duca bianco, loro mèntore e maestro nelle transizioni. Si è arrivati così al terzo decennio ed il nuovo album, WE, rinuncia chiaramente ad ulteriori evoluzioni stilistiche: gli Arcade Fire sanno di non rappresentare più il futuro del rock, e si affidano al proprio talento per concentrarsi sulla qualità. E lo fanno con un indie/art-rock che è un compendio dei suoni da loro esplorati finora, che ritorna alle melodie innodiche dei primi lavori ma non esclude momenti intimi, crescendo epici e corali, e ritmi ballabili. Pur non possedendo la potenza lirica dei primi tre album, WE si pasce delle medesime fascinazioni apocalittiche, declinate in una sorta di concept album coeso nella sua varietà, diviso in due parti che dipingono le contraddizioni del nostro tempo: “I”, ovvero la singolarità/egoismo e l’ansia da solitudine che ne deriva, e “We”, ovvero l’unione/altruismo e la speranza riposta nella condivisione. Il tema orwelliano non è nuovo per i nostri, e dichiaratamente WE si ispira all’omonimo romanzo distopico russo di Yevgeny Zamyatin, un secolo fa ispiratore del più famoso 1984 di George Orwell. Quaranta minuti per nove brani accoppiati due a due eccetto la title track, in cui lo spartiacque/cuore del disco è End of The Empire IV; la produzione è affidata alla coppia (anche nella vita) Will Butler e Régine Chassagne, coadiuvati da Nigel Godrich (la testa dietro la consolle dei Radiohead), la cui influenza si palesa, a differenza di alcune comparsate (Geoff Barrow, Peter Gabriel, Josh Tillman). Significativi anche gli arrangiamenti orchestrali di Owen Pallett, talvolta in area Lennon/Waters. WE cresce con gli ascolti e alla fine convince pienamente, facendoci dimenticare i due mezzi passi falsi precedenti. Evitando un ritorno musicale ai primi lavori, che suonerebbe tanto “comfort zone”, e invece frullando tutto quanto esplorato in carriera, gli Arcade Fire ci hanno consegnato un album di qualità e concretezza. Gianni Sibilia su Rock On Line suggerisce un interessante parallelismo tra U2 ed Arcade Fire: se Reflektor era il loro Achtung Baby ed Everything Now il loro Pop, WE rappresenta il loro All That You Can’t Leave Behind. Ascoltatelo senza pregiudizi e vi conquisterà.

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