lunedì 13 febbraio 2012

Ani DiFranco - Which Side are you On? (2012)

Ho sempre avuto un rapporto di odio/amore con Ani DiFranco. Amore perché non si può non amare una cantautrice che a 9 anni faceva già le cover dei Jethro Tull ma anche odio soprattutto nel periodo in cui sparava un lavoro dietro l'altro (un album all'anno dal 1990 in poi), senza respiro, in preda ad una bulimia musicale che a lungo andare tediava non poco (addirittura tre album nel corso del 1999!). Stavolta invece erano quattro anni che non si faceva viva (Red Letter Year è del 2008) e sicuramente ne ha molto giovato la qualità artistica (ringraziamo la sindrome del tunnel carpale di cui ha sofferto negli ultimi anni...).
Il presente album (il numero 19 della sua produzione) prende il titolo dall'omonimo brano di Pete Seeger, che è peraltro qui eseguito stupendamente ed è l'unico non firmato dalla sua penna. Stavolta si è fatta aiutare dallo stesso Seeger, da Anais Mitchell e da un buon numero di artisti dell'area di New Orleans (città dove ADF risiede), compresi i mitici Neville Brothers, e la loro influenza si è fatta positivamente avvertire nell'impronta blues-rock che pervade tutto l'album. Oltre alla bellissima title-track, da segnalare sono la leggera "Mariachi", la malinconica "Albacore" e la rilassante"Splinter". Quando si ascolta "Hearse" sembra proprio di sentire il Neil Young di After the Goldrush mentre "Unworry" è magnetica ed autenticamente ascrivibile al classico stile "stop&go" di ADF. Insomma un lavoro sicuramente di altissimo livello, degno inizio di un 2012 che speriamo sia foriero di emozioni musicali, almeno come lo sono stati gli anni scorsi.
Voto: ★★★1/2 (sincero e toccante)

1 commento:

microby ha detto...

Anche io ho sempre temuto la purezza stilistica di Ani, che tanto piace ai critici ma che annoia l'ascoltatore medio (mai ascoltare AdF mentre si guida!!). Purezza che apprezzi come coinvolgente semplicità ed onestà se, come mi è successo, vedi Ani dal vivo. "Which side are you on?" è l'ennesima prova incurante delle mode (ordito ed arrangiamenti scarni ma complessi, per palati fini più che l'airplay, e testi che dal personale si universalizzano al sociale, senza rabbia bensì dolce malinconia) per la folksinger/songwriter di Buffalo (che freddo deve fare ora là!...)in veste acustica, ora però più variopinta e riuscita rispetto ad alcune prove monotone del passato. Chi solitamente la trova noiosa dia almeno un ascolto alla splendida cover che dà il titolo all'album. 7.5/10

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